La manovra bis è già in Commissione al Senato, i partiti studiano le modifiche
La manovra bis “lacrime e sangue” – che prevede, tra l’altro, tagli per quasi 9 miliardi agli enti locali, dimezzamento dei parlamentari, soppressione di circa 30 province e 1500 Comuni, tagli per 9,5 miliardi ai ministeri, contributo di solidarietà del 5% alla parte eccedente i 90 mila euro lordi e del 10% a quella eccedente i 150 mila – è approdata in Commissione al Senato (se ne prevede l’approvazione entro il dieci settembre) ma ha provocato sentimenti contrastanti: da una parte il riconoscimento che era “necessaria”, dall’altra l’opposizione di coloro che vengono colpiti. I sindaci sono in subbuglio perché minori finanziamenti, dicono loro, significano minori servizi per i cittadini (d’altra parte, però, c’è da dire che quando i soldi arrivavano venivano sprecati e non utilizzati per rendere servizi migliori).
I cittadini con più di 90 mila euro lordi all’anno si lamentano perché trovano ingiusto che a pagare siano proprio quelli che già pagano, essendo i loro redditi tassati alla fonte (su questo hanno ragione, ma guadagnare oltre 70 mila euro netti all’anno non significa essere poveri). Sono arrabbiati i presidenti e i consiglieri provinciali di quelle città che, non raggiungendo i 300 mila abitanti o i 3 mila km quadrati di superficie, sono destinati a concludere il mandato e poi a non poter più essere eletti perché la loro provincia verrà soppressa. Non si sono lamentate le donne, per le quali il raggiungimento della parità con gli uomini (in pensione a 65 anni) arriverà solo nel 2028, ma sicuramente si lamenteranno nelle prossime settimane, perché questo è uno dei punti che quasi certamente verrà rivisto in sede di discussione, insieme a quello che riguarda l’innalzamento dei requisiti per le pensioni di anzianità, finora non toccate. Insomma, partiti e categorie cercheranno di modificare la manovra bis, ma bisogna vedere se ci riusciranno o, per meglio dire, se tutti ci riusciranno. Infatti, non possono riuscirci tutti, perché non sarà possibile accontentare tutti.
Il governo ha già fatto sapere che saranno possibili modifiche, che non sarà posta la fiducia, che quindi si chiede il contributo delle opposizioni, che saranno accolte proposte migliorative e che, infine, cercherà una convergenza parlamentare sul provvedimento, ma tutto questo a condizione che “i saldi rimangano gli stessi”, cioè che i numeri non cambino. Nella maggioranza si sta approfondendo il contributo del 5 e del 10 per cento a categorie che già pagano le tasse fino all’ultimo centesimo. Sono vari gli orientamenti. Primo: addolcire la tassa con l’introduzione di una quota di “quoziente familiare” in modo che il reddito tassabile tenga conto anche del numero dei componenti della famiglia che non lavorano, e quindi la tassa diventerà inferiore (la tassa più consistente iguarderebbe solo i redditi superiori ai 200 mila euro l’anno, e quindi circa 84 mila persone). Secondo: innalzare i requisiti per le pensioni di anzianità, ad esempio si potrebbe andare in pensione quando il numero degli anni di servizio, sommati all’età, fa cento. A questa misura si oppone Bossi, perché pare che nel Nord ci sia il numero maggiore di coloro che possono raggiungere prossimamente i requisiti, ma pare anche che la Lega sia disposta a cedere su questo punto. Terzo: rendere più dolce il contributo di solidarietà (si veda il punto primo) e introdurre una tassa indiretta, l’aumento dell’1% dell’Iva, dal 20 al 21 per cento). Questo punto è controverso: è avversato da molti, Tremonti compreso, perché potrebbe ridurre i consumi e quindi comprimere la crescita, ed è visto con favore da altri perché tutti i consumatori pagherebbero, soprattutto chi consuma di più.
Anche le opposizioni si stanno attrezzando per presentare proposte alternative, ma, a parte alcune differenze, come la proposta del Pd di tassare di nuovo coloro che pagando il 5% hanno fatto rientrare in Italia i capitali all’estero, tutto il resto non cambia di molto. A proposito di tassare di nuovo quelli che già hanno usufruito dello scudo fiscale, non è certo che un’eventuale nuova misura sia costituzionalmente compatibile, in quanto nel provvedimento messo in atto a suo tempo si specificava che la tassa non era reiterabile sullo stesso capitale. Quanto al dimezzamento del numero dei parlamentari, ormai sono d’accordo tutti, ma questa è una misura che, insieme al pareggio di bilancio nella Costituzione, avrà tempi più lunghi in quanto legge costituzionale, che richiede quindi due passaggi per ogni ramo del Parlamento, perciò almeno un anno. L’importante è che tutti siano davvero d’accordo al momento del voto. Concludiamo mettendo l’accento su due aspetti. Il primo riguarda i sindacati che, invece di assumere un atteggiamento di responsabilità di fronte alla gravità della crisi economica che avrà effetti negativi per molti anni ancora, rispondono con la minaccia dello sciopero generale.
I sindacati sembrano non aver capito che sono finiti i tempi della garanzia del posto di lavoro a tutti i costi, anche a quelli che si assentano o fanno di peggio. Il secondo riguarda le misure prese da tutti i Paesi, Stati Uniti in testa, che non sembrano tranquillizzare i mercati, per cui il momento è molto grave e non è tempo, per nessuno, di giocare allo scaricabarile, politici in primis.