Una volta della Pasqua ci rimaneva in bocca il buon sapore dei cibi tipici di casa, l’agnello della tradizione, la grigliata all’aria aperta e il dolce pasquale, la colomba genuina e morbida, che per smaltirla ce ne volevano di camminate dopo…
Rimanevano anche le uova, tante uova di cioccolato a pezzetti – perché le uova si rompono! – conservati in barattoli di vetro o scatole di latta che un tempo contenevano biscotti. Pezzi di cioccolata che negli anni sono diventati di vari gusti e tutti tipi: fondente, al latte, cioccolato bianco, con nocciole, al pistacchio. L’uovo di Pasqua per la gioia dei bimbi, ma anche per i grandi perché, per fortuna, sono anni ormai che l’uovo non è più una leccornia dedicata esclusivamente ai più piccoli! Ancora più uova e più cioccolato, dunque, che durava mesi e che poi finiva a far la farcia a crostate e muffin. Della Pasqua si assaporavano anche le prime belle giornate, i cieli tersi e le improvvise folate di vento che – si sa – possono ancora capitare. La voglia di stare in giro e programmare le prossime gite fuori porta per i successivi week end che si offrono pieni di sole e di mete da scoprire. Gli auguri tra parenti, la benedizione del Papa, la messa in parrocchia o le processioni religiose che ancora riempiono le vie dei paesi, il rametto di ulivo sull’icona sacra sopra la testata dei letti. Era questo che restava della Pasqua, immagini che ci riempivano di buonumore e speranza per il futuro… forse anche grazie all’effetto del troppo cioccolato in circolo, non a caso considerato “ormone della felicità”.
Questa Pasqua, invece, con la ripresa che non c’è stata, con il COVID che ancora ci trasciniamo dietro, con le notizie della guerra che non cessano mai di essere sempre più cruente; con i dissapori tra chi pensa di aver ragione, che l’altro inganna e il complotto è dietro l’angolo; con gli aumenti, i rincari e chi non ce la fa più con le spese… questa Pasqua che aspettavamo davvero come “rinascita”, non solo simbolica, ha lasciato l’amaro in bocca, nonostante la cioccolata. Abbiamo ben impresse immagini meno piacevoli, che forse difficilmente riusciremo a dimenticare e lo sconforto a volte sembra predominare: forse quel che resta della Pasqua di quest’anno sono le immagini dei palazzi ucraini a pezzi, proprio come le uova ormai rotte nei barattoli riposti nelle dispense e la dolce illusione che un giorno da quei pezzi possa rinascere qualcosa di bello e di buono.
Per questo forse è bene pensare alla Pasqua nella sua accezione etimologica dall’ebraico pesach ovvero passaggio, dalla morte alla vita, dalla schiavitù alla libertà, dalle oppressioni e dalle violenze alla pace. Ecco, sarà così, quello che stiamo vivendo è semplicemente un periodo di passaggio, che presto dovrà lasciare spazio a quello che tutti stiamo aspettando da tempo: la pace.
Redazione La Pagina