Gli avvenimenti di politica internazionali vanno veloci.
La settimana scorsa, ad esempio, la caduta del Tupolev-154 nei pressi di Smolensk ha lasciato pensare, per lo meno ai polacchi, che forse ancora una volta i servizi segreti della Russia non fossero del tutto estranei.
A farglielo pensare, più che altro, era la storia, quella recentissima e quella meno recente risalente al secolo scorso.
Ora, invece, a soli pochi giorni da quella che rimane una immensa tragedia per la Polonia, prendono corpo pochi ma significativi dettagli, probabilmente all’origine del disastro.
Il primo dettaglio è che tra la torre di controllo del piccolo aeroporto nei pressi di Katyn e il pilota c’era stato un fitto colloquio.
In sostanza, la torre consigliava al pilota di non atterrare a causa della fitta nebbia e che il velivolo era troppo basso.
Pare anche che all’interno dell’aereo ci sia stato uno scambio di conversazione tra il pilota che riferiva al Presidente quanto la torre di controllo segnalava e il Presidente che alla fine ha deciso per l’atterraggio ad ogni costo.
L’alternativa era di andare ad atterrare a Minsk, a duecento km da Katyn, mentre la commemorazione stava per cominciare da lì a pochi minuti. Poi la nebbia fitta e soprattutto le apparecchiature moderne che rilevano l’altitudine – inesistente su quel tipo di aereo – hanno fatto il resto.
Comunque, fatalità o zampino di qualche servizio, della cosa si parlerà a lungo nella storia, soprattutto nella storia polacca.
Noi, dopo aver riferito le ultime notizie, che tra l’altro vanno prese con le pinze fino a prova ufficiale, possiamo solo constatare la gravità della situazione in Polonia e rimetterci alla verità ufficiale che non sarà sicuramente disponibile subito.
Dalla Polonia a Washington, dove Obama aveva convocato un vertice sulla sicurezza nucleare a cui hanno partecipato 47 Paesi.
Il vertice segue la firma dell’Accordo Start 2 tra Usa e Russia sulla riduzione di un terzo delle testate nucleari nei prossimi sette anni. Forte del successo planetario che la firma ha avuto, al vertice di Washington sono stati fissati degli obiettivi chiari e concreti.
Il primo è che i 47 Paesi “agiscano di concerto e con spirito di collaborazione”.
Il secondo è che si chiede “di impedire ai soggetti diversi dagli Stati di ottenere le informazioni o le tecnologie necessarie per usare il materiale nucleare per scopi malvagi”.
È un chiaro avvertimento a tener fuori le organizzazioni terroristiche dalla possibilità di disporre di tecnologia e mezzi adatti per costruire ordigni nucleari.
Il terzo obiettivo è un impegno che i Paesi prendono “per consentire lo sviluppo e l’utilizzo del nucleare civile”.
Insomma, no al nucleare ma no solo a quello militare, quello civile va incoraggiato e sostenuto dalla cooperazione tra gli Stati aderenti.
L’ultimo punto riguarda la verifica degli obiettivi: un nuovo vertice sarà organizzato nel 2012 in Corea del Sud.
Per quello che riguarda l’Italia, che non possiede né ordigni nucleari (a parte quelli sotto il comando Usa), né centrali nucleari per uso civile (le tre esistenti furono smantellate dopo il referendum del 1987), il premier ha annunciato che il nostro Paese si appresta a varare un piano che prevede entro il 2020 l’entrata in funzione di 4 centrali nucleari per diversificare le fonti energetiche e per superare l’handicap della dipendenza dall’estero.
Pertanto, in vista di questo obiettivo, ha annunciato la costituzione di un’Agenzia italiana per la sicurezza nucleare che si proporrà di proteggere fisicamente gli impianti.
Essa nascerà prima delle 4 centrali e dovrà garantire dai rischi degli impianti.
Poi, ha annunciato anche una Scuola di addestramento che si occuperà della formazione del personale dei Paesi emergenti e si affiancherà all’Agenzia.
Infine, l’Afghanistan, dove i servizi segreti di quel Paese, coadiuvati, pare, da quelli britannici, hanno arrestato tre membri di Emergency, con l’accusa di voler preparare un attentato contro il governatore di quella zona.
L’arresto è stato eseguito dopo il ritrovamento nell’ospedale di Emergency di armi e giubbotti antiproiettili e di quelli usati dai kamikaze.
Difficile dire dove sta la verità. Emergency dice che le armi sono state messe e fatte trovare da qualcuno che aveva interesse a far scoppiare il caso; i servizi afghani affermano che dispongono di intercettazioni in base alle quali il chirurgo Marco Garatti allude a queste armi.
Del caso si è occupato il governo italiano. L’unica cosa certa é che i tre sono stati liberati e stanno bene.
Quanto alla verità, ad azzardarne una si rischia di essere smentiti nel giro di poche ore.
La cosa più saggia da fare è, quando verranno fuori delle novità, informarne tempestivamente i nostri lettori.