La storia che voglio raccontare parla del tempo, di quel tempo che ha reso sempre la vita un percorso, mutando le stagioni, i luoghi e i volti della gente; spargendo d’argento ogni cosa, facendola diventare “storia”, la nostra storia o la storia di un’intera umanità. Il tempo a volte desiste nella sua natura esistenziale, si deve arrendere al suo alter ego: il ‘sogno’ che, questa volta è così ambizioso da diventare reale, così reale che tutti lo vogliono, tutti lo desiderano e tutti sanno riconoscerlo, anche dalla sua “voce” perché quando “parla” emette una melodia riconoscibile alle cose belle della vita. Questa è la storia di due uomini alla quale li unisce un solo connubio: genialità. La seconda guerra mondiale ha appena versato il suo dolore più immenso, il mondo si è spaccato in piccolo pezzi, e la povertà dilaga come i fiumi di sangue versati nella follia di uomini pazzi. Così, l’Italia protagonista si ritrova nella più totale miseria. Risorse primarie disidratate, sogni volati via, cancellati da una nebbia di polvere che affoga le speranze, dove i bambini sono cresciuti troppo in fretta e le rughe degli adulti sono strade che portano al dolore. Ma come tutti sappiamo c’è sempre qualcosa di grande anche in una brutta storia, un sogno che riesce ad evadere, a fuggire via dalla macchia della storia, rapendo le aspettative della gente che vorrebbe voltare pagina, scrivendo la nuova storia di questa nostra Italia.
I sogni che riecheggiano nello Stivale assetato di rinascita appartengono già al cielo, e sono i sogni di chi costruiva aerei per accorciare i tempi dei viaggiatori, mentre da lì a breve avrebbe cancellato qualsiasi distanza, facendo ripartire ciò che di più grande abbiamo: il cuore. Il suo nome è Enrico Piaggio ed il suo uomo si chiama Corradino D’Ascanio, brillante progettista che, nel terzo decennio del 900 fece volare il primo elicottero italiano, battendo tutti i record mondiali di lunghezza, durata e distanza, sviluppando su piccole idee di un motociclo chiamato Paperino, la più amata delle due ruote, quella dei film di una Roma bellissima, spensierata, ricca e dolce, come in “vacanze Romane”; quella di una Toscana che vanta la maternità di questo piccolo gioiello, il cui primo strillo di “voce” fece esclamare al padre putativo: “sembra una vespa”. Ed ecco che la storia di quell’Italia strascica di lesioni inizia il suo nuovo ed eclatante decollo. Vespa MP6, il prototipo dà inizio a ciò che sarà la sua evoluzione, oltre 50 i suoi modelli che nel corso di questo percorso prolifero vide rinomati artisti mondiali desiderare la Vespa come il grandissimo Louis Armstrong a Roma nel 1949, la bellissima Kim Novak, Renato Rascel assieme a Giovanna Ralli e centinaia di attori e registi hanno voluto sua maestà nei loro capolavori. Oggi la storia della vespa è leggenda, quella dei collezionisti, quella di gente che in ogni nazione deporta la sua storia regalando emozioni inenarrabili. In quasi tutti i continenti c’è un circolo storico della vespa, con la sua accurata sensibilità di restare originale nel suo mantenimento. In Svizzera del Nord- Ovest c’è – BR VespART’s – che con la sua passione esibisce la voglia di mantenere vivo quel bellissimo percorso iniziato nel 1946. Vari gli eventi organizzati da Roberto B. come Vespa Treffen, nella sua maniera di <Italia retrò> per il quale tutti noi gli auguriamo un lungo ed immenso percorso, affinché persone come lui possano, come i grandi poeti, regalare emozioni agli occhi, al cuore e all’anima.
di Giuseppe Elmo
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