La manovra di 47 miliardi di euro, giudicata positivamente dall’Europa da Mario Draghi e dagli esperti, dovrebbe essere approvata prima della chiusura delle Camere
Si può dire tutto quello che si vuole sulla manovra da 47 miliardi, spalmata in tre anni, per il pareggio del bilancio nel 2014, ad esempio che il prezzo pagato dalla politica è troppo debole rispetto a quelli che saranno i tagli alla spesa pubblica, ma è certo che sia il neo direttore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, sia la Commissione europea e gli esperti internazionali di economia hanno dato il loro via libera alla manovra italiana e questa è una buona notizia, perché i conti italiani sono sotto controllo.Prima della chiusura estiva delle Camere la manovra dovrebbe essere stata già approvata: il Parlamento potrà evidentemente discutere e modificare questo o quell’articolo, ma la cifra finale di 47 miliardi dovrˆ rimanere immutata. Il rigore viene coniugato con lo sviluppo: è quanto ha garantito il premier, e l’approvazione definitiva al Senato del disegno di legge sullo sviluppo, che dovrebbe dare la “sferzata” all’economia, contribuisce a rafforzare la convinzione che il traguardo sarˆ raggiunto.
Abbiamo detto che i tagli alla politica sono stati demandati ad una commissione che dovrˆ studiare la situazione europea in modo tale che si possa applicare la legge che dice che i costi dovranno essere pari alla sitivo che i tagli rispondano a che i partiti non hanno dato un buon esempio quando la mozione dell’Idv di abolire le provinCamera. Ha raccolto il voto favorevole solo dell’Idv e dell’Udc, la maggioranza l’ha respinta, e con i suoi voti, poteva decidere facendo pendere la bilancia dalla parte della bocciatura della mozione. Le province restano, dunque. Nel programma elettorale della maggioranza c’era l’abolizione delle province, ora, anche perchŽ la Lega vuole diventato carta straccia. Il Pd, che ha 40 presidenti di provincia (contro i 37 del Pdl), ha deciso di rompere con gli alleati (Di Pietro) e con l’Udc, pur di non creare una frattura al proprio interno.
Ma la situazione politica italiana, specie all’interno della fatta pesante perchŽ la magistratura napoletana ha emesso una serie di richieste di arresto che riguardano il deputato Pdl Romano Papa e il deputato Marco Milanese, consigliere politico di Giulio Tremonti. Questa seconda iniziativa della magistratura ha fatto emergere le polemiche che hanno investito la maggioranza a proposito della riforma del fisco. Come si Berlusconi e Bossi all’indomani della sconfitta alle amministrative parziali e ai referendum ad un Giulio Tremonti restio a fare ora la riforma in quanto per lui Insomma, la riforma costa e per vararla bisogna trovare i soldi.
La polemica, dunque, tra queste due linee – polemica poi superata con la presentazione della manovra e con i tagli che andranno a finanziare anche la riforma fiscale che dovrebbe far pagare meno tasse agli italiani a partire dalla prossima legislatura –giudizi e diffidenze personali, ma dopo l’assalto della speculazione internazionale ai conti ai ripari per difendere Tremonti dai sospetti che avesse tratto dei vantaggi dal legame con Marco Milanese. In realtˆ, Tremonti non ha ottenuto alcun vantaggio personale ed ha immediatamente lasciato l’appartamento messogli a disposizione a Roma dal suo ex consigliere a titolo di amicizia. Non si sono placate queste polemiche che la Corte d’Appello di Milano ha emesso la sentenza che va sotto il nome di “Lodo Mondadori”, con cui impone alla Fininvest il pagamento di 560 milioni di euro alla Cir di De Benedetti. te esecutiva, anche se quella finale sarˆ emessa solo dalla Cassazione, a cui farˆ ricorso la Fininvest. Le dichiarazioni sono di segno opposto. Da una parte, il gruppo di De Benedetti con la Repubblica e l’Espresso come corazzate che parlano di giustizia per “uno scippo” a suo tempo perpetrato e denunciato e dal premier sempre negato (la Mondadori), dall’altra la presidente di Mondadori, Marina Berlusconi, figlia del premier, che parla di “aggressione” della magistratura.
Ovviamente, i partiti di sinistra si sono schierati dalla parte di De Benedetti, il Pdl con il premier che, oltre che bersagliato dalla magistratura con accuse di vario genere e di varia gravitˆ, viene colpito nel patrimonio. Cinquecentosessanta milioni di euro, circa mille e cento miliardi di vecchie lire, rischia di compromettere la tenuta di un’azienda il cui valore non arriva minimamente alla cifra colossale prima indicata. Nella maggioranza si assicura che il momento sarˆ superato senza problemi. L’unica buona notizia per il e Scalia, che rafforzano la maggioranza e indeboliscono ulteriormente il partito di Fini.