Inizialmente l’intenzione di scrivere sull’Agenda 2030 era di occuparmi di un tema attuale, ma secondario rispetto ai temi bellici o climatici emergenziali, e alle solite distrazioni del prestigiatore di turno. Approfondendo le tematiche ho compreso, che i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per trasformare il nostro mondo, altro non sono che una mostruosa azione di marketing dettata dai vari forum degli invisibili di Davos a sostegno delle imprese e varie lobby. Tramite la leva finanziaria essi speculano somme mastodontiche con investimenti fasulli, per accaparrarsi delle sovvenzioni elargite dagli stati, che a loro volta nei vari piani PNNR o New Green Deal si indebitano sempre più. Vi invito con questa lettura a continuare questo percorso educativo di risveglio dalla condizione resiliente, affinché si trasformi in resistenza attiva e collettiva, come ebbi a commentare a “Giancarlo”.
Agenda Gender Per l’obiettivo del Goal 5, sul termine “Inclusione”, onnipresente nell’Agenda, non ho trovato apparenti connessioni sulle cosiddette “teorie gender” di cui tratterò nella seconda parte. Nel contesto dell’Agenda 2030, il Goal5 fa riferimento ai ruoli, i diritti e le responsabilità degli uomini e donne in una società, senza alcuno specifico e apparente riferimento all’omosessualità o al transgenderismo, inserendo in modo furbesco il termine “inclusione”. Ricerche recenti suggeriscono che circa il 2% delle nascite presenta caratteristiche più o meno divergenti da quelle assolutamente maschili o femminili, mentre nel caso delle persone transgender le espressioni relative al genere differiscono dai canoni tradizionali, in relazione al sesso cromosomico o basato sui genitali. Parliamo di una esigua minoranza, e questo dovrebbe fare riflettere, che abbiamo ancora spazio per decidere perlomeno di dissentire una delle più importanti iniziativa neoliberista della nostra epoca, che tuttavia arranca nella sua irreversibile agonia sistemica. Diverse associazioni accademiche e ordini professionali ribadiscono che, una ideologia del gender semplicemente non esiste e che le intense campagne mediatiche sarebbero piuttosto da ricondurre a dinamiche delle teorie del complotto. Un bel pasticcio che crea disorientamento, impedendo qualsiasi dibattito serio. Scevro di pregiudizi o discorsi da bar, dimostrerò di come molti Goals dell’Agenda 2030, usando un linguaggio al miele “ecologicamente e socialmente corretto”, in realtà contengono logiche palesemente manipolatorie neoliberiste, basate su una sofisticata ingegneria comportamentale.
I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e i 169 traguardi annunciati dell’Agenda 2023, dimostrano la portata e l’ambizione di questa nuova agenda universale. Cercando di costruire sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e di completare ciò che questi non hanno raggiunto, come i diritti umani di tutti e l’uguaglianza di genere. Questi obiettivi sono integrati e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, sociale e ambientale. Oggi mi occuperò della dimensione sociale dato da questo obiettivo: Goal 5. Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze link per fatti, cifre e tutti i 9 traguardi in dettaglio.
- 5.4 Riconoscere e valorizzare l’assistenza non retribuita e il lavoro domestico attraverso la fornitura di servizi pubblici, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione della responsabilità condivisa all’interno del nucleo domestico e della famiglia come appropriato a livello nazionale
Commento l’8 marzo Festa della Donna, giornali e trasmissioni televisive hanno speso qualche parola sullo stato della parità di genere in Italia. Uno degli indicatori, è il cosiddetto gender wage gap che misura a parità di lavoro, la differenza di retribuzione tra i due sessi. Con un gap molto basso, si ha l’illusione che in Italia le donne siano più tutelate rispetto alle colleghe degli altri paesi EU. In realtà, il divario retributivo è ridotto, perché sia le lavoratrici che i lavoratori percepiscono degli stipendi da fame (sic). Con un tasso di occupazione femminile assestato al 51,1% nel 2022, che le rende economicamente dipendenti e soggette alla volontà di chi, nella famiglia, lavora, cioè gli uomini, aggravando lo squilibrio di potere e creando un terreno fertile per la violenza di genere. Vi è poi il lavoro casalingo e la cura dei figli, non riconosciuto e retribuito, da affrontare quotidianamente, cui la cultura patriarcale antecedente al capitalismo ha imposto e ne ha tratto vantaggio. Riguardo ai finanziamenti nebulosi che ogni SDG ha per i propri target e i propri strumenti di attivazione, dovrebbe essere chiaro che le riforme legali e tecnologia (5.a, 5.b, 5.c), limitano il supporto economico per i progetti sostanziali per l’emancipazione, che vanno dalla parità dei salari ad un reale sostegno come gli asili nidi statali agevolati, e alla “utopica” trasparenza dei salari nelle imprese. Che dire poi del precariato o lavoro nero cui le donne sono vittime predestinate? Non basta fare assistenzialismo elemosinando dei bonus e agevolazioni irrisorie alle famiglie meno agiate, da sbandierare come fornitura di servizi pubblici o protezione sociale, per scopi propagandistici prima delle elezioni.
