‘Basilicata coast to coast’ come ‘Easy Rider’. Ma anche come una canzone jazz, come una poesia delle Beat Generation, come Jack Keruac.
Rocco Papaleo realizza a cinquant’anni il suo sogno di scrivere e dirigere un film. E lo fa nella sua terra, parlando della sua terra e raccontando la bellezza di un meridione italiano sconosciuto ai più, dove “c’è la stessa disoccupazione delle altre regioni ma non c’è la mafia”.
Per ‘Basilicata coast to cost’, prima coproduzione italiana della Eagle Pictures (seconda in Europa dopo il francese ‘Il riccio’), Papaleo ha voluto al suo fianco un gruppo di attori-amici che conosce da oltre 10 anni: Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Gassman, il cantautore Max Gazzè (al suo debutto cinematografico), Paolo Briguglia.
Il ruolo interpretato da Gazzè è particolare: un musicista “non parlante”, un uomo che ha scelto di chiudersi nel mutismo dopo aver perso la donna amata in un incidente.
“Sono stato felice di partecipare a questo che si può definire un film di amici – ha spiegato il cantautore – Ho accettato dopo che Rocco mi ha semplicemente raccontato il personaggio, senza leggere la sceneggiatura. Mi sono fidato. E ho fatto bene perché il personaggio che interpreto mi ha fatto riflettere molto: è un musicista che sceglie di comunicare solo attraverso le note, con la sua arte. Una forma di comunicazione archetipica”.
Gazzè non canta mai, ma ha scritto la canzone finale. “Anni fa Elisabetta Olmi ha iniziato a martellarmi le orecchie dicendomi di dirigere un film” – ha dichirato il neoregista. “Poi dodici anni fa ha iniziato a farlo anche Giovanna Mezzogiorno, diventata mia amica sul set di ‘Del perduto amore’ di Michele Placido. Alla fine ho ceduto. Ma non ho voluto fare un documentario sulla Basilicata – precisa Papaleo – ho raccontato un ‘non luogo’, la terra che ho conosciuto fino a quando a 18 anni sono venuto via. È la Basilicata che sta nella mia testa, non quella reale. Per questo c’è la Beat Generation, ‘Easy rider’, il ‘coast to coast’. È il mio Sud, quello capace di sogni, anche sogni velleitari che però sono necessari. Il mio film – aggiunge – si spiega bene con la storia di mio zio: negli anni ‘60 è partito con degli amici con una Seicento. Sono arrivati a Parigi e lì si sono accampati per una notte. Poi sono tornati indietro. Ha un senso tutto questo? No, ma evidentemente per loro era una cosa necessaria”.
‘Basilicata coast to coast’ racconta il viaggio di un gruppo di amici lucani, musicisti occasionali, che vengono scelti per partecipare ad un festival di teatro-canzone a Scanzano Jonico. I quattro, a cui si unisce una giornalista e – per un breve periodo, una ragazza di un paese dell’entroterra – percorrono a piedi la Basilicata da Maratea fino a Scanzano. Un road movie leggero e senza troppi colpi di scena, in cui Papaleo dichiara il suo amore per la terra d’origine e per il genere musicale che frequenta da oltre vent’anni, il teatro-canzone.
La musica, infatti, è uno degli elementi portanti del film. I ragazzi cantano brani scritti e interpretati in teatro da Papaleo, le cui musiche sono suonate dai maggiori jazzisti italiani tra cui Roberto Gatto, Pierannunzi e Rita Marcotulli. Quest’ultima ha collaborato attivamente alla parte musicale e Papaleo le ha dedicato un omaggio personalissimo: “È la più grande musicista non solo jazz italiana. Per me è come Padre Pio per i cattolici, se mi si consente il paragone un po’ azzardato”.
La forza del film di esordio di Papaleo regista è la genuinità e la capacità di far girare tutti i personaggi attorno ad un copione come fosse uno spartito di jazz. “Per me questo film è come una canzone – ha detto ancora – oppure come una poesia: io ho scritto di getto le note o i versi e poi i musicisti, gli amici, hanno pensato a suonare o a recitare”.
‘Basilicata coast to coast’ dà un’immagine della Lucania bellissima, dove ai paesaggi e alle immagini si uniscono sensazioni diverse, dai suoni ai colori e ai sapori (che si intuiscono in molti momenti del film).
Per questo può diventare anche un interessante veicolo per il turismo locale.
“Credo che possa accadere – è l’opinione di Papaleo – anche se il mio film non vuole essere un documentario. In ogni caso credo che possa piacere molto anche all’estero. Intanto tra qualche giorno lo faccio vedere all’ambasciatore giapponese in Italia che ho conosciuto quando ho girato il film ‘Amalfi’. Chissà che non si possa partire proprio dal Giappone…”.