È morto Matteo Messina Denaro. Solo poco meno di un anno fa si festeggiava la sua cattura come un trionfo dello Stato e del Governo Meloni appena insediato: l’ultimo grande Boss mafioso terminava la lunga latitanza il 16 gennaio scorso, quando è stato catturato mentre si recava in ospedale per delle cure oncologiche.
Presto ci si accorse che quella cattura accolta come un successo dello Stato poteva essere l’ultima grande beffa del Boss, giunto ormai alle fasi terminali della malattia, che decide la sua cattura. Questo è un chiaro segnale dell’innalzamento di livello della mafia, che non teme neanche che un capo mafioso sia nelle mani dello Stato, della Giustizia. In effetti che ne è valso? Mattia Messina Denaro lo disse senza remore: “se non avessi avuto questa malattia non sarei stato mai preso”. E come non crederci? Per 30 anni ha latitato senza grandi costrizioni, vivendo una vita quasi normale, in nessun luogo nascosto o introvabile. In questi mesi, dove ha usufruito delle cure ospedaliere di cui aveva bisogno per via del tumore al colon, non ha mai collaborato come si sperava con la giustizia. Il capomafia, l’ultimo “stragista” di cosa nostra, muore a 62 anni senza mai essersi pentito, senza mai aver collaborato, portando con sé i tutti i segreti che avrebbero potuto contribuire alla lotta contro la mafia. Prima con la sua cattura e ora con la sua morte non fa altro che peggiorare le cose, mettendo in evidenza il fallimento dello Stato insieme ad una sorta di salto di qualità della mafia di questi anni di cui si è all’oscuro: prima avevamo un “punto di riferimento”, un “nemico” da cercare e combattere, adesso si brancola nel buio e si combatte contro un nemico potente ma generico, perché non esiste più un capo, un boss all’apice della struttura mafiosa verso cui indirizzare la lotta, o almeno non si conosce. Il concetto di mafia diventa sempre più strutturato, diffuso, organizzato, infiltrato, pericoloso e nello stesso tempo astratto. Non è stato poi tutto questo successo che il Governo Meloni appena insediato millanta tra le grandi azioni intraprese (come la norma sui rave party), è stato un “tanto rumore per nulla” che è un po’ il tenore di come ha gestito tutto l’attuale Governo in un anno che è al potere. Guardiamo il caso più eclatante, quello migranti che doveva essere risolto, invece è esploso. In Europa la pacchia doveva esser finita; l’inflazione è alle stelle; i rincari non si placano; la confusione del reddito di cittadinanza; la povertà in Italia in aumento; il rischio di non ricevere la quota del Pnrr; la mal celata lotta interna nella maggioranza di governo in vista della campagna elettorale per le europee… Quanto rumore per tutto e poi nulla.
Ad un anno dal Governo Meloni, un po’ come per la cattura e la morte di Matteo Messina Denaro, i risultati non sono quelli sperati e c’è ben poco da festeggiare, anzi nulla.
Redazione La Pagina