- 5.c Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli
Commento La parità di genere, quindi, è lotta contro lo sfruttamento, l’ingiustizia e l’oppressione delle donne discriminate nelle assunzioni e nel reddito, oltre ai vari gruppi razziali ed etnici, come LGBTQ+ e lavoratori disabili. Durante la seconda e terza rivoluzione industriale, moltissime voci nel movimento femminista rivendicavano come per secoli le società organizzate in modo patriarcale, abbiano indotte nelle donne, una tendenza alla dipendenza emotiva da figure maschili come il padre e il marito poi o figure dominanti come i capi politici, religiosi e militari o i dirigenti d’impresa. Incentrando l’esistenza sulla famiglia, la casa e anche al di fuori di tale contesto la sua posizione era comunque subordinata, alle figure sopra citate. Tuttavia, negli ultimi anni molto è cambiato rispetto ai ruoli e alle aspettative dei generi. Sempre più donne (seppure in minoranza) stanno entrando nei campi della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica, assumendo ruoli di leadership in politica e nelle aziende, sposandosi in età più avanzata rispetto al passato o rimanendo single. I considerevoli successi ottenuti dal 68 in poi, per l’equità giuridica ed economica tra i sessi, accentuò un’altra strategia da parte delle élite patriarcale. La “liberazione della donna”, forgiato dal femminismo, venne sostituito col concetto di “uguaglianza tra i sessi”, in cui prevale l’assimilazione, piuttosto che l’affermazione della differenza. Assimilando così la vita dell’altro sesso non libero per via delle politiche di austerità e precariato, accettando infine una subalternità tuttora condivisa ed in gran parte accettata.
La Teoria del gender È un neologismo (gender theory) coniato in ambienti conservatori cattolici negli anni Novanta, per riferirsi in modo critico agli studi scientifici di genere, sostenendo che tali studi sottendono un complotto predefinito mirante alla distruzione della famiglia e di un supposto ordine naturale su cui fondare la società. Per altri, la “teoria del gender” è un termine ombrello, usato contro i movimenti femministi e LGBT+, che si oppone alle loro lotte e rivendicazioni. È un argomento piuttosto spinoso e come tutti quelli che fanno parte di un dibattito religioso e ideologico, è in corso da anni una vibrante polemica sul tema. La teoria o agenda gender viene presentata a seconda delle occasioni come filosofia progressista, sociologica, cattolica o ideologia di sinistra, che propaganderebbe un’alternativa tra i sessi biologici, e la conseguente possibilità di variare il proprio genere a piacimento. Vi si mescolano elementi sociologici degli studi di genere, della teoria queer (il superamento del binarismo di genere), del femminismo (l’uguaglianza tra uomo e donna), e degli studi sul transessualismo (la differenza tra identità di genere e sesso biologico). Nel 1993 la sessuologa americana che ha scritto ampiamente sulla costruzione sociale del genere , identità sessuale , identità di genere , ruoli di genere e intersessualità Fausto-Sterling scriveva: Gli intersessuali, precedentemente chiamati ermafroditi, esistono da tanto tempo quanto gli umani, anche se fino a poco tempo fa pochi si sentivano abbastanza a proprio agio da “fare coming out” riguardo alle loro condizioni. Vennero così introdotti sempre più i concetti di “omosessuale maschile e femminile, bisessuale o transessuale”, trasformando il termine gender una definizione in codice di omosessualità a supporto dei diritti gay. Comprendere questo concetto, è cambiare il modo stesso in cui guardiamo all’identità, tradizionalmente pensata come qualcosa che senti nella tua mente, un processo che dura tutta la vita e risiede nel corpo ma che può evolversi nel tempo. Smettiamola di dare per scontato che il sesso sia binario, ma come i risultati dell’interazione tra natura e educazione. Questa, in sintesi, la teoria gender ancora in evoluzione.
