Il Medio Oriente va lentamente verso il suo destino, quello di una serie di popoli e nazioni – e sarebbe meglio dire tribù, clan e sette – che non vogliono vivere in pace in quanto considerano la pace l’eliminazione dei loro nemici, e perciò vanno verso la guerra che, prima o poi, è inevitabile. Il ”nuovo” Egitto, quello il cui Consiglio militare che aveva sostituito Mubarack aveva promesso libere e democratiche elezioni nel giro di un anno, sembra alle prese con altri, gravi problemi e non pare che possa rispettare la scedenza, ma intanto almeno tre cose sono certe. La prima è che è cambiata la politica verso Israele, tornato ad essere il nemico; la seconda è che i fondamentalisti, come si temeva, stanno radicandosi nel Paese; la terza è che messo fine all’alleanza Egitto-Israele è iniziato l’asse Egitto-Iran.
Come è emerso dagli attentati della settimana scorsa a Israele, la vasta regione del Sinai è diventata il rifugio della “nebulosa” del terrorismo (salafiti, jihadisti, Alqaedisti e via di seguito) che sono in contatto con Hamas nella Striscia di Gaza, con i beduini armati della regione e con formazioni e gruppi di terroristi che ora proprio nelle zone ”difficili” dell’Egitto trovano riparo e si organizzano, al di là di scontri sporadici con le forze dell’ordine del Paese. Insomma, Israele ha un nemico in più che lo accerchia.La settimana scorsa per la prima volta Obama ha detto in maniera chiara e forte, seppure solo a parole, che “Assad deve andarsene”, appesantendo le sanzioni contro la Siria (congelamento dei beni di Stato in Usa). Nella condanna della feroce repressione e nell’invito a farsi da parte, lo hanno subito seguito i leader di altri Paesi europei. C’è chi ha parlato di inchiesta per crimini di guerra e di un dossier presso il Tribunale internazionale dell’Aja.
Assad è un massacratore e come tale l’invito di Obama non lo ha tenuto in nessuna considerazione, anzi, sta continuando a lasciare sulle piazze i 20-25 morti quotidiani, come se nulla fosse. Se, come auspica ormai la comunità internazionale, il massacratore Assad va via con le buone o con la forza, della Siria s’impadroniranno i sunniti, ora tenuti a bada con la mano dura, e anch’essa diventerà la zona operativa dei fondamentalisti religiosi di ogni setta. Appare evidente che la situazione in Medio Oriente si stia gonfiando di venti di guerra degli uni contro gli altri e di tutti contro Israele. È da rimpiangere la situazione precedente, con despoti a vita, assenza del diritto, soprusi, carceri, uccisioni e miserie? Certamente no, in fatto di pace i risultati sono stati da armistizio armato e in fatto di riforme si sa che nessuno in tanti anni di potere ha mai avuto interesse a farle e poi comunque la storia non si fa con i “se” e i “ma”, per cui ciò che è stato, è stato. La situazione di oggi, però, sta accelerando verso la resa dei conti.
Alla fine di settembre Abu Mazen chiederà all’Onu il riconoscimento dello Stato Palestinese, ma l’attentato partito da Gaza contro Israele (e del quale Hamas non poteva non sapere perché non c’è foglia che si muova nella Striscia che Hamas non voglia), ha un obiettivo preciso: dimezzare la leadership di Abu Mazen e continuare ad armare i terroristi contro Israele facendo finta di averne preso le distanze. Ma la doppiezza non ha vita lunga. Prima o poi, tutte queste guerre vere fatte di attentati malamente soffocati da parole di circostanza, complice anche la grave crisi economica mondiale, potrebbero fare da acceleratori di particelle di tutto questo bacino di odi che, a furia di gonfiarsi, potrebbero tracimare e fare grossi guai. [email protected].