La vicenda di Giulia Checcettin ci ha tenuti con fiato sospeso per quasi una settimana. Ma nel fondo del nostro cuore sapevamo già l’epilogo, anche se nessuno osava pronunciarlo espressamente in virtù di quella flebile speranza che si affievoliva giorno per giorno. Poi eccolo, il ritrovamento del cadavere di Giulia, la ventiduenne di Vigonovo, in provincia di Venezia, che trasforma ogni tabù, ogni pensiero tragico scacciato, ogni parola morsa tra le labbra per timore di pronunciarla in certezza: femminicidio.
Ci sono tante cose che si potrebbero dire, ma è già stato detto tutto. Ogni volta si ripetono le stesse cose sulla mano brutale, spesso dell’amato o dell’ex, che pone fine alle vite di tutte queste donne. E stiamo parlando 103 femminicidi solo in questo 2023, un dato che pone l’Italia al terzo posto in Europa per femminicidi dopo Germania (207) e Francia (136), ma non per questo meno allarmante, perché una donna ogni 3 giorni in Italia muore e questo fenomeno riguarda sempre di più i più giovani. Però ogni volta si ripetono le stesse cose e questo significa che non sta cambiando nulla, probabilmente perché se ne parla quando accade l’irreparabile. Tutte le volte che è morta una donna per femminicidio – le 102 volte prima di Giulia – a nulla sono servite le discussioni, l’accanimento sui social, le fiaccolate di solidarietà e i minuti di silenzio per il ricordo delle vittime: le vittime non devono essere ricordate, devono essere preservate!
Qualcosa è stata fatta con la legge “codice rosso” del 19 luglio 2019 che rafforza la tutela di chi subisce violenze, per atti persecutori e maltrattamenti, ma si vede che non è ancora abbastanza. Bisogna agire prima, molto prima, occorre un lavoro culturale. Bisogna investire nella formazione, nell’educazione, nel ruolo della società nella crescita dei più giovani. Ormai è un’emergenza quotidiana e deve essere affrontata tutti i giorni, tutte le volte che un comportamento è sospetto, ogni singolo atto improprio. Sotto torchio certamente l’educazione per tutti i giovani, che devono imparare ad accettare il rifiuto, la negazione, gli uomini devono accettare che l’amore non è possessione, che la violenza non è una risposta. Si deve impartire sin da subito che la libertà e l’intraprendenza femminile è lecita come per ogni individuo qualsiasi nella società, questo deve essere chiaro sia agli uomini che alle donne, perché l’educazione deve essere trasversale e riguarda tutti. Bisogna rieducare anche le donne a pretendere il rispetto e l’amore che meritano e che se si prende una decisione, una scelta di vita, un’ambizione da soddisfare o si decide di interrompere una relazione sentimentale, nessuno può mettere in discussione la propria scelta. E a proposito del fatale ultimo appuntamento – che se si chiama “ultimo” un motivo c’è – anche Giulia aveva ceduto all’ultimo appuntamento con il suo ex, dopo ci sarebbe stata la laurea, il trasferimento per studiare e affermarsi, una vita di sogni e ambizioni. Invece c’è stato solo quell’ultimo appuntamento. Dite NO, urlate il vostro volere, fatevi valere. “Io non starò mai zitta!” dice la sorella di Giulia, Elena. Perché il minuto di silenzio è finito, è ora di far sentire la voce: non solo dopo Giulia, ma sempre!
Redazione La Pagina