Ancora si cercano i dispersi, si dice circa 2000, ma sono conti approssimativi. Dopo sei giorni dalla tragedia, Velencia è ancora sotto una coltre di fango e i cittadini si sentono vittime non solo contro le intemperie che li hanno travolti, anche contro l’incuria e contro i ritardi nel diramare l’allerta rosso. Il problema imminente adesso è riportare la città agibile, ripulire le case e gli ambienti dal fango e dai detriti ma soprattutto cercare i dispersi. La complicazione è che non si sa dove cercarli, oltre al tunnel dove si sono accatastate le macchine con a bordo i passeggeri che lo attraversavano, si sta lavorando nel vasto garage sotterraneo di uno dei più grandi centri commerciali di Valencia che è diventato un vero e proprio cimitero. Ma bisogna ancora svuotare diversi box e posteggi di altri centri commerciali e si cerca anche lungo la spiaggia di Valencia, dove i corpi sono stati trascinati dalle acque che si sono ritirate, e nelle fiumare che hanno inghiottito i corpi di chi transitava con i veicoli o a piedi sul ponte distrutto dalla furia delle acque e fango.
Così il popolo si accanisce contro le istituzioni che all’indomani dalla tragedia hanno raggiunto i luoghi più devastati. Urlano in coro “assassini”, contro il premier Pedro Sanchez preso a bastonate che è costretto a scappare in macchina, contro le lacrime della regina Letizia colpita da una palla di fango e contro il re Felipe a cui, dei giovani che sono riusciti ad accerchiarlo, gli hanno urlato che si potevano salvare delle vite, ma nessuno delle autorità ha fatto nulla, “abbiamo dovuto fare tutto noi”. Nel momento più complicato della tragedia mancano i soldati, mancano le forze dell’ordine, mancano gli aiuti dall’alto. Perché il popolo, invece, si è mosso da subito: un fiume di persone, che imbracciando un qualsiasi strumento utile, avanzava contro il fiume di fango che li ha travolti.
Anche i social si accaniscono contro le istituzioni e un post su tutti, divenuto virale, riassume l’umore e la rabbia della comunità valenciana: c’era più polizia a proteggere il Re, che non ad aiutare la popolazione a ripulire le strade o recuperare gli scomparsi, dice una utente su un noto social e avverte che quello che è accaduto nell’accoglienza al Re e al Premier in visita a Valencia è ancora troppo poco, rispetto a quello che è accaduto alla popolazione.
La tragedia di Valencia riaccende potente la polemica della necessità imminente della transazione ecologica e mette di fronte al fatto che siamo fortemente in ritardo con le azioni per contrastare tali cataclismi. Il cambiamento climatico è davanti agli occhi di tutti, questi fenomeni diverranno sempre più consistenti e se adesso è toccata alla Spagna, prima ancora anche all’Italia – non sono poi così lontane dalla nostra memoria le alluvioni che hanno coinvolto alcune regioni italiane, anche se con esiti meno funesti di questa tragedia spagnola – non sappiamo a chi altri potrà colpire la prossima volta e con quale forza di devastazione. Però sappiamo che è necessario intervenire e se le soluzioni che portano alla conversione ecologica hanno tempi troppo lunghi per dare dei risultati imminenti, allora bisognerà concentrassi sui piani di riqualificatone dei territori e contro il dissesto idrogeologico.
“Nessuno era preparato per una catastrofe come questa”, ha detto, il re Felipe alla folla che lo incalzava infuriata. E allora è questo, bisogna prima di tutto prepararsi e mettersi in allarme ancora prima di trovarsi nel bel mezzo dell’allarme. Ma soprattutto bisogna premurarsi di dare l’allarme in tempo.
Redazione La Pagina