Intervista al cantautore italiano in occasione del tour De Gregori & Band live – The Greatest hits
Zurigo è diventata una tappa fissa per Francesco De Gregori che ad ogni tournée all’estero non dimentica di visitare la città sul Limmat. Così il prossimo 8 marzo il cantautore italiano che ha firmato alcuni dei brani più intensi della nostra canzone d’autore tornerà sul palco del Volkshaus, il suo primo palco all’estero di cui l’artista conserva un piacevole ricordo.
Cosa ascolteremo in questo nuovo tour? Cosa sta preparando Francesco De Gregori per il diletto del pubblico o… dell’artista? Durante una bella chiacchierata per La Pagina l’artista ci ha tolto molte curiosità!
Il tour De Gregori & Band live – The Greatest hits vedrà esibirti nuovamente negli spazi più intimi dei club e dei teatri dopo la bella avventura estiva dove ti sei esibito per la prima volta accompagnato da un’orchestra. A distanza di qualche mese da questo successo come descriveresti l’esperienza?
Sì, era la prima volta nella mia vita che ho suonato con un’orchestra. È stata un’esperienza molto bella, molto strana per me perché non avevo mai voluto allestire le mie canzoni con una massa sonora così imponente come quella che ti dà un’orchestra. Avevo anche un po’ paura del risultato, a volte le canzoni possono diventare un po’ troppo gonfie o retoriche. Invece grazie a chi mi ha aiutato per gli arrangiamenti e grazie alla bravura dei musicisti sono riuscito a mantenere l’ossatura delle mie canzoni, il testo e il significato, intatti nonostante il corredo sonoro più importante. Una bella esperienza che forse non rifarei perché le cose non vanno fatte due volte, però che quando è finita mi è dispiaciuto come è dispiaciuto pure all’orchestra. Ci siamo lasciati con un po’ di nostalgia.
Tra l’orchestra e gli spazi all’aperto come il tour estivo, e i club con la tua band come il tour che stai per iniziare, in quale dimensione ti trovi più a tuo agio?
Sono due cose che si possono fare entrambe, l’importante è non adagiarsi sui cliché. Adesso quello che vado a fare all’estero è lo stesso repertorio, cioè il Greatest hits delle mie canzoni, le più conosciute e le più apprezzate dal pubblico, però con una formazione più congeniale. Nei club o nei teatri, come al Volkshaus, mi trovo bene per la vicinanza con il pubblico e questo mi piace molto perché mi riporta ai miei inizi quando suonavo in un posto del genere, il Folkstudio di Roma.
Dopo mezzo secolo di carriera riesci ancora a sperimentare e metterti in gioco con nuove esperienze, come questa della tournée estiva. Qual è il motore che aziona la tua voglia di sperimentare?
Sai, io sono uomo di musica, per cui, per forza di cose, dopo 50 anni di carriera non riesco ad immaginarmi diverso da uno che si sveglia la mattina con un’idea ogni volta diversa che riguarda la musica: una nuova canzone da scrivere o un nuovo arrangiamento su una vecchia canzone o inserire un nuovo elemento nella band che mi accompagna. Questa spinta al rinnovamento è un po’ fisiologica, se non l’avessi le mie giornate sarebbero abbastanza piatte. Anche se ho molte attività diverse, mi piace leggere e guardare film, la musica è stata la spina dorsale della mia vita per tanti anni, quindi la spinta viene da lì: essere un musicista, anche se sono rimasto un “dilettante”, non sono mai diventato un “professionista”, nel senso che non sono mai diventato un lavoratore della musica, ma sono un anziano dilettante e questo mi aiuta.
“Dilettante” non è proprio la definizione che userei per Francesco De Gregori…
Ma dilettante viene da “diletto” ed io ancora mi diverto tantissimo quando prendo una chitarra in mano (ride).
