Ora é facile dire che si poteva prevedere Max Verstappen, giovanissimo talento olandese del team automobilistico Toro Rosso, diventasse Campione mondiale 2021 di Formula Uno.
Anzi, per lui si potrebbe anche aggiungere che é figlio d’arte, che papà e mamma piloti automobilistici gli avevano trasmesso le necessarie competenze per dinastia familiare.
Ma, nelle 22 gare della stagione terminata ieri con il Gran Premio di Abu Dhabi, quando per avversario hai un talento cristallino come quello di Lewis Hamilton, baronetto per volere di Sua Maestà Elisabetta Seconda per meriti automobilistici, allora il discorso cambia.
Verstappen il titolo se lo è sudato sino all’ultimo giro,
sino a quando è salito sul podio ed oltre, perché la sua squadra ha dovuto vincere anche i ricorsi della Mercedes.
Questo team, dopo sette vittorie consecutive di campionato, e che era arrivato a Abu Dhabi con un Hamilton a pari punti in classifica con Verstappen, non ancora non si dà ragione che in gara, come avvertiva una canzone, “bisogna saper perdere, non si può sempre vincere”.
Sui 306.29 km complessivi del tracciato di Yas Marina
il circus della formula Uno ieri ha esaurito il calendario dei suoi ultimi dodici litigiosissimi mesi, segnato da una alternanza di rivalità crescenti, e difficoltà sanitarie come l’altro ieri il ritiro causa Covid-19 di Nikita Mazepin della scuderia Haas,
il tutto abbondantemente mediatizzato come anche dai social.
Veniamo alle cronache della gara di ieri.
Le posizioni di classifica limitavano le ambizioni di piazzamento ad una sola coppia di piloti:
Lewis Hamilton di Mercedes e Max Verstappen di Toro Rosso.
Partenza bruciante per i due rivali, ma con errore di Verstappen.
Avviatosi pedal to the metal, cioè a tutto gas, fa pattinare le gomme e perde secondi preziosi sull’avversario britannico che si porta subito in testa.
La gara prosegue nervosa come è iniziata, con un reciproco alternarsi di sorpassi e cambi di strategie che sul circuito di Yas Marina si sono tradotte frequenti variazioni di gommature.
Ufficialmente per adattare l’assetto della vettura alle difficoltà del tracciato, ma in realtà anche per disorientare la concorrenza.
Verstappen è partito con pneumatici morbidi, facili a prendere temperatura ed incollare la gomma all’asfalto per guadagnare secondi, ma con il difetto di una rapidissima usura.
Hamilton invece ha preferito una gommatura media, prevedendo minori soste ai box e minor spreco di tempo per rientrare in pista.
Ma anche stavolta il diavolo si nasconde nei dettagli, perché gomme dure non significa pneumatici indistruttibili, ma affidabili sino ad un loro cedimento che può diventare anche improvviso.
Facile interpretare il retropensiero dei due piloti.
Il primo puntava alla velocità pura.
L’avversario ad una gara di durata, costante sino alla vittoria, salvo imprevisti.
Imprevisti che però alla fine sono arrivati puntuali, come sempre anche nella vita.
In particolare, la sfida Hamilton-Verstappen infatti si è decisa negli ultimissimi giri.
Per gran parte della corsa è stato il britannico a rimanere in testa, costringendo il giovane rivale ad un inseguimento continuo per recuperare un distacco che è variato dai cinque ai due secondi.
Fateci caso: sono parecchie decine di metri se pensiamo che le vetture gareggiano ad oltre trecento all’ora.
Arriviamo al momento critico.
Siamo al 53° giro, sui 58 del totale: ovvero a soli 5 tornate dal termine.
La Williams del canadese Nicholas Latifi si schianta contro le barriere.
Nessuna conseguenza per il pilota.
Ma non per la gara.
Per sgomberare i rottami della sua monoposto i commissari fanno partire la safety car, ed impongono ai piloti di moderare la velocità e mantenere le priorità acquisite.
Tutti rallentano, ed il duello fra tra l’olandese ed il britannico finisce per concentrarsi nei pochissimi giri a disposizione.
A due giri dal traguardo, mentre era secondo dietro Hamilton, Verstappen rischia il tutto per tutto: torna ai box e monta gomme morbide, per tornare in pista con una guida veloce, velocissima.
Hamilton gli è ancora avanti, ma con le gomme dure, ormai usurate, pronte a cedere.
Ormai ad un giro dal traguardo i commissari di gara consentono ai piloti di tornare a superarsi.
Verstappen ne approfitta, mentre la monoposto di Hamilton, e soprattutto i suoi pneumatici, sono al limite.
La fortuna sorride agli audaci oltre che anche agli strateghi: in questo caso al bastian contrario Verstappen, che cosi’ diventa il primo pilota olandese a laurearsi campione del mondo in Formula Uno.
Mentre i piloti festeggiano sul palco,
la Mercedes avvia un ricorso alla direzione di gara, ed in seguito più di uno, sempre contro la decisione dei commissari.
Perché? Spieghiamolo nel modo piu’ semplice.
Se alle auto fosse stato consentito di continuare in regime di safety car, quindi semplicemente continuando la gara a velocità moderata, Hamilton che era in testa, sarebbe rimasto capofila e quindi avrebbe vinto.
Ma cosi non è stato, perché i direttori hanno permesso ai piloti di tornare a sorpassarsi, sia pure all’ultimo giro.
Ne ha approfittato Verstappen, che ha portato alla vittoria la sua monoposto in condizioni ottimali.
Le recriminazioni dei legali della Mercedes sono inutili e tutte respinte.
Anzi, Christian Horner, team principal di Toro Rosso,
le ha respinte al mittente, ricordando agli avversari tedeschi che la squadra di Verstappen non è arrivata ad Abu Dhabi per avviare dispute giudiziarie ma per gareggiare in pista.
Terminiamo le note di cronaca con le inevitabili classifiche.
La classifica piloti vede laurearsi campione mondiale Max Verstappen, con 395, punti contro i 387.5 del rivale Lewis Hamilton.
La classifica finale costruttori, trova capofila, in questo caso per l’ottavo anno consecutivo, la Mercedes, con 613.5 lunghezze, seguita da Toro Rosso con 585,5.
Finalmente, al terzo posto, troviamo la Ferrari, con 323,5 punti.
…interpretiamolo come un segno di buon auspicio per le rosse di Maranello nella prossima stagione….
di Andreas Grandi
Foto/immagini: credit Formula Uno/teams media