Bruxelles insiste: il governo italiano deve equiparare il prima possibile l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini, portandola a 65 anni. Pena un potenziale conflitto con l’Ue.
Il giorno dopo il nuovo ultimatum dell’Ue all’Italia, il commissario alle politiche sociali, Laszlo Andor, riafferma la necessità di intervenire subito, pur sottolineando che sia “triste che queste decisioni debbano essere prese da un governo nel pieno di una crisi economica”.
In Italia, intanto, si infiamma il dibattito con una raffica di prese di posizione da parte delle parti sociali, delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, ed di esponenti di governo.
La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, non si sente “spaventata dal fatto che le donne possano andare in pensione anche un po’ più in là nel tempo. Per noi – aggiunge – il problema del finanziamento delle pensioni è un tema vero. In un paese che ha un’età media di vita tra le più alte, soprattutto tra noi donne, questo è quindi un tema che va affrontato”.
Ma per il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, l’innalzamento dell’età è solo un’azione “per fare cassa, creando nuove iniquità e aprendo nuovi problemi. Basterebbe – dice – tornare all’uscita flessibile del pensionamento di vecchiaia così come avevamo con la vecchia riforma. Ci possono essere delle soluzioni purché si aprano dei confronti con chi rappresenta il mondo del lavoro”. La questione sarà affrontata nel consiglio dei ministri della prossima settimana.
Nel frattempo il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, è in Lussemburgo per incontrare la commissaria Viviane Reding e trattare sulla richiesta europea. Ma già qualche giorno fa il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha parlato di un obbligo verso l’Europa: “I ministri Sacconi e Brunetta – ha detto – stanno valutando come adeguarci”. E di obbligo parla anche il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna: “Questa decisione, che l’Europa ci obbliga a prendere può consentirci di liberare e vincolare una quantità senza precedenti di risorse da investire proprio allo scopo di migliorare la vita lavorativa di una donna, aumentando le possibilità di conciliazione, potenziando quei servizi per i quali l’Italia è ancora fanalino di coda in Europa”.
Per il presidente dei deputati Pdl, Fabrizio Cicchitto, va recuperata la riforma Maroni, “dissennatamente smontata a suo tempo da Prodi”.
E che l’aumento sia una cosa da fare lo pensa anche la Lega: per il vicepresidente della commissione Bilancio del Senato, Massimo Garavaglia, “probabilmente un’accelerazione non sarebbe poi così drammatica”.
Difende le attuali norme, invece, il senatore del Pdl, Maurizio Castro, secondo il quale la scelta di un aumento progressivo è un “buon punto di equilibrio”.
Attacca, invece, l’opposizione. Parlando con alcuni dirigenti del partito, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha detto che prima di correre a recepire l’equiparazione, il governo dovrebbe andare a trattare con l’Ue “con il coltello tra i denti” per far capire la specificità della situazione italiana. Rincara la presidente dell’assemblea del Pd, Rosy Bindi: se il governo “vorrà usare il richiamo dell’Europa per fare ancora macelleria sociale”, sarà netta opposizione.
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