L’opera, collocata davanti alla Stazione Termini di Roma, appena dopo l’inaugurazione il 18 marzo scorso fu giudicata, nel migliore dei casi, “brutta”
Ricordate la statua raffigurante Papa Giovanni Paolo II, collocata su un piedistallo di fronte alla Stazione Termini di Roma? Se non lo ricordate, qualche dettaglio è utile per rinfrescare la memoria. La statua fu commissionata dal sindaco di Roma, sentito il sovrintendente alle Belle Arti della Capitale, all’artista Oliviero Rainaldi, e voleva essere un omaggio al Papa polacco scomparso qualche anno prima. A dire la verità, il sindaco non fu il solo a trattare la questione, anche il Vaticano fu parte attiva in causa per la necessaria approvazione, e ovviamente anche critici ed esperti. L’artista mandò i bozzetti dell’opera e tutti, ma proprio tutti, ne furono entusiasti: i bozzetti raffiguravano Giovanni Paolo II con il mantello rosso nell’atto di aprirsi a destra, e questo gesto voleva significare Roma che accoglie tutti, forestieri e stranieri, con un personaggio notissimo in tutto il mondo che era l’emblema della pace e dell’accoglienza. Dobbiamo dire la verità: quando abbiamo visto i bozzetti pubblicati sulla stampa un paio di giorni dopo l’inaugurazione della statua, anche noi li abbiamo apprezzati. Erano belli, davvero. Il giorno dell’inaugurazione, ovviamente, la statua fu ricoperta da un lenzuolo bianco che alla presenza delle autorità, degli esperti e della folla fu tirato per mostrare l’opera al pubblico.
Di solito, il momento è seguito da uno scroscio di applausi, ma quel giorno gli applausi non solo furono pochi, ma si smorzarono presto, per lasciar spazio ad uno stupore e ad un mormorio generale: uno stupore di disapprovazione, se non di vera e propria repulsione. I bozzetti erano una cosa e l’opera un’altra, brutta da ridere.“Brutta” fu proprio l’aggettivo usato per giudicarla dal sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro; il giornale del Vaticano, dopo essersi lasciato andare in considerazioni acrobatiche dal punto di vista intellettuale, non si trattenne dal dire che la statua sembrava una “garitta”, il luogo all’interno del quale si riparano le sentinelle in caso di pioggia. Ecco i tratti dell’obbrobrio: l’opera è una campana di bronzo alta cinque metri, è aperta davanti, rivelando una specie di squarcio come da bomba esplosa ed è sormontata da una testa senza collo leggermente reclinata verso il basso. Inutile dire che il viso non è per nulla somigliante a quello di Papa Giovanni Paolo II. L’opera fu subito criticata da tutti, in realtà l’aggettivo prima citato fu solo il più benevolo. I termini di paragone furono: “Vespasiano”, “abominio” o più semplicemente “cesso”. Solo il sindaco, forse perché propositore dell’opera e ammiratore dello scultore, la giudicò “opera moderna e suggestiva”, ma poi si rimangiò il giudizio appena percepì l’aria che tirava. Da allora non è passato giorno in cui al Comune non siano arrivate lettere di protesta e di disapprovazione, con richiesta di spostare l’opera in qualche cantina e di provvedere a commissionarne un’altra. C’è stata anche una raccolta di firme, