Le notizie che dalle regioni centrali del Paese giungono fino a Tunisi sono drammatiche, con scontri nelle strade che hanno causato, tra sabato 8 e domenica 9 gennaio, 14 morti secondo fonti governative, 28 secondo altre testimonianze, fino a 50 stando al sito online della radio tunisina Kalima. Ma la capitale sembra registrarle con ostentata indifferenza.
Le autorità affermano che si tratta di legittima difesa da parte della polizia, che si è trovata attaccata da individui armati di molotov, pietre e bastoni. “Numerosi agenti sono rimasti feriti, di cui 3 in modo grave”, si legge in un comunicato del governo. Nella nota si aggiunge che la polizia ha aperto il fuoco dopo aver proceduto a spari di avvertimento per impedire ai manifestanti di attaccare edifici governativi.
La domenica è passata tranquilla nel centro, con i negozi chiusi, il vuoto lasciato dalla partita che si gioca allo stadio e tanti agenti in borghese a tenere d’occhio la situazione.
Eppure, informa appunto lo stesso governo in un comunicato, 14 persone sono morte nelle ultime 24 ore nelle località del nord-ovest, Thala e Kasserine. E anche la tv di Stato ha trasmesso per la prima volta un’edizione straordinaria con un servizio sugli scontri nell’interno del Paese.
Ma un leader dell’opposizione Ahmed Nejib Chebbi, capo del Pdp (Partito democratico progressista) e candidato alle ultime presidenziali, aveva già lanciato l’allarme parlando di almeno 20 morti nelle due località, rivolgendo un appello al presidente Zine Abidine Ben Ali affinché desse alla polizia l’ordine di non sparare più. Deve “far cessare il fuoco – ha detto – per risparmiare la vita di persone innocenti e rispettare il loro diritto a manifestare”.
Appelli analoghi giungono anche dall’Udu (Unione democxratica unionista), un altro partito d’opposizione che ha otto seggi in Parlamento, dal Movimento Ettajdid (un seggio in Parlamento) e dalla Lega per la difesa dei diritti umani (Ltdh). Quest’ultima ha chiesto di “rimandare l’esercito nelle caserme”.
Ancora più grave il bilancio che trae il giornalista e blogger Zied el-Heni, una lunga storia anche per lui all’opposizione se è vero che il suo blog è stato censurato, dice, ben 180 volte.
“I morti nelle ultime 24 ore sono almeno 28 – precisa – 17 a Kasserine, 3 a Rgeb e 8 a Thala, due dei quali mentre partecipavano ai funerali di altre vittime”. “Fra i morti di Rgeb – aggiunge – anche una bambina che stava tentando di soccorrere un ferito”.
Quanto a coloro che hanno perso la vita dandosi fuoco, sono quattro finora, e fra questi anche un diciassettenne di una scuola ad Ariana, sulla costa orientale. Aveva partecipato ad una manifestazione con gli studenti del suo liceo e sarebbe stato punito. “È morto venerdì – dice il blogger – due giorni dopo essersi immolato”.
“E la gente continua a manifestare – aggiunge ancora el-Heni – o almeno tenta di farlo. Ma la gente va in strada non soltanto per protestare contro la disoccupazione e chiedere misure di sviluppo, ora lo fa anche contro la corruzione”. “Ormai la rabbia della gente ha superato il livello di guardia – dice ancora el-Heni – anche se non è ancora arrivata al punto di non ritorno”.
Insomma, il governo può fare ancora qualcosa per fermare l’ondata di proteste che da settimane continua in Tunisia: può porre fine alla “confisca dei diritti civili”, spiega, e può “cercare un dialogo con tutti i soggetti del Paese e con la vera opposizione, non limitandosi ad un monologo con partiti che non rappresentano nessuno, ma confrontandosi con chi ha idee diverse”. “A partire dal Pdp – spiega – e dai sindacati che hanno portato a Tunisi la protesta”.
Di un potere che, anche quando sta all’opposizione, non è più in grado di trovare ascolto tra la gente parla anche Moktar Tlili, giornalista e membro del PSl (Partito social liberale), che divide in due anche geograficamente il Paese.
“Ci sono due Tunisie, dice, quella più ricca della conta e “tutto un altro mondo, la Tunisia interna: qui mancano le infrastrutture, l’agricoltura è ridotta a zero dal clima arido e domina la disoccupazione. Ma qui arrivano anche i canali satellitari del Golfo, impregnati di immagini di guerra e di politica mediorientale.
“Per la prima volta vediamo la gente che si dà fuoco, un fenomeno estraneo al nostro Paese, che viene dalla televisione”.
“Insomma”, conclude, “il gesto di chi si immola cospargendosi di benzina non è troppo lontano da quello di chi si fa esplodere negli attacchi suicidi in altre parti del mondo arabo”.
(Ansa
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1 commento
Allons enfants de la Tunisie!!
I fatti recenti di Tunisi sono solamente i prodromi di quello che accadrà nelle capitali europee nei prossimi anni. Ho conosciuto il caratterino dei tunisini nei primi anni 80 quando terminati gli studi, andai a Tunisi per meccanizzare la BNT (Banque Nationale de Tunise) in Avenue Bourguiba.
Ho sempre apprezzato la loro fierezza, la voglia di libertà e l’intolleranza nei confronti delle ingiustizie Credo che i francesi abbiano contribuito non poco nel trasmettere loro la paura del giogo di “padroni” ladri di pollame e vigliacchi come i componenti della famiglia di Ben Ali, inquietanti analogie con Marcos e Imelda, ma qui la collezione di scarpe non centra.
Miserabili parassiti che hanno rubato a piene mani salassando di fatto un paese turistico e florido, molto vicino alla cultura laica e liberale europea.Giudicare i fuggitivi è cosa inutile, speriamo che qualche altro bastardo come loro non si appropri del posto vacante.
Certo che la fame è brutta cosa e distruggere di fatto un paese a causa dell’aumento di pane e latte è incomprensibile, come è potuto accadere tutto ciò a due passi dalla ricca e opulenta Europa?
Dettaglio non trascurabile, i Tunisini di fatto con la gravità della loro rivoluzione potrebbero aver spalancato le porte alla Sharia, la legge dei folli e delle tenebre, attention enfant!