La condanna della mafia, il segno di speranza che molti si attendevano dal viaggio del Papa a Palermo, c’è stata: chiara e netta, sottolineata dagli applausi e dalle grida di migliaia di giovani giunti da tutta la Sicilia.
E Benedetto XVI l’ha sottolineata con un gesto altamente simbolico: una sosta a sorpresa sul luogo della strage di Capaci, dove ha lasciato un mazzo di fiori e una silenziosa preghiera per il giudice Falcone e le persone morte con lui.
E anche prima, pronunciando più volte i nomi di don Giuseppe Puglisi e del giudice Livatino, entrambi vittime delle cosche mafiose e adesso in odore di santità.
“Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo”, ha detto ai circa 20 mila giovani che lo attendevano in piazza Politeama, al termine di una intensa giornata che lo ha visto celebrare la messa e l’Angelus al Foro italico, incontrare prima i vescovi e poi il clero in Cattedrale e, dopo l’incontro con le nuove generazioni, fermarsi, in una sosta fuori programma, a Capaci, prima di ripartire per Roma.
Ovunque, una calda accoglienza, favorita da un sole senza ombre. Solo un breve saluto all’arrivo in aeroporto al presidente del Senato Schifani e al ministro della Giustizia Alfano; assente Gianni Letta che quasi sempre accoglie il pontefice nei suoi viaggi in Italia.
Poi, l’arrivo tra due ali di folla al Foro Italico. Sindaco e arcivescovo di Palermo gli promettono il loro impegno, assicurando che la città non è rassegnata alla malavita e che giovani e famiglie di fede sono pronti a ridare speranza all’isola e all’Italia. Nell’omelia, Benedetto esprime la sua vicinanza, con parole di incoraggiamento, e spiega che la fede non ammette rassegnazione, anche nelle situazioni più difficili. “Non abbiate paura – ha affermato nell’omelia – di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani e non pensiate – ha aggiunto – che contro il male non ci sia nulla da fare”. E non sono i “giusti” a doversi vergognare della propria fede, ma “ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare – ha insistito – del male che si arreca alla comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce”.
Riaffiorava tra i fedeli il ricordo dell’anatema pronunciato da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi nel 2003: “Convertitevi” aveva detto ai mafiosi, invocando il giudizio di Dio contro la “civiltà della morte”. E qualcuno, a fine messa, aveva espresso un po’ di delusione per il fatto che Benedetto XVI avesse preferito parlare di “criminalità organizzata” senza pronunciare la parola “mafia”.
Nubi fugate, anche tra la folla che ha riempito le strade di Palermo, già in quel riferimento, nell’incontro con il clero, al “barbaro assassinio di don Giuseppe Puglisi”, “ucciso dalla mafia” e ora additato a “eroico esempio”, anche se la causa per la sua beatificazione ha subito una battuta d’arresto. Nubi cancellate, poi, dalle ovazioni dei giovani all’ultimo appuntamento, in quella affermazione sulla mafia “incompatibile con il Vangelo”.
Chiaro, infine, il messaggio di speranza lasciato da Benedetto XVI in Sicilia: “Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale – ha detto – che sono difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare del Sud d’Italia”.
Lo stesso Sud dal quale oggi, a Palermo, si muovono tanti giovani e famiglie “che scelgono la via del Vangelo”, facendosi così “segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia”.
Infine, poco prima di salire sull’aereo, la sosta a Capaci lontano dalle telecamere, resa nota solo a cose fatte. “Il Papa – ha precisato un comunicato della Santa Sede – ha voluto che il corteo si fermasse a Capaci, nel punto dove avvenne il tragico attentato contro il giudice Giovanni Falcone e la sua scorta”. Dimenticando, forse per una svista, che nell’attentato morì anche la moglie di Falcone, Francesca Morvillo, sposata in nozze civili.
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