L’ultima trovata della UE l’emanazione di una nuova direttiva che impedirà di vendere o affittare gli immobili non compresi nelle categorie energetiche inferiore alla C
Il mattone italiano sta per essere colpito duramente per l’ennesima volta, da coloro che nella UE, vogliono indirizzare i danari dei risparmiatori italiani non più nelle costruzioni, da sempre bene di investimento primario per gli italiani, ma in altra direzione, ovvero in tutti quei bei prodotti bancari che gli istituti di credito offrono ai risparmiatori. Questo sempre per un maggior guadagno e minor rischio. Infatti nelle transazioni di titoli o di azioni, che il cliente guadagni o perda, la banca non rischia nulla e ha sempre la sua commissione senza correre nessun rischio. Prima con l’ imposta patrimoniale, ora con la scusa dell’ecologia stanno promuovendo una direttiva la Epdb (Energy performance of buildings direttive) che verrà presentata il 16 dicembre prossimo. Entro il 2027 tutti gli immobili in classe F e G non potranno più essere né venduti né affittati, e così di seguito per le altre categorie negli anni successivi. Il divieto di vendita potrà comunque essere superato se l’acquirente si impegna a raggiungere la classe energetica minima necessaria entro tre anni dalla stipula del contratto. A questo punto ci si pongono diverse domande: qualora il proprietario non avesse la disponibilità economica per poter promuovere le opere necessarie al cambiamento di classe energetica, oppure per motivi strutturali o urbanistici o di vincoli particolari non potesse operare in tal senso? Una cosa è certa, i rischi di blocco del mercato immobiliare e rincaro delle locazioni è scontato. Come ha ricordato il presidente di Confedilizia Spaziani Testa, l’approccio green guidato dai Paesi del Nord Europa con climi decisamente diversi da quelli dei paesi più al sud, non tiene conto di particolari parametri, non solo: non possiedono un patrimonio edilizio di portata storico-artistica analoga. Infine, hanno anche edifici più vecchi meno efficienti, inoltre la proprietà privata è molto meno diffusa, come avviene invece in Italia dove la casa è l’investimento primario delle famiglie. Che fare allora per impedire o limitare il disastro?