Della guerra in Siria, dei curdi, di Erdogan, dei turchi, dei jihaidisti, dei combattenti dell’Isis e tutto ciò che ruota intorno a questo critico momento storico non ci arrivano che notizie e agenzie stampa che ci mostrano fotogrammi terribili di ciò che avviene in una terra lontana, in maniera non sempre chiara, confusa ma sempre atroce. Dopo Trump e la decisione di ritirare le truppe americane, anche l’Europa che interviene con richieste di pace, telefonate e colloqui che vorrebbero essere risolutivi, assistono agli eventi alla lontana. Noi ci sconvolgiamo di fronte alle immagini, alle dichiarazioni e ai morti dei civili che ci giungono da quelle parti, ma dopo ritorniamo alle nostre faccende più o meno impegnative, loro, invece, uomini donne e bambini, non possono mai staccare dalle offensive, dagli attacchi e bombardamenti vari, loro vivono ogni giorno, ogni istante quelle brutture che a noi giungono come un racconto, magari dettagliato e minuzioso, dell’orrore della guerra. Tra i nomi e le vicende che ci spingono maggiormente alla riflessione e alla triste constatazione che le idee e le attività a favore del bene comune non hanno forza alcuna contro le azioni di guerra, c’è Hevrin Khalaf. Volutamente uccisa perché andava fermata. La sua idea di libertà, il suo messaggio di pace doveva essere immediatamente stroncato. Così è stato.
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