Siamo quasi a metà gennaio e ci avviciniamo al gioco a carte scoperte per verificare se la maggioranza potrà contare su una base più ampia di quella che ha dato la fiducia il 14 dicembre o se i numeri restano precari. In questo secondo caso, la Lega propende per le elezioni subito, pena un inutile logoramento.
La questione non è di poco conto dal momento che, se si vogliono fare le riforme, queste devono essere approvate con largo consenso, non andando alla ricerca di “volontari” di passaggio.
Tra il 17 e il 23 gennaio, dopo i primi tre decreti attuativi già approvati che compongono il quadro del federalismo fiscale (federalismo demaniale, Roma Capitale e fabbisogno standard dei Comuni e delle Province), altri cinque decreti andranno approvati, tutti importanti, perché riguardano il fisco municipale, il fisco regionale, provinciale, i costi standard nella sanità, nonché l’armonizzazione dei bilanci pubblici degli enti territoriali, i meccanismi di governance e infine la “perequazione infrastrutturale”, cioè gli interventi per lo sviluppo delle “aree sotto utilizzate”. È evidente che si tratta di riforme molto complesse e importantissime, come quelle sul possesso degli immobili, sugli affitti e sull’evasione fiscale.
Ecco quello che il ministro Roberto Calderoli ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera: “Scoveremo i furbi della prima casa (quelli che hanno intestato le seconde ed altre case ai figli e ai parenti per farle apparire come prima casa, ndr), faremo una stretta sull’accatastamento delle abitazioni abusive per chi non si mette in regola entro febbraio, eviteremo i vantaggi per i comuni turistici e sulla cedolare secca introdurremo dei bonus anche per chi è in affitto e per le famiglie (anche gli inquilini, insomma, avranno la detrazione fiscale sugli affitti in modo che sia conveniente per loro chiedere un contratto ufficiale e far emergere così l’evasione, ndr)”.
Il ministro ha dichiarato anche che “il federalismo fiscale ha senso se si inquadra in una riforma complessiva” del fisco, a cui stanno lavorando lui e Tremonti, e che ci vuole “una maggioranza davvero molto ampia e un nuovo clima politico perché è una riforma che coinvolge tutti”.
Calderoli è ottimista, perché ha lavorato tanto anche durante le vacanze natalizie per approntare dei decreti che cambieranno il volto dell’Italia, raccogliendo le proposte di alleati, amici ed avversari, e che siano “punto d’intesa soddisfacente per gli interessi del Paese”.
Il ministro, nell’intervista citata, ha fatto riferimento alle proposte di Mario Baldassarri, ex vice di Tremonti che, su La Stampa di qualche giorno prima, aveva dichiarato che avrebbe votato i decreti fiscali non in obbedienza ad uno schieramento, ma solo se questi corrisponderanno agli interessi del Paese, aggiungendo varie proposte, poi accolte dal ministro Calderoli con un riconoscimento ufficiale.
Dunque, si profila una manovra avvolgente da parte del governo che apre alle proposte “serie” delle opposizioni e che comunque opera per rendere autosufficiente la maggioranza con “la terza gamba” dei “responsabili”, di quei deputati provenienti da altre formazioni disponibili a costituire gruppi parlamentari autonomi e facenti parte di una più ampia federazione che appoggia la maggioranza di governo, appunto “la terza gamba”.
È ciò su cui è tornato a parlare il premier negli ultimi giorni: i nomi di questi moderati “responsabili”, coordinati dall’ex Fli Silvano Moffa, verranno resi noti a breve.
Chi, però, si aspetta un cambiamento di rotta da parte del ministro dell’Economia, si sbaglia di grosso. Giulio Tremonti ha dichiarato che “la crisi non è finita” e che il rigore continua ad essere la bandiera del risanamento, bandiera che è la stessa di Berlusconi, ma che a sua volta ha invitato a favorire i segnali di ripresa che ci sono.
L’opposizione del Pd si trova in un momento difficile, perché una parte del partito, la minoranza riformista di Veltroni, di Fassino, di Morandi e di altri, approva Marchionne e critica la Fiom, mentre la maggioranza è divisa su questo tema e anche su altri, come la questione delle primarie e delle alleanze.
Stretto tra la sinistra radicale di Vendola e di Rifondazione, a cui guarda una parte consistente del Pd, quella di estrazione comunista, e le sirene dei centristi, a cui sono sensibili Fioroni, Veltroni e Renzi (tra quelli più noti), il Pd sembra riproporre le stesse divisioni che c’erano nel Psi pre e post craxiano, divisioni che o trovano un uomo forte che le includa in una linea chiara e lineare di autonomia oppure sono destinate a diventare fossati incolmabili fino alla rottura.
Fioroni, a proposito dei temi etici, ha chiaramente e pubblicamente detto che voterà contro la linea del partito e che se la maggioranza continuerà a guardare a sinistra ci saranno conseguenze “serie”, già dalle prossime settimane.
L’antiberlusconismo non basta più per tenere insieme le varie anime del Pd, senza contenuti e proposte moderne e credibili non si va lontano. Sono in pochi ad aver capito che più che con gli occhi dell’ideologia la realtà del lavoro e dell’industria va guardata con la necessità di salvare il lavoro e di accrescere l’occupazione in un periodo di crisi che rimette in gioco tutte le vecchie certezze.
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