In Medio Oriente i colloqui a cadenza quindicinale tra palestinesi e israeliani – l’ultimo vertice si è svolto a Sharm el Sheikh, in Egitto, a metà della settimana scorsa – procedono “con ottimismo” ma senza risultati. Le parti continuano a essere in disaccordo su tutto, ma uniti nel proseguire i negoziati con l’obiettivo di raggiungere un accordo entro un anno. Dunque, niente di nuovo.
La novità, invece, viene dalla vecchia Europa, che la settimana scorsa ha conosciuto uno dei momenti più polemici in seno all’Unione tra la Francia e la Commissione, in particolare prima tra il Presidente francese Nicolas Sarkozy e la commissaria alla Giustizia, la lussemburghese Viviane Reding, e poi tra il primo e il Presidente José Barroso. Materia della polemica? Lo smantellamento dei campi nomadi illegali e le espulsioni dalla Francia dei rom.
L’antefatto è presto descritto, seppur sinteticamente. In Francia, dove i problemi legati alla sicurezza e alla criminalità hanno raggiunto livelli di allarme, causati dalla presenza massiccia dei clandestini, esistono circa 400 mila rom, raggruppati in campi di varie dimensioni che ospitano un centinaio di membri o anche di più. Nella stragrande maggioranza dei casi – come del resto avviene in altri Paesi tra cui l’Italia – si tratta di persone che non hanno un lavoro fisso, in genere raccolgono metalli per poi rivenderli o più spesso si danno al furto.
Inoltre, i campi sono sovente illegali, cioè non autorizzati, per lo più spazi o vecchi depositi occupati arbitrariamente, con condizioni igieniche precarie, per non dire inesistenti, con allacci abusivi alla rete elettrica. Insomma, il governo, di fronte alla situazione preoccupante della sicurezza e dell’ordine pubblico, ha deciso di affrontare di petto la questione sicurezza, all’interno della quale c’è anche quella dei rom.
In particolare, riguardo a questi ultimi si è aggiunto anche il conflitto con la popolazione locale per lo stato di degrado dei campi, per l’insicurezza dovuta ai furti e per il disturbo della quiete pubblica durante la notte.
Insomma, il Presidente francese non ha usato mezze misure e ha dichiarato: “Smantelleremo tutti i campi illegali senza guardare a chi li occupa. Non vogliamo che intere famiglie vivano in bidonville. È una condizione non degna dell’Europa e della Francia”. Dalle parole ai fatti, per cui centinaia di rom in condizioni di illegalità sono stati rimpatriati e continueranno ad esserlo.
Questa operazione ha suscitato le ire dell’Unione e in particolare della commissaria alla Giustizia Viviane Reding, la quale ha rilasciato una dichiarazione in cui si faceva allusione non troppo velata alle deportazioni naziste.
In sostanza, la commissaria alla Giustizia si è appellata alla legislazione europea che condanna ogni atteggiamento discriminatorio verso minoranze etniche o di altro genere, tanto più che i rom provengono da Paesi membri dell’Unione.
La dichiarazione è stata poi corretta dalla stessa commissaria, non prima però che Sarkozy le si rivolgesse in toni perentori invitandola ad accogliere i rom in Lussemburgo.
La polemica tra Sarkozy e Viviane Reding, successivamente, nel corso del vertice dei capi di Stato e di governo, non si è placata, ma è continuata più veemente di prima.
Il presidente Barroso, infatti, aveva giudicato fuori dalle righe le allusioni di Viviane Reding, ma in sostanza le ha dato ragione. Ha detto: “La commissaria alla Giustizia e Diritti fondamentali è andata un po’ oltre, ma le discriminazioni contro le minoranze etniche sono inaccettabili. La Commissione ha il dovere di proteggere la legge dell’Unione”. Se la presa di posizione della Commissione europea si spiega in nome della legislazione, la risposta del Presidente francese è stata dello stesso tono e cioè che la Francia continuerà a smantellare i campi illegali, con ciò ponendo una questione di sicurezza e ordine pubblico che sono problemi di competenza nazionale.
Nel corso del vertice europeo Sarkozy ha trovato nel premier italiano un alleato e un amico. Infatti, Berlusconi ha rotto l’isolamento francese schierandosi dalla sua parte e ponendo il problema dell’immigrazione clandestina come questione europea e non nazionale.
In sostanza, il presidente del Consiglio italiano ha detto che l’immigrazione non può continuare ad essere un problema scaricato sui Paesi dove approdano i clandestini, dell’Italia, della Francia, della Spagna, di Malta e della Grecia, ma deve essere un problema di tutta l’Unione che deve impiegare mezzi e risorse per affrontarlo. Secondo il premier italiano “occorre una solidarietà e una forte politica europea in materia di immigrazione e di circolazione delle persone, improntata al rispetto delle leggi, al principio di solidarietà dei Paesi membri e al principio di leale collaborazione fra istituzioni comunitarie e Stati membri”.
Berlusconi ha avuto il consenso convinto oltre che della Francia anche della Repubblica Ceca e dell’Ungheria. Il Presidente francese lo ha ringraziato dicendo “non lo dimenticherò”.
L’impressione è che di questo problema si parlerà ancora per molto. È vero che i rom sono cittadini europei, ma è anche vero che oltre ai diritti ci sono i doveri. La Francia ha posto perentoriamente il problema della sicurezza e dell’illegalità, ma non ci vuole molto ad immaginare che presto anche in altri Paesi, se non si vuole continuare a legittimare situazioni di degrado, si adotterà la linea dura, per esempio in Spagna (700 mila rom), nella Repubblica Ceca (225 mila), nel Regno Unito (300 mila), in Slovacchia (400 mila) e anche in Italia (140 mila).
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