Nel giro di poco meno di una settimana, in Inghilterra si è formato il primo governo di coalizione dopo alcuni decenni. Usciti vittoriosi dalle elezioni, i conservatori non hanno tuttavia conquistato la maggioranza assoluta, per cui si sono aperte le trattative, favorite dallo stesso Nick Clegg, leader dei Liberaldemocratici, per la formazione di un governo a due. All’inizio, Nick Clegg, dopo l’avvio delle trattative con i conservatori, ha aperto anche il tavolo con i laburisti.
Per favorire un accordo, l’allora premier Gordon Brown ha fatto di tutto, ma la mossa dei due tavoli, alla fine, ha avvantaggiato i conservatori, che con il governo Cameron-Clegg hanno messo fine a 13 anni di potere laburista.
L’accordo di governo prevede la riduzione del deficit da conseguire con tagli alla spesa e non con aumenti delle tasse. Entro 50 giorni sarà presentato un bilancio di previsione con 6 miliardi di sterline di tagli. Verranno salvaguardati i redditi bassi e gli investimenti destinati alla sanità pubblica. L’accordo prevede anche un colpo alle rendite finanziarie individuali (non quelle delle imprese), una riforma del sistema bancario con un’imposta che colpirà gli istituti di credito e un freno agli ingressi degli immigrati.
Sull’Europa, nell’accordo si precisa che “non ci sarà ulteriore trasferimento di sovranità e di potere” all’Unione, per cui niente euro.
Appresa la notizia dell’accordo, Gordon Brown si è dimesso. Tutto questo in una cornice di semplicità e di normalità, con dichiarazioni asciutte e rispettose, avvenute, come sempre, in mezzo alla strada, davanti all’ingresso di Down Street, sede del capo del governo.
È probabile che in questi stessi giorni in cui il governo entra in funzione, verrà individuato un nuovo leader dei laburisti, che probabilmente sarà David Miliband, ex ministro degli Esteri e per un certo tempo candidato alla carica di Mister Pesc, poi andata alla contessa Ashton.
L’unico rivale di David Miliband è suo fratello, di un anno più giovane. I due sono divisi dalla linea politica: David si è formato alla scuola di Blair, il fratello alla scuola di Gordon Brown, dunque un po’ più a sinistra. Le elezioni del 6 maggio hanno segnato anche il rinnovamento della classe dirigente del Paese: il Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, ha 38 anni; William Hague, ministro degli Esteri, 49; Theresa May, ministro degli Interni, 53. I più giovani sono proprio loro, David Cameron e il suo vice, Nick Clegg, 43 anni e il quasi certamente futuro leader dell’opposizione e candidato premier alle prossime elezioni fra cinque anni, David Miliband, anche lui 43 anni.
Dall’Inghilterra agli Stati Uniti, dove ha avuto luogo l’annunciato incontro Obama-Karzai sul piano di pacificazione nazionale presentato dal Presidente afgano alla Casa Bianca. I punti del piano – offerta di sicurezza, soldi e lavoro ai talebani moderati che depongono le armi, lotta alla corruzione e sviluppo – sono stati accettati dalla Casa Bianca e rilanciati con forza prima dell’inizio dell’offensiva militare che gli Alleati e gli afgani lanceranno nel mese di giugno nella provincia di Kandahar, santuario dei fondamentalisti.
Come si sa, gli americani hanno deciso il ritiro di una parte dei soldati a partire dal luglio del 2011, quando avverrà il definitivo trasferimento di ogni responsabilità agli afgani. Secondo indiscrezioni, Karzai ha chiesto al Presidente Obama di negoziare un accordo militare che garantisca una presenza militare americana oltre il luglio del 2011 in una cornice di legalità secondo il modello che ha permesso la presenza militare statunitense in Giappone dopo la fine della seconda guerra mondiale. Infine, una notizia dall’Iraq che dovrebbe ristabilire le basi per un clima di chiarificazione. Come si ricorderà, oltre due mesi fa ci furono le seconde elezioni politiche libere. Malgrado i pronostici, a vincere per soli due seggi non fu la coalizione sciita dell’allora premier Al Maliki, ma quella mista guidata da Iyad Allawi.
Di qui la non accettazione dei risultati e l’accusa di brogli, rimbalzata dall’una e dall’altra parte, con la richiesta di riconteggio manuale delle schede. Ebbene, le schede sono state ricontrollate una ad una e i risultati non sono cambiati.
In realtà, la commissione istituita ad hoc ha stabilito che non ci sono stati brogli. Questa situazione può preludere a due scenari: o a un periodo di instabilità, che sarebbe oltremodo pericolosa per un Paese con il passato remoto e recente che sappiamo, o ad un accordo di governo tra due coalizioni che hanno la maggioranza assoluta dei voti e che sono in grado di assicurare un futuro di stabilità e di riforme, magari coinvolgendo la lista dei curdi che formano un’etnia molto importante del Paese, lasciando da parte la frangia fondamentalista di Bani Sadr, ridotta all’angolo.
Inutile dire che questa seconda scelta è la più auspicata, anche perché dimostrerebbe l’intelligenza politica dell’ex premier, che in quanto tale non può essere l’elemento dell’instabilità. A meno che le ambizioni personali non prevalgano sul buon senso.