Vaticano, mentre la Pontificia accademia per la vita si apre (cautamente) ai temi più spinosi: contraccezione, suicidio assistito e procreazione medicalmente assistita, Papa Francesco ha criticato “l’ideologia del gender”, definendola come “il pericolo più brutto annulla le differenze e rende tutto uguale”, affermando di aver chiesto studi su questo argomento, sottolineando che “cancellare la differenza è cancellare l’umanità. Uomo e donna, invece, stanno in una feconda tensione”.
Abuso ideologico Il dato del maschile e femminile sarebbero costruzioni sociali e quindi non complementari, bensì costruiti a seconda degli interessi che ha la classe al potere, che li finanza in modo massiccio. Investendo nelle scuole sull’educazioni “inclusiva”, la sponsorizzazione dei numerosi “gay pride”, il monopolio nelle manifestazioni canore dei c.d. “fluidi”, sicuri protagonisti e spesso vincenti. Si promuovono i pride come a Zurigo con oltre un Mln di partecipanti, per inneggiare e idolatrare l’ideologia inclusiva del gender, condita di musica martellante tecno e stupefacenti con fiumi di alcol. Seguendo i soldi, si capirebbe che, il capitale transnazionale ha ridotto a ruolo di servizio le altre frazioni di classe borghesi, disfacendosi della piccola e media borghesia, con un progetto di trasformazione totale, dalle fondamenta, della società, dei rapporti con i subalterni e delle modalità di estrazione del plusvalore. Se risulto difficile nei miei discorsi, semplificherò dicendo che il capitale intende appropriarsi dei meccanismi della vita e della morte e di tutte le sperimentazioni che riguardano la genetica, le manipolazioni del DNA, le banche del seme e l’estrazione e il congelamento degli ovuli, la creazione della vita in vitro e la Gestazione per altri, fino ad arrivare al transumanesimo. L’incanto di queste distorsioni, dovrebbero migliorarci la vita, la salute, l’uguaglianza e al soddisfacimento dei diritti delle donne e al riconoscimento di una minoranza inclusiva, distruggendo mattone dopo mattone i diritti sociali e costituzionali, di una maggioranza ignara e condiscendente. Vi è rispetto per le persone transgender o di chi non può avere figli e li desidera realmente, dall’altra sono propagandati e indotti volutamente come importantissimi perché così la sperimentazione di ogni sorte trova terreno fertile senza ostacoli. Per la maternità, demonizzata per le donne al lavoro, puoi congelare (se paghi) gli ovuli e diventare madre facendo carriera! Consapevole del rischio di essere tacciato per omofobia, la mia risposta può essere solo No a tutto questo, un no totale assoluto rivendicato anche dalla biologia evolutiva, senza distinguo perché sono contro il progetto capitalista di asservimento, di appropriazione e di trasformazione della nostra vita e l’insegnamento della teoria gender nelle scuole. Vorrei vedere sventolare la bandiera palestinese e non quelle ideologiche del gender o del governo nazifascista ucraino, sulla cupola dell’ETH di Zurigo e nei palazzi governativi delle capitali europee.
Nella mia riflessione ho intenzionalmente intrecciato il Goal5 che fa riferimento “ai ruoli, i diritti e le responsabilità appropriati agli uomini e alle donne in una società”, e l’ideologia Gender, oggetto degli attacchi del mondo conservatore, a tal modo propagandata e accettata, da prevalere sulla prima.
Ecco dei concreti esempi d’interpretazione e azioni sul termine Gender con due notizie contrastanti che riguardano 1) la Gran Bretagna, dove centinaia di scuole hanno adottato politiche “gender” dell’ultima generazione. Le uniformi scolastiche per i bambini non porteranno più come in passato la denominazione di “ragazzo” o “ragazza”, ma semplicemente le prime due lettere dell’alfabeto (A e B).
