Caro Direttore,
I giornali, si dice, campano sulle brutte notizie. Fortunatamente, accadono di tanto in tanto avvenimenti belli e significativi, che meritano di essere pubblicizzati in maniera adeguata. Ecco di seguito una bella notizia: a Zurigo sono partiti i lavori di ristrutturazione della Casa d’Italia, dopo anni di inerzia e di abbandono. Lo abbiamo appreso ascoltando alcuni giorni or sono la presentazione del progetto dei lavori, nel corso di un incontro cui hanno preso parte l’ambasciatore a Berna Lorenzo Cornado assieme all’ex titolare dell’ufficio consolare Zurighese Giulio Alaimo e all’attuale Console generale Mario Baldi.
Forse, è poco noto, ma il vasto edificio che ospita la Casa d’Italia non ha soltanto un valore affettivo per la comunità degli italiani qui residenti, che ad esso guardano da sempre come a un imprescindibile punto di riferimento, ma è anche un pregevole esempio di architettura italiana a Nord delle Alpi. Una utile prospettiva, sul passato e sul presente della Casa d’Italia, ci è stata offerta negli anni scorsi da Tindaro Gatani, uno storico valoroso, col suo libro: ”La Casa d’Italia di Zurigo”, che mi permetto di raccomandare all’attenzione dei lettori de La Pagina.
Vorrei aggiungere una annotazione che è critica, ma anche, in qualche modo, autocritica. Nel presentare il progetto per i lavori di ristrutturazione della Casa d’Italia, non si è parlato di colui che ne è stato, in una certa misura, il maggiore protagonista. Parlo dell’ex console generale Francesco Barbaro, il quale nel 2016, alla vigilia del suo ritiro dal servizio, riuscì a stroncare il progetto di alienazione della Casa d’Italia e la sua trasformazione in un centro commerciale. Siffatta iniziativa era stata prospettata al Ministero degli esteri dall’allora ambasciatore a Berna, che agiva apparentemente d’intesa con un gruppo di cosiddetti imprenditori italo-svizzeri. È facile immaginare le ricadute economiche di un progetto di impronta squisitamente commerciale: Il ritorno economico sarebbe stato presumibilmente di decine di milioni di euro, ma per la collettività italiana si sarebbe trattato di una perdita irrimediabile.
A me sembra giusto rendere ora omaggio all’azione di quel valoroso funzionario.
Molto cordialmente,
Gerardo Petta
Le lettere nella rubrica “Scrive chi legge” riflettono l’opinione dell’autore e non necessariamente il parere della redazione. Gli articoli impegnano solo la responsabilità degli autori.
2 commenti
Questo signore che scrive molto non era o è il presidente dei comites?
perché non pensa ai problemi che interessano davvero a noi italiani in Svizzera, invece di inumidire le parti basse degli altri. Ci sono corsi di lingua e cultura italiana che non sono neanche iniziati e stiamo qui a farci i complimenti…
Ritengo che la signora che ha scritto il commento (con tutto il rispetto), si alquanto pretenziosa e poco gentile. Come se i Comites potessero smuovere le acque della burocrazia italiana in modalità austerità per il sociale e attiva nel business imposto da Bruxelles o USA. Poi di cosa parliamo quando si riferisce “ai problemi che interessano davvero a noi italiani in Svizzera”? Sarei grato come penso a nome di altri addetti ai lavori, di vedere una lista dei suddetti problemi, ma sopratutto in cosa la signora Angela si è impegnata negli ultimi anni. È troppo facile lamentarsi e poi denigrare una notizia come quella della Casa d’Italia, come se avessimo noi tutti dimenticato le mancanze da parte di tutti i responsabili in questi ultimi 7 anni, da quando l’edificio è stato chiuso a noi comunità italiana. Mi fa specie sapere che pochi fossero a conoscenza della tentata vendita dell’edificio per farne un centro commerciale. Se Petta lo sapeva perché come altri hanno taciuto questa scandalosa notizia? Cosa si intende poi che il restauro della Casa d’Italia è un momento significativo per la comunità italiana a Zurigo? Significativo per il consolato e gli incontri culturali per presentare libri o promotori dell’Made in Italy? Cosa ne sarà delle associazioni e del bar e salone, punti di vero incontro di noi plebe ormai atomizzati e scomparsi proprio per le azioni dei vari rappresentanti? È tutto un mangi mangia avrebbe detto Benigni quando ancora non era un comico schierato e politicizzato. Ormai gli incontri tra noi italiani si contano sulla mano, e avendo tutti la streaming box e Internet, perché dovremmo incontrarci, noi ormai imborghesiti e assimilati alla realtà autoctona? Non mi interessa più di tanto, avendo visto che negli anni in cui venne furtivamente chiuso l’edificio, eravamo in quattro ad avere creato un gruppo di protesta, mentre il resto della “decantata” comunità era tutta in modalità struzzo. Rimangono solo i ricordi della mia generazione e dei tanti bei momenti vissuti nella (ormai) “nostra” Casa d?Italia.