Siamo nel pieno di giugno, il cosiddetto Pride Month, ovvero il mese dedicato all’orgoglio della comunità LGBTQ+ e che rivendica la lotta per le discriminazioni e tutti quei diritti che ancora non sono riconosciuti per questa comunità.
A Zurigo è previsto il Pride Week che avrà luogo dal 6 al 19 giugno 2022 con la nota parata attraverso il centro di Zurigo il 18 giugno e il festival nell’area della caserma di Zurigo e Zeughaushof il 17 e 18 giugno.
In molti ancora non lo sanno o non ne sono convinti, oppure, peggio ancora, non lo approvano, eppure è ormai diventato un evento culturale che si celebra in molte parti del mondo e che ebbe inizio addirittura nel 1969, con i moti di Stonewall, ovvero i primi movimenti di rivolta di stampo LGBTQ+. Un gruppo di poliziotti entrarono in un noto bar gay di Manhattan a New York per un raid dichiaratamente discriminatorio, l’atto suscitò la reazione di ben oltre 2000 persone che affrontarono i 400 poliziotti intervenuti. Da allora iniziarono le vere e proprie parate, ad opera di organizzazioni gay, che durano fino ai giorni nostri, gli attuali Pride, e che hanno coinvolto sempre più realtà. Dopo oltre 50 anni di Pride, non solo la parata di rivolta di stampo LGBTQ+ organizzata contro un sistema discriminatorio e oppressivo è diventata una tradizione consolidata, allegra e attesa con grande gioia da tutti, ma è soprattutto un momento di riflessione che ancora oggi necessita. È vero che l’inclusione ha fatto passi da giganti in questi ultimi anni, ma nello stesso tempo ci sono ancora delle convinzioni bigotte che sembrano insormontabili e per le quali c’è ancora tanto da fare! Dunque, quando ci chiediamo a cosa possa servire oggi una manifestazione come quella dei Pride, visto che c’è già una consapevolezza più chiara e un’accettazione popolare di questa realtà largamente condivisa, pensiamo alla bocciatura del ddl Zan in Italia, pensiamo ai tanti episodi di cronaca dove gli omosessuali subiscono ingiustificabili aggressioni, pensiamo a quei genitori che ripudiano i propri figli che fanno coming out e tutti gli altri eventi discriminatori che ancora oggi, paradossalmente, si verificano puntualmente. I cambiamenti culturali hanno bisogno di lotte dure e persistenti, che non si riducono alle manifestazioni del mese di giugno, che però necessitano per attrarre l’attenzione di tutti alle problematiche di questa importante comunità. Sì, serve ancora il Pride come manifestazione fisica, chiassosa e allegra, di una lotta – dura, perseverante e contorta – che non si limita a pochi giorni di giugno, ma a una vita intera!
Redazione La Pagina