Giorgio Napolitano ritiene che la mancata estradizione di Cesare Battisti sia dovuta anche all’incapacità della cultura e della politica italiana di trasmettere il significato vero degli anni del terrorismo in Italia.
Napolitano ha preso spunto dal commosso ricordo di Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini, commemorati da Sergio Zavoli come due grandi figli di Ravenna, due persone provenienti da culture e storie diverse fra i quali si era instaurata una grande amicizia umana e politica. Napolitano si è chiesto se non corriamo il rischio che si disperda la memoria e la consapevolezza dei rischi che corse l’Italia negli anni della lotta al nazifascismo e dell’attacco terroristico alla Repubblica.
“Questo rischio esiste ed è grave. Vicende tristi dei giorni scorsi – ha detto – ci inducono a pensare che non siamo riusciti a far comprendere anche a paesi amici, vicini e lontani, cosa abbia significato per noi quella vicenda del terrorismo e quale forza straordinaria sia servita per batterlo. Forse è mancato qualcosa nella nostra cultura e nella politica, qualcosa in grado di trasmettere alle nuove generazioni cosa accadde davvero in quegli anni tormentosi (il riferimento in particolare al sequestro di Aldo Moro, ndr) che Benigno Zaccagnini superò con straordinaria tempra, dolore e coraggio”.
Napolitano ha anche invitato a riflettere sullo straordinario legame umano e politico che si stabilì con amicizia fra Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini.
“È mancato qualcosa, ma si é trattato di una ‘lacuna’ della politica nel suo complesso, ‘non certo riconducibile agli ultimi tre anni’”: intervistato da Repubblica, il ministro degli Esteri Frattini commenta così le parole del Presidente Napolitano, secondo cui la mancata estradizione di Cesare Battisti é dovuta anche all’incapacità della politica italiana di trasmettere il significato vero degli anni del terrorismo. E sottolinea quindi che il Quirinale non chiama in causa l’attuale esecutivo.
In questi giorni, Napolitano ha lanciato messaggi anche alla politica italiana, in primo luogo alla Lega, ricordando l’importanza, per chi governa, di riconoscersi nel tricolore.
“Mi auguro che l’esempio di questa città venga seguito altrove, in tutte le parti del Paese, come Milano, Venezia e Verona, affinché, al pari della Romagna, sappiano come divennero italiane”, ha infatti dichiarato riferendosi allo spettacolo-ricostruzione storica, messo in scena al teatro Fabbri di Forlì, che ha ricordato l’adesione della Romagna ai moti risorgimentali e all’Unità d’Italia.
“Questa iniziativa – ha detto il Capo dello Stato – ha permesso ai romagnoli di conoscere le proprie radici ed ha mostrato il contributo della Romagna al moto risorgimentale”. L’iniziativa, intitolata ‘Come fu che la Romagna divenne italiana’, é stata illustrata attraverso una ricostruzione per immagini e cenni storici dal sindaco di Forlì, Roberto Balzani. “Confido che nei prossimi mesi ci ritroveremo tutti, senza distinzioni di parte, nelle celebrazioni dell’Unità d’Italia”. E ancora: “È mio compito e dovere reagire ai rischi di divisione del Paese specialmente in questa fase delicata in cui l’Italia ha più che mai bisogno di coesione e slancio per reggere una sfida complessa ed impegnativa. È mio dovere rilanciare il patrimonio dell’Unità nazionale pur nel rispetto delle differenze e delle diverse posizioni”.
C’è anche un accenno al federalismo (la sua strada è contenuta “nei principi Costituzionali”) e un appello affinché aumentino gli sforzi per evitare “asprezze spesso eccessive”.
L’ultimo pensiero è ancora per l’Unità d’Italia: “Il nostro sguardo non è fermo a ciò che eravamo 150 anni fa. Vogliamo ripercorrere la storia di un passato che ci ha portato allo Stato unitario, ci ha fatto diventare protagonisti della storia europea. Lo facciamo per trarne motivi di orgoglio e fiducia che ci fortifichino per guardare il futuro insieme con le nuove generazioni”.
(ansa)
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