È uno stadio che esplode in un grido di gioia tricolore quello del Roland Garros nell’attimo in cui Francesca Schiavone mette definitivamente ko l’australiana Samantha Stosur conquistando l’Open parigino. Nessuno sembrava crederci. Tantomeno lei, che come promesso bacia la terra rossa e volge gli occhi al cielo ancora incredula.
Poi si arrampica sugli spalti del centrale dove si concede un bagno di folla tra i suoi tifosi più accaniti, tra cui anche amici e parenti, che l’hanno avvolta con una grande bandiera italiana con scritto ‘Franci’. “Sono felicissima” dichiara. Poi rivolgendosi agli italiani aggiunge: “Siete nel mio cuore. Grazie a tutti. Senza di voi non sarei quella che sono e non avrei fatto ciò che ho fatto”. Trentaquattro anni dopo un mito come Adriano Panatta. E, soprattutto, la prima volta di una italiana. Al centrale Philippe Chartier, la tennista, al culmine della sua carriera, è stata accolta circa due ore prima dal fragoroso applauso dei tifosi non solo italiani e dai tricolore sbandierati dai numerosi compatrioti presenti in tribuna.
Tra questi, proprio accanto alla tribuna presidenziale, una ventina di ragazzi con indosso una profetica maglietta con la scritta: “Schiavo nothing is impossibile”. Nulla è impossibile, neanche conquistare la vetta dell’open parigino, uno dei più prestigiosi tornei dello Slam. Nel caldo di una giornata praticamente estiva, tutto il pubblico sembra essere dalla parte della ‘Leonessa’ di Milano.
A ogni punto della milanese, lo stadio scoppia in fragorosi applausi. Grida di entusiasmo. Dalle tribune giungono grida di sostegno anche in francese: “Vas-y Schiavone”, con l’accento lasciato cadere sulla ‘e’ proprio come chi è nato dall’altra parte del Monte Bianco. “Incrocio le dita per Francesca”, dice Elisabeth, una signora di Mentone che dall’alto della tribuna non si perde un colpo. “Francesca è furba, piazza bene la palla e si difende bene”, aggiunge la signora. Dello stesso parere Dirka, che per vedere la finalissima è giunta dal Belgio. “Tifo per la migliore, cioè la Schiavone, che lotta di più e colpisce durissimo”. Pochissimi gli australiani, che quasi non si sentono. Samantha Stosur è rimasta ‘vittima’ della sua potenza a discapito di una intelligenza tattica che invece è l’arma in più della Leonessa. Che quando è il momento va a rete, infila aces, si apre il campo, costringe l’australiana a forzare e a commettere numerosi errori.
La milanese si aggiudica con pieno merito il Roland Garros, la quarta e più prestigiosa vittoria della sua carriera. Testa di serie numero 17, dopo aver vendicato l’amica Flavia Pennetta, che avrebbe voluto incontrare ai quarti dopo la vittoria con la russa Kirilenko.
Invece, si è ritrovata contro la numero 3 del mondo, la danese Wozniacki, battuta nettamente per una semifinale contro un’altra bombardiera come la Dementieva, arresasi ad un infortunio al termine del primo parziale. Samantha Stosur, alla sua seconda finale di fila e numero 7 del tabellone, è l’emblema del tennis moderno: gran fisico, gioco potente ma poca duttilità tattica.
E così, la Leonessa, dopo una fase di studio, si è sciolta sulla terra del “Philippe Chatrier”, tenendo a bada l’avversaria per poi piazzare la zampata al momento giusto, e cioè al nono, quando si procura tre palle break e la possibilità di chiudere il set con il servizio. Una chance che non getta alle ortiche, anche se la Stosur si porta sullo 0-30: l’azzurra recupera, ribalta la situazione e chiude a rete al secondo tentativo. Morale: 6-4 in 40 minuti ed una bella iniezione di fiducia.
La campionessa di Fed Cup comincia concentrata e determinata anche il secondo round, procurandosi due palle break nel terzo game con un tennis d’attacco che rompe i ritmi della Stosur.
L’australiana stringe i denti, mantiene il servizio e brekka sul 3-1, volando sul 4-1 con la battuta. Sembra inevitabile il terzo set ma la Schiavone tira fuori gli artigli: recupera il break con un parziale di 8-2 nei punti vincenti, lotta con il fisico e la testa fino al tie-break. Dove fa la differenza per ‘fame’ e voglia, vincendolo a 2 con immancabile tuffo di gioia nella terra battuta.
Dopo un’ora e 38 minuti di gioco, le statistiche parlano chiaro: 6-3 gli aces per la lombarda, che commette 19 errori non forzati contro i 28 della ‘Aussie’.
Il suo non è un miracolo ma di certo un’impresa, che la proietta nella storia del tennis italiano e al sesto posto delle classifiche mondiali.
A 29 anni, 11 mesi e 14 giorni, la ‘Schiavo’ diventa anche la seconda più anziana dopo la britannica Jones, che nel 1969 vinse Wimbledon a 31 anni. Come dire: per l’azzurra c’è ancora tempo per stupire.
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