
Il quarto giorno di una nuova guerra, quella tra Israele e Iran, non promette nessun miglioramento della situazione geopolitica mondiale, anzi l’aggrava. Dall’attacco israeliano di venerdì si contano oltre 1.400 tra morti e feriti in Iran, mentre la Guida Suprema, Ali Khamenei, è stata evacuata in un bunker sotterraneo nel nord-est di Teheran già poche ore dopo l’inizio dei raid israeliani iniziali.
Eliminare la Guida Suprema dell‘Iran, al potere del 1988, potrebbe essere un obiettivo di Israele.
Nel frattempo un‘altra notte di attacchi incrociati, con morti e feriti tra i civili, aggrava il bilancio di un conflitto iniziato da Israele perché l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha lanciato l‘allarme che l’Iran sta arricchendo l’uranio a un livello superiore a quello dichiarato e tale da avvicinarlo alla possibilità di costruire la bomba nucleare, cosa non permessa dal patto di non proliferazione nucleare a cui deve sottostare. Se l’Iran si dotasse di ordigno atomico, diventando quindi una potenza nucleare mondiale, verrebbero sovvertiti tutti gli equilibri geopolitici della regione e Israele perderebbe il predominio strategico. Netanyahu ha affermato che cosí facendo sta difendendo la libertà “del Medio Oriente e non solo, lo stiamo facendo contro contro il regime iraniano tirannico e radicale che vuole costruire bombe atomiche per poter minacciare chiunque e ovunque nel mondo“. Anche se c’è chi sospetta maliziosamente che sia un pretesto utilizzato ta Netanyahu per distogliere l‘attenzione mondiale da Gaza.
In un quadro già così disastroso il dato più paradossale è la trovata del Presidente USA di affidare un ruolo di mediazione a Putin, sapendo benissimo che l‘Iran è il fornitore ufficiale di armi in Russia. Sarebbe come legittimare le sue azioni di guerra e nello stesso tempo invalidare la condanna dei Paesi europei nei confronti delle posizioni del Presidente russo. E questo mentre è in atto il G7 canadese, quando già la presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen si è esposta in una conferenza stampa congiunta con il presidente del consiglio europeo Antonio Costa, a Kananaskis, dove ha “ribadito l’impegno della Ue per la pace e la stabilità in Medio Oriente”, ha “riconosciuto il diritto di Israele a difendersi“ e “sottolineato che l’Iran, principale fonte di instabilità nella regione non potrà avere mai armi nucleari”.
Un G7 che coinvolge da mezzo secolo Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti e, che con lo stravolgimento della situazione in Medio Oriente, ha dovuto cambiare l‘agenda del summit mettendo in una posizione di urgenza proprio la guerra tra Israele e Iran, seguita da tutti gli argomenti già in programma, quali gli altri conflitti in atto e i dazi americani.
Con questa nuova trovata di Trump, di investire Putin della carica di mediatore del nuovo conflitto in Medio Oriente, in netta contrapposizione con gli umori di tutte le grandi potenze coinvolte al Summit, si minaccia anche il quadro di solidità del G7, già battezzato G6 + 1, dove il Presidente americano rappresenta l‘elemento più instabile e imprevedibile.
L’imprevedibilità e gli „umori alterni“ – come ha detto Elly Schlein – del Presidente degli USA sono l’ulteriore ostacolo che l‘Europa si trova ad affrontare, lasciando intravedere sempre di più le crepe di quell‘antica alleanza che i nuovi scenari di guerra stanno mettendo a dura prova.
Redazione La Pagina