A proposito di divertimento e sperimentazioni, ti vedremo insieme a Ventitti al concerto evento del 5 settembre…
Con Antonello abbiamo avuto un grande inizio insieme, non solo in senso commerciale, ma in senso emotivo, quando eravamo giovanissimi e abbiamo condiviso un disco, Theorius Campus, e con esso anche i primi palcoscenici della nostra carriera. Siamo nati un po’nella stessa incubatrice, ci siamo nutriti dello stesso latte. Dopo abbiamo avuto carriere diverse, stili diversi, periodi in cui non ci siamo frequentati, però forse era scritto che prima o poi dovessimo chiudere un cerchio facendo qualcosa che mischiasse le nostre due personalità e i nostri due repertori così diversi tra loro ma che possono creare un ascritto piacevole. Perché se Antonello scrivesse le stesse canzoni che scrivo io, cantare assieme potrebbe essere bello ma scontato, invece con i nostri diversi repertori succederanno cose che nemmeno noi riusciamo ancora ad immaginare. La maggior parte dei testi li canteremo assieme, io canterò alcuni dei suoi brani, lui canterà alcuni dei miei. Già abbiamo iniziato a fare alcune prove e il risultato è molto interessante e stimolante.
Tornando a noi, l’8 marzo sarai a Zurigo che è una tappa fissa quando decidi di suonare all’estero…
Sì, Zurigo mi porta fortuna e mi ricorda il primo concerto che ho fatto all’estero, almeno 35-40 anni fa, fu proprio al Volkshaus Zurigo. Ricordo che ero molto intimorito, pensavo chissà cosa mi aspetta o che magari non capiscono l’italiano… poi in realtà era pieno di italiani come puoi immaginare, quindi mi sentii anche a casa. Fu un’esperienza che all’inizio mi terrorizzava, invece Zurigo mi accolse a braccia aperte, so che c’è un pubblico che mi vuole bene e mi fa piacere trovare tanti italiani.
La data zurighese è particolare perché cade nel giorno dedicato alle donne. Parlando di un tuo celebre brano, “La donna cannone” scritta nel 1978, come sarebbe oggi?
Eh, questo non lo so… forse non scriverei più quella canzone, ne scriverei un’altra. Ma credo invece che sarebbe uguale. È la storia di una solitudine femminile, ma anche di un riscatto femminile. Riducendo proprio al minimo il testo si parla di una donna non bella, non magra come spesso le donne desiderano essere o come spesso gli uomini desiderano che siano, ma che invece trova un riscatto sentimentale e amoroso, e una felicità inaspettata.
Nonostante gli anni il suo significato è sempre attualissimo
Si vede che ho scritto una canzone che guardava avanti… sto scherzando, ma sai le canzoni d’amore, se vengono bene, sono sempre attuali.
Cosa stai preparando per il tuo pubblico all’estero? Immagino che con la grande quantità di successi sia difficile fare la selezione. Come risolvi il problema della scelta della scaletta?
Questo tour si chiama De Gregori & Band live – The Greatest hits perché ho deciso di fare proprio la maggior parte delle canzoni di maggior successo che ho scritto. Ho fatto altre tournée dove ho portato anche quei brani meno baciati dal successo di massa, ed ora invece ho deciso di portare quelle maggiormente note. Che poi la gente ha ragione, sono tutte belle canzoni, per questo ho scelto quelle che la gente ha amato di più: Generale, La donna cannone, Buonanotte Fiorellino, La leva calcistica del ‘68, Titanic, Santa Lucia, Alice, è giusto farle perché sono tutte belle, ci sarà anche qualcosa di meno conosciuto ma il concerto sarà dedicato soprattutto ai grandi successi.
Quando scegli le canzoni per un concerto, lo fai più per compiacere il pubblico o assecondare il proprio piacere di artista?