2) Educazione sessuale a scuola, in Gran Bretagna solo dopo i 9 anni. Il Consiglio nazionale dell’Ordine nazionale degli psicologi “favorire l’educazione sessuale nelle scuole e inserire nei progetti didattico‐formativi contenuti riguardanti il genere e l’orientamento sessuale non significa promuovere un’inesistente “ideologia del gender”, ma fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell’affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in ogni sua dimensione, mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci che contrastino fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere e il cyberbullismo.”
Il concetto di parità tra i generi sbandierato nell’Agenda 2030 è stato talmente citato da avere smarrito il proprio significato. La parità è di diritti e di doveri, e dovrebbe valere per tutti indipendentemente dal sesso o strato sociale, ma essere alla pari nelle opportunità e nei percorsi, non significa livellare i generi considerando uguale ciò che uguale non è. La donna nella sua natura ed esperienza femminile ha sempre avuto il dono di creare legami affettivi e la sapienza nel prendersene cura, mediando i conflitti ed esaltando la condivisione dei piccoli piaceri quotidiani e la sacralità dei momenti rituali. Le donne sono generalmente empatiche forse grazie all’esperienza della maternità e delle molteplici attività, cui si si impegnano e si realizzano principalmente nei rapporti interpersonali, il cui requisito è una buona comunicazione. Se non sono intossicate da culture maschili imposte, privilegiano le relazioni, rispetto agli obiettivi di successo sociale ed economico. Tutte queste capacità innate, che l’ideologia neoliberale, tramite gli strumenti da me descritti, vorrebbe sopprimere o sottovalutare, chiedendo troppo spesso alle donne di diventare sempre più simili agli uomini o qualcosa ‘altro in cambio di un avvicinamento a quella parità. Gli inganni che hanno generato i diversi incanti delle fantasie del complotto, e il sempre valido “Divide et Impera”, palesa che è stata creata una magica e complessa strategia di omologazione, per un’autoconservazione dello status quo del neoliberismo.
Le cospirazioni svelate In questa sorta di Matrix le interazioni, segrete ma non troppo dei padroni del discorso, sono soprattutto con la promozione della “confusione sessuale” nei minori, il cambio di genere, la pedofilia (esclusa quella diffusa nella chiesa cattolica), l’Agenda 2030, l’IA, il G5, Genitore 1 e Genitore 2, l’asterisco, la fecondazione eterologa, la maternità surrogata, l’eutanasia e chi ne ha più ne metta. La parità di genere o dell’inclusione della comunità LGBTQ+, con la sua strettissima minoranza dei non binari o fluidi, accelererebbero il processo a lungo termine della diminuzione della natalità, riducendo la popolazione bianca. Questa narrazione dominante in tutto l’Occidente, ha pervaso e colonizzato le nuove generazioni e non trova resistenza nella cultura politica di ogni colore. Nel nuovo capitalismo post borghese e finanziario, privo di etica e religione, predatorio e antiumano, si è generata l’ideologia dell’individuo come soggetto-padrone assoluto e portatore di una idea di libertà illimitata. Senza più vincoli sociali e comunitari di genere, ossessionati al delirio nichilista di onnipotenza profetizzato da Nietzsche, ormai alienati dalla consapevolezza, che la ricostruzione di una società sana non può prescindere dalla rivendicazione della nostra storia e civiltà a cui apparteniamo come popolo. Apparteniamo (nel nostro caso) alla civiltà latina e mediterranea e rivendichiamo il nostro polo nel mondo multipolare, con la sua storia, la sua filosofia, la sua antropologia umana e la coscienza del suo essere autentico. Dovremmo sperare nel declino del mondo unipolare per ricostruirne uno nuovo multipolare, dove non prevalgono i domini di sociologi, le scienze spirituali e culturali ma le scienze naturali che riconoscono il 97% degli umani come eterosessuali?
