Questa è la storia dell’altra parte della vita, perché in ogni posto si consacra un modo di essere, accentuato dalle tradizioni che sono sempre indietro e avanti con gli anni, sembrano svanire per poi ritornare, un po’ come la moda che fa il giro del mondo e poi ritorna, magari un po’ più colorata, ma sempre in “tinta” con gli anni: i nostri, i loro e quelli più remoti, così lontani da pensare che nemmeno esistano. Questa è la storia dell’aria che brucia sopra la città, mentre tutto intorno si ferma a guardare, forse ad esprimere qualche desiderio, perché ogni volta che una stagione va via ci si ricorda dei momenti più belli, o semplicemente si vuole cancellarli per iniziare un mondo nuovo. Sono le ore 18 della seconda decina di aprile, e mentre l’orologio continua la sua “vita”, la gente si immobilizza, resta ferma ed ansiosa perché alla Sechseläuten la pira viene incendiata e con essa tutte le aspettative che la leggenda vuole.
C’è un pupazzo che mima perfettamente l’inverno, è bianco come la neve, immobile come il gelo, alto e sfrontato come sono le nuvole cariche di acqua, circondato dal fuoco che, caldo più che mai, deve raggiungere in fretta il Böögg, affinché bruci più veloce di qualsiasi pronostico. Così le cose più belle le conserva la gente, quella che “dell’inverno” non ne vuole più sentire parlare e cerca altro, cerca l’estate, cerca una nuova stagione.
Ci sono tradizioni che esprimono perfettamente l’identità di un luogo, così radicate che nessuno può snaturarle, sanno distinguersi e recano la magica illusione che certe cose esistono veramente. Questa è la storia di una città che quasi sempre va di fretta, investita dalla mille “mine” che il mondo ha seminato, qua e là, come fa l’altra parte oscura della vita, che vuole per forza etichettare un luogo, a volte “distruggendolo”, a volte solo rinforzandolo. Zurigo sa fare bene entrambi le cose: furiosa e frettolosa naviga affacciata nel cuore dell’Europa, difesa dagli scudi celtici, mentre non troppo lontano vive lo spiraglio immortale delle montagne, che come “piume” apache mirano gli orizzonti.
Questa è la storia bellissima di un pupazzo che ad un tratto diventa “reale”, prende vita come le storie che abbiamo sentito raccontare, magari dai nonni che, ricordando un tempo migliore, aggiungevano un pizzico di euforia e allora tutto diventava più suggestivo, tanto da “condizionare” la mente, il cuore, ma soprattutto la speranza, quella che ti fa superare qualsiasi cosa, anche quando una stagione non è andata bene e allora ci si affida ai sogni, quelli grandi, quelli che di nome si possono anche chiamare Böögg.
di Giuseppe Elmo
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