Il mio piacere di artista lo assecondo sempre, in ogni caso, però mi va anche di dare al pubblico quello che desidera. Certo, il pubblico non è mai un tutt’uno: tra tutti quelli che vengono c’è sempre qualcuno che non ce la fa più a sentire ancora i brani più celebri. Per questo cerco un po’ di mediare tra queste due possibilità cercando di non barare, cioè di fare una canzone senza aver voglia di farla, che in tutta la mia vita non mi è mai capitato di farlo. Mi è capitato di cambiare qualche canzone dalla scaletta della sera prima, ma mai di cantare senza voglia.
Recentemente hai detto che “la musica è qualcosa di vivo” e che muta magari con il mutare dei tempi. Per quell’eccezione che conferma la regola, c’è un tuo brano che invece resiste a questo mutamento?
Nell’arrangiamento non credo. È impossibile che avvenga, anche se lo desiderassi. Il fatto di cambiare band, formazione musicale, strumenti: una canzone realizzata in studio è impossibile rifarla dal vivo così come è stata registrata. Si tratta di cambiamenti minimi o più notevoli. Quando comincio a fare le prove, i pezzi prendono una propria strada, dipende da come canto, da come suoniamo tutti assieme ed io seguo quella strada. Questo perché la musica è una cosa viva, non è come un film o un monumento, invece è proprio nella natura della canzone che vuole essere rivista, ritoccata, ricantata e risuonata.
Una volta c’erano le radio che erano l’unico mezzo di promozione dei brani, adesso ci sono anche i social. Come ti rapporti con questo mondo?
Sono contento che esista il mondo dei social, io non lo faccio direttamente, c’è gente che se ne occupa e non credo neanche di essere molto attivo, ma è bene che ci sia. Non mi interessa postare ogni mattina quello che faccio, l’uso eccessivo dei social non mi attira. Invece nel mio lavoro, nella promozione dei miei brani e di quello che faccio i social mi accompagnano discretamente, fanno quello che è utile fare. Le radio non mi hanno mai passato molto, passano una musica diversa dalla mia, il mio rapporto con il pubblico si alimenta soprattutto con i concerti di vario tipo che è il rapporto che trovo sostanziale e che mi soddisfa e gratifica.
Scrivere una canzone, completare un nuovo disco, esibirsi da un palco: quale di questi momenti del tuo lavoro ti emoziona e ti soddisfa di più?
Scrivere una canzone. Lavorare sulla canzone e capire ad un certo punto che è finita e mi piace così. Questo è in assoluto il momento più bello. Poi amo stare sul palco, ma questo l’ho detto. Al terzo posto metterei completare il disco. È un lavoro faticoso, a volte ripetitivo, quando è finito ti sembra sempre che manchi qualcosa e 10 minuti dopo che è stato pubblicato già vorresti cambiare qualcosa. Ma sono certamente tre momenti importanti del mio lavoro che sono connessi.
Le tournée, soprattutto all’estero, permettono di viaggiare molto. Cosa non manca mai nella valigia di un cantautore?
Sempre qualche libro. E lo spazzolino da denti. Io faccio delle valige molto piccole, con l’indispensabile. Le camicie le faccio lavare in albergo. Ma quello che non manca mai è assolutamente qualche libro!
Eveline Bentivegna
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Le date del tour in Italia e all’estero
De Gregori & Band live – The Greatest hits
5 marzo al Vox Club di Nonantola (Modena)
6 marzo alla Supersonic Arena di S. Biagio di Callalta (Tv)
8 marzo al Volkshaus di Zurigo
10 marzo all’Alcatraz di Milano
12 marzo a La Cigale di Parigi
14 marzo a La Madeleine di Bruxelles
15 marzo al Den Atelier di Lussemburgo
18 marzo al Cadogan Hall di Londra
20 marzo all’Atlantico Live di Roma
21 marzo alla Casa Della Musica di Napoli
23 marzo al Teatro Nuevo Apolo di Madrid
26 marzo al Regent Theatre di Boston
27 marzo al Town Hall di New York