Alla fine del 2019 in 8 Comuni la quota di abitazioni secondarie è scesa al di sotto del 20 per cento, mentre in altri 18 ha superato per la prima volta tale soglia. Attualmente sono quindi 371 Comuni su 2202 ad avere una quota di abitazioni secondarie superiore al 20 per cento. Di conseguenza, rispetto al 2018 il numero di Comuni soggetti alle disposizioni restrittive della legge sulle abitazioni secondarie è leggermente aumentato
In linea di principio nei Comuni con una quota superiore al 20 per cento non è più possibile costruire ulteriori abitazioni secondarie. La legge sulle abitazioni secondarie obbliga tutti i Comuni a elaborare un inventario delle abitazioni, affinché si possano poi determinare le quote di abitazioni secondarie. L’ARE pubblica gli inventari ogni anno a fine marzo. In base alle relative informazioni sull’utilizzazione delle abitazioni, l’ARE calcola le quote di abitazioni secondarie nei Comuni.
I calcoli delle quote di abitazioni secondarie mostrano che i Comuni vicini alla soglia del 20 per cento si trovano soprattutto nelle regioni rurali periferiche e poco turistiche. In totale, il numero di Comuni (371) che presentano una quota di abitazioni secondarie superiore al 20 per cento è leggermente aumentato rispetto al 2018 (361). Un motivo all’origine di questa crescita è da ricondurre all’introduzione di un meccanismo automatico di verifica che permette di rilevare in modo più preciso le abitazioni vuote e ulteriori abitazioni che appartengono alla medesima economia domestica. Il nuovo meccanismo di verifica serve ai Comuni per tenere aggiornati i dati nel Registro federale degli edifici e delle abitazioni.
I Comuni che ora registrano una quota superiore o inferiore al 20 per cento possono prendere posizione sui calcoli dell’ARE entro 30 giorni. D’intesa con l’ARE, i Comuni possono precisare i dati contenuti nei loro inventari. Successivamente spetterà all’ARE decidere in quale Comune devono essere applicate le regole restrittive della legge sulle abitazioni secondarie.
ARE