Dopo il blitz all’ospedale di al-Shifa, l’esplosione del parlamento di Hamas e l’assedio del porto di Gaza da parte dei militari israeliani, il conflitto prende di mira il sud della Striscia e la situazione umanitaria è tragica
Al 42° giorno di guerra tra Israele e Gaza il conflitto si espande e include il sud della Striscia. Nei giorni immediatamente precedenti non sono mancate le azioni che hanno coinvolto punti strategici di Gaza. La presa dell’ospedale di al-Shifa, il più grande della striscia di Gaza, condotta dalle forze di difesa israeliane, è stata descritta come un’operazione “precisa e mirata”. Secondo lo Stato ebraico, infatti, nei sotterranei dell’ospedale si nascondeva il comando centrale di Hamas. Il portavoce delle forze di difesa israeliane (Idf) afferma che l’operazione aveva l’obiettivo non solo di sconfiggere Hamas, ma anche di salvare gli ostaggi. Nei locali interessati dell’ospedale di Gaza, però, non sono stati trovati ostaggi, ma oggetti riconducibili alla loro presenza e soprattutto immagini e video all’interno di portatili. “Stiamo conducendo un’operazione di terra a Gaza per sconfiggere Hamas e salvare i nostri ostaggi. Israele è in guerra con Hamas, non con i civili di Gaza”, aveva annunciato l’Idf. In seguito è avvenuto lo scoppio del palazzo del parlamento di Hamas, e sia il comando della polizia che la residenza del governatore sono finiti nelle mani di Israele. Anche il porto di Gaza è ormai sotto il controllo dei soldati israeliani, preso attraverso un’operazione congiunta dei militari israeliani che hanno “scoperto 10 imbocchi di tunnel e distrutto 4 strutture usate per il terrorismo, uccidendo 10 terroristi”. Secondo Israele, Hamas usava il luogo “mascherato da porto civile, come area per addestramento e conduzione di attacchi terroristici, il tutto utilizzando navi civili e della polizia portuale di Gaza”.
Nel frattempo l’esercito israeliano ha invitato i civili di Gaza ad abbandonare anche il sud della Striscia, lasciando presagire un allargamento del conflitto in quelle zone – Khuzaa, Bani Suheila e Karara – dove erano confluiti i rifugiati dal nord e che ormai non sono più considerate “zone sicure”. Israele ha dichiarato il controllo totale della parte settentrionale di Gaza, compresa Gaza City, e concentra gli scontri sulla parte sud.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che Israele sta facendo tutto il possibile per tenere i civili lontani dal pericolo, ma che i suoi tentativi di ridurre al minimo le vittime “non hanno avuto successo”, accusando a chiare note Hamas per gli sforzi “infruttuosi” volti a risparmiare i civili a Gaza. Il premier israeliano ha ribadito che l’obiettivo della sua campagna militare è distruggere Hamas: “Cercheremo di portare a termine il lavoro con perdite civili minime. Questo è ciò che stiamo cercando di fare: ridurre al minimo le vittime civili. Ma sfortunatamente non ci siamo riusciti”, afferma il Netanyahu, mentre Israele ha ormai deciso il nuovo teatro del conflitto. Ma le organizzazioni umanitarie avvisano che qualsiasi mossa da parte di Israele nel sud di Gaza potrebbe peggiorare notevolmente una situazione umanitaria già grave. Gli abitanti di Gaza, infatti, già adesso si trovano ad affrontare una situazione grave con un “blackout totale delle comunicazioni” in corso e la “possibilità immediata di morire di fame” poiché la carenza di carburante paralizza la produzione e la distribuzione di cibo. Secondo gli ultimi dati diffusi dalle autorità di Hamas, i morti a Gaza sono arrivati a 11.500, di cui 4.710 minori e 3.160 donne, dati destinati a crescere sensibilmente visto le condizioni.
Redazione La Pagina