Siamo ad una svolta del nostro progresso, alla più recente delle contraddizioni che caratterizzano i modelli di sviluppo della nostra società. Richiamiamone alcuni. Comunichiamo tramite internet, ma ci lamentiamo della chiusura degli uffici postali. Abbiamo superato il biennio di pandemia, promettendo di essere disposti a tutto pur di superarla, ed ora ci meraviglia l’arrivo delle prime di una lunga serie di novità, delusi che il calendario non sia regredito al 2019, a prima del contagio mondiale. Veniamo al tema del giorno: ChatGPT, piattaforma di dialogo animata da una intelligenza digitale addestrata a rispondere. Abituiamoci ad interpretare questo acronimo come un fatto compiuto e ricordiamone la genesi. Mentre il mondo era in lockdown, i computer sono andati a scuola, riprogrammati a leggere e memorizzare tutto quanto disponibile su internet, e poi rispondere a chi li voglia interrogare. Cosi’ è nato ChatGPT, paragonabile ad un saputello, al compagno di classe pronto a parlare di tutto ma che non conosce la vita, incosciente di attendibilità e conseguenze delle sue risposte.
Se ne è discusso nella recente conferenza organizzata al Campus Est della Università della Svizzera Italiana-USI da Lugano Living Lab-L*3, il dipartimento della municipalità del Ceresio dedicato allo sviluppo digitale. L’incontro ha registrato un prevedibile “tutto esaurito” dei posti disponibili. A dirigere i lavori, con l’assistenza dell’informatico Andrea Scarinci di L*3, il Professor Luca Maria Gambardella. Quest’ultimo, fra i suoi attuali incarichi, è Vice Direttore per la Innovazione e le relazioni industriali di USI, dopo 35 anni di esperienza a Lugano presso l’Istituto Dalle Molle per la Intelligenza Artificiale-IDSIA. Si tratta di uno dei principali centri di ricerca a livello mondiale e che, doveroso ricordarlo, è stato fondato per volontà dello scomparso filantropo italiano Angelo Dalle Molle, inventore del liquore Cynar.
Ritorniamo al futuro, a ChatGPT. È una applicazione destinata ad imparare dalle sue letture, dai suoi dialoghi, e dai suoi errori. Come uno scolaro, proseguirà sino ad un diploma, forse un dottorato di ricerca, magari per diventare uno dei nostri professionisti di fiducia. Chi contribuisce al suo sviluppo? Sorpresa: siamo noi. ChatGPT è modellata a nostra immagine e somiglianza, ma non sulla nostra coscienza. A differenza di un insopportabile saputello, questa applicazione è stata invece addestrata a dialogare e mantenersi docile nelle risposte, oltre che pronta a modificare il suo stile in base alle preferenze di chi la interroga. Volete un esempio? Ecco come la applicazione si presenta in modo formale: “Chatbot-GPT è stata addestrata alla conversazione, a fornire risposte a domande specifiche e partecipare a conversazioni in modo coerente e naturale, utilizzando un vasto corpus di conversazioni e di testo conversazionale. Durante il processo di addestramento ha analizzato migliaia di esempi di conversazioni, ha imparato a identificare schemi comuni e generare risposte appropriate per una data situazione conversazionale. Concludendo, Chatbot GPT è un modello di linguaggio basato su una probabilità che predice la prossima parola in una conversazione, o testo base, in base alle parole precedenti” e riconosce che le competenze e soprattutto gli “esseri umani rimangono insostituibili ed irripetibili”.
La diffusione di ChatGPT procede a ritmi mai visti. Secondo le rilevazioni del sito www.statista.com, per arrivare al milione di utenti Netflix ha impiegato 42 mesi, Airbnb 30, Facebook 10, Spotify 5, Instagram solo 75 giorni, mentre ChatGPT addirittura 5 giorni, una semplice settimana lavorativa. Tranquillizziamoci ha osservato il Professor Gambardella: questa applicazione non è migliore della intelligenza umana. Ma non facciamoci illusioni, perché ChatGPT si sta incamminando verso il deep learning. Insomma, il saputello ormai non si limita più a leggere, ricordare e ripetere, ma inizia a comportarsi in base a quanto ha appreso, malgrado sia incapace di verificare le fonti o comprenderne il contesto. Ad esempio, durante la conferenza la applicazione è riuscita a commentare la “rivoluzione francese”; tuttavia ha replicato in modo corretto ma inattendibile quando è stata interrogata su una ipotetica “rotazione francese”. E siamo alle dolenti note.
Innanzitutto ChatGPT basa il suo sapere dopo avere consultato ogni tipo di testo scritto, senza verificarlo. Parimenti, apprende da ogni tipo di richiesta gli venga avanzata. A complicare le cose, è sconosciuto chi, dove, e su base a quale base legale elabora i dati raccolti tramite ChatGPT. Questo spiega perché a Roma il Garante per la protezione dei dati ha imposto alla proprietà di ChatGTP il blocco degli accessi per tutti gli utenti italiani. E siamo alle avvertenze finali. Come accadeva ai tempi della scuola, non prendiamo per buono il compito che ci ha passato il nostro compagno di banco, solo perché è bravo. Nel momento in cui, senza alcuna revisione critica, anche l’utente di ChatGPT copia il testo altrui, automaticamente si assume la responsabilità degli eventuali errori contenuti. Ecco quindi spiegato perché, in tema di gestione della privacy, l’utente deve avvertire che il testo ChatGPT da lui citato è proposto senza garanzia. Inoltre, specie i clienti di questo servizio basati nella Unione Europea-UE, devono segnalare il “data processing addendum”, ovvero che la notizia ha origine “artificiale”. In futuro, è stato osservato nella conferenza di Lugano, ChatGPT contribuirà a sviluppare la creatività umana. In particolare libererà i professionisti di ogni settore dal “blocco della pagina bianca”, dal panico di dover strutturare un testo.
Agli umani non rimarrà che arricchire di contenuti ed emozioni le bozze preparate da ChatGPT. Impossibile prevedere quanto tempo sarà necessario perché questa applicazione possa rivaleggiare con la sensibilità degli esseri umani. ChatGPT impara da tutte le richieste che riceve dagli utenti: sempre, ovunque, comunque. Quindi, per rallentarne lo sviluppo basta non cercare ChatGPT su internet e, anche se è gratuito, non aprire il suo sito, non leggerlo e non usarlo. Ma se lo avete fatto o lo farete, sappiate che anche voi contribuirete a migliorarlo, istruirlo, e diffonderlo. Poi, un domani, non giustificatevi dicendo che è stata tutta colpa di qualcun altro.
di Andreas Grandi