
Siamo passati dal “non è possibile pagare il 10% dei dazi!” al “che fortuna, pagheremo solo il 15% dei dazi”. Tra il primo pensiero e il secondo c’è stata una trattativa tra Ue e USA voluta da Trump e subita dall’Ue. In verità Trump mettendo i dazi al 30% con l’ultimatum fino al 1° di agosto per ripensarci, ha volutamente messo l’Ue nelle condizioni di richiedere un accordo, di rivedere la proposta. Dal canto suo, l’Ue a quelle condizioni ha bramato per delle negoziazioni e per cercare di riparare il sanabile. A vedere il risultato potremo dire che la partita si sia conclusa in parità… dopotutto 15% è la metà di 30%. Ma questo lo può dire solo Trump, che tanto qualsiasi cosa dica viene accettata per buona. Però se andiamo a riveder bene in cosa consiste l’accordo, possiamo notare che le condizioni non sono poi così favorevoli per l’Ue.
Definiti “Sostenibili” i dazi al 15% da Giorgia Meloni che però afferma anche che bisogna aiutare i settori più colpiti… allora c’è qualcosa che subirà un duro colpo da questa nuova tariffa doganale “sostenibile”. Lo sanno bene alcuni leader industriali tedeschi che invece parlano più esplicitamente di effetti “immensi e negativi” sugli export orientati verso gli USA. Non è un caso, infatti, che dal punto di vista macroeconomico la Commissione Ue ha già abbassato le stime di crescita del 2025 da 1,3% a 0,9%. C’è altro? Certo! L’Ue si impegna altresì all’acquisto di 750 miliardi di $ di gas, petrolio, combustibile nucleare – quindi maggiore dipendenza dall’energia americana – e di investire circa 600 miliardi di $ in progetti negli USA. Ma qualcosa dovrà pur averci guadagnato l’Ue da queste trattative… Beh manteniamo i buoni rapporti con gli USA – che con una scheggia impazzita come Trump non è male – e una certa continuità nel mercato americano; per non parlare del fatto che abbiamo evitato dazi più pesanti e di intaccare la stabilità politica dell’Unione. Che importa se le tariffe doganali subiranno un aumento del 15% che avrà un notevole impatto sugli esportatori e sulle imprese? O se dovremo affrontare impegni finanziari di una certa consistenza?
Quando succede che le cose non vadano bene ma sarebbe potuto andare peggio, ci concentriamo su chi sta non sta messo meglio.
Sembra impossibile, ma in questo momento la Svizzera non è in una posizione migliore poiché non facendo parte dell’Ue non può beneficiare degli accordi tra USA e Ue, dunque attualmente la Svizzera è soggetta alla tariffa del 31-32% sulle esportazioni in USA (momentaneamente sospesa al 10%), mentre è in attesa dei negoziati risolutivi. Se le cose non muteranno, la Svizzera rischia una riduzione delle esportazioni in USA e di conseguenza della crescita del PIL. Ma la Svizzera è ancora in tempo per raggiungere un accordo e azionare un paracadute di emergenza sulla situazione rafforzando i legami economici con l’Ue, vedremo come agirà il governo elvetico.
In Italia, adesso che i giochi sono fatti, piovono critiche e soprattutto stime su quello che comporterà una tale tariffa dove è soprattutto il Made in Italy a risentirne fortemente. Secondo Confindustria, l’impatto stimato sull’Italia potrebbe raggiungere i 23 miliardi di € tra esportazioni dirette e mancate opportunità. Confartigianato parla esplicitamente di “tassa sproporzionata” soprattutto per le piccole e medie imprese per le quali sono richieste contromisure adeguate. Una situazione tutt’altro che “sostenibile”, come invece afferma la presidente del Consiglio.
Tutto di guadagnato in USA? In generale sì, Trump ha fatto bene i suoi conti ottenendo entrate tariffarie alte, stabilità commerciale e flussi di investimenti garantiti. Certo gli americani dovranno pagare di più se vorranno acquistare prodotti dall’Ue, ma questo potrebbe spingere la popolazione a rivolgersi principalmente a prodotti nazionali favorendo l’economia locale… ci siamo intesi!
Redazione La Pagina