Vuoi che con una guerra – anzi con una possibile guerra mondiale – non si formino le solite fazioni in contrasto tra loro?
Cosa c’è di meglio di un conflitto mondiale per portare avanti le proprie sicure convinzioni? Che ghiotta occasione per sciorinare giudizi e critiche, pareri, idee e certezze infallibili di tuttologia!
Da una parte c’è chi supporta chi attacca, dall’altra chi si difende. Ci sono quelli per i quali bene, anzi benissimo per le sanzioni. Poi ci sono quelli che le sanzioni non servono a nulla, anzi ci si rivoltano contro. “La colpa è della NATO”; “no, la colpa è assolutamente di Putin”; “siete proprio dei sempliciotti, la colpa è di quell’ex comico che gioca a fare il presidente di una Nazione, Zelensky, che è invece solo un arrogante”. “E l’UE, cosa fa?”. “Ci sono i neofascisti di mezzo”; “il rischio nucleare è solo un mezzo per intimorire gli altri stati”… sempre se quello che vediamo sia vero! Perché il tema delle fake news è uno dei più gettonati e quello che ci viene trasmesso dalle reti nazionali e internazionali, dai giornalisti (o giornalai), dai reporter sul posto, non ne parliamo: tutta propaganda, non è vero niente, sono tutti assoldati. Invece si muore davvero. Questa non è una notizia, è una costatazione: in guerra si muore e certe morti non possono essere montate ad arte a favore di una fazione o l’altra.
La gente lascia la propria casa, la propria vita, perché vede nella fuga l’ultima disperata possibilità di salvezza e invece muore, e quel che è peggio è che non riceve neanche un minimo di pietà da parte di chi – da realtà assolutamente lontane – legge la notizia e la classifica – chissà per quale onniscienza acquisita – tra le fake news.
Brent Renaud aveva 51 anni ed è morto mentre lavorava, mentre riportava notizie della guerra per far sapere cosa succede sul fronte ucraino. È quello che ha fatto per tutta la vita ed è morto per l’informazione. È stato colpito da un proiettile al collo, per lui non c’è stato nulla da fare e le ultime foto che ci arrivano del reporter sono quelle del suo corpo che giace sotto una coperta, l’ultima pietà ricevuta, perché anche in questo caso nella maggior parte dei commenti c’è chi critica e chi non crede alla sofferenza umana, e non manca chi crede che sia tutta una montatura, la solita propaganda.
Viene da pensare che non importa cosa viene criticato, ma basta andare contro, necessariamente. In certe occasioni – che sia la sfilata delle bare dei morti di Covid o la barella con una donna incinta che invece della vita incontra la morte – risparmiare commenti e pareri acidi e satirici, non necessari e soprattutto non risolutivi, è un modo di reagire che può essere utile a tutti. Certi commenti, certi suggerimenti non saranno accolti da nessuno, bisogna farsene una ragione, soprattutto quelli più irriverenti e irrispettosi del dolore altrui, non a risolveranno nessun conflitto mondiale, ma neanche il conflitto personale che sicuramente vi portate dentro.
Redazione La Pagina