Scissione tra identità sociale e identità culturale Passiamo da un mutamento sociale all’altro con una scansione di innovazioni tecnologiche, scientifiche, sociali, finanziarie infinite. Manca la più importante non prevista quella politica. Non si intravede la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, non è prevista l’eguaglianza e i diritti sociali, né un’equa distribuzione della ricchezza tantomeno la piena occupazione, la fine della povertà, la fratellanza e la sacralità della vita. La negazione di queste mancate previsioni, ci sta traghettando verso una società tecnocrate barattata come “new society” e l’affermarsi di un paradosso che unisce l’avanzare della tecnologia e l’arretramento della società. La naturale reazione del cittadino medio a tutto questo o di chi mi ha letto fino in fondo, è una labirintite mentale insopportabile, che rivendica la propria vita e rifiuta queste fantasie e seghe mentali.
Sana aristocrazia e gerarchia naturale L’essenziale di una buona e sana aristocrazia è che essa non si avverta come funzione (regale e comunitaria), bensì come senso e come suprema giustificazione di queste, e accolga perciò con tranquilla coscienza il sacrificio di innumerevoli esseri umani che per amor suo devono essere spinti in basso e diminuiti fino a divenire uomini incompleti, schiavi, strumenti. (Nietzsche) Dovremmo quindi sentirci sudditi gaudenti?
Mario Pluchino
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2 commenti
Egregio Mario, con tutto lo sforzo e impegno ho letto con interesse e fatica, il suo intervento sul tema e concetto sulla parità tra i generi e della supposta teoria da lei diligentemente presentato. Come dice lei le informazioni ci inondano e vengono da ogni direzione, ma non ho capito se lei è a favore di quei movimenti che vogliono più diritti, o se esiste una ideologia gender, che lavora per altri scopi. Mi chiedo come mai lei è l’unico su questo sito che propone informazione alternativa, dato che la redazione si adatta e produce narrative mainstream. Grazie
Gentile Luca, la ringrazio che legge con impegno e interesse il mio attivismo da tastiera, e ciò non può che lusingarmi. Il mio dissenso è palese nel rivendicare la parità dei diritti delle donne, che purtroppo latita senza un cambio tangibile all’orizzonte e del martellante frastuono delle sempre più numerose iniziative a ogni livello sociale, legale e culturale del genderismo. Non sono tanto i diritti ancora negati all’inclusivi o fluidi o come si preferisce chiamarli che disapprovo, ma di tutti quelle azioni che con il tacito consenso di noi cittadini, e contro le costituzioni ci vengono negati a noi maggioranza. Esempio lampante il Pride 2024 svolto sabato a Roma, in cui 1 Mio di persone, oltre la segreteria del Pd Elly Schlein e il deputato dem Alessandro Zan, hanno rivendicato i diritti di queste minoranze, mentre durante la pandemia o nei cortei studenteschi pro-Palestina finiva spesso a manganellate e nessun rappresentante politico era presente. Ho spiegato in modo esaustivo la differenza tra la definizione biologica e quella ideologica di tali movimenti, per cui dovrebbe essere abbastanza chiara la mia posizione, che non è discriminatoria ma solo per coloro che hanno i paraocchi, non riconoscono un chiaro disegno politico e ideologico dettato da interessi economici e infine transumanesimi come ho scritto in altri miei interventi. Riguardo alla bulimia mediatica, fa parte del creare caos, incomprensione e divisione, che porta poi a un disinteresse generale sui temi in questione o sulle supposte emergenze create in modalità prestigiatore, che nascondono sempre una mano che cambia e decide le nostre vite mentre l’altra distrae. Riguardo al mio apparente impegno divulgativo senza riscontri in questo sito italo-svizzero, le cito il pensiero del filosofo John Stuart Mill: La libertà di sostenere un’opinione non è soltanto una condizione del buon confronto, ma è anche l’unica condizione che ci permette di fare dei ragionamenti veri, e che quindi di conseguenza ci dà la possibilità di fare delle azioni buone. Aggiungo che a differenza di quello che si crede, non è quindi l’assenza di discussione che fortifica un’opinione, ma è l’abbondanza di confronto che dà il diritto a un’idea di essere chiamata verità. Ma questo dipende unicamente dai singoli lettori, dalle loro capacità intellettive e interesse, cui io non ho potere. Ringrazio sempre La Pagina che mi permette di esprimere le mie soggettive verità, e non mi sento di giudicare nessuno che la pensi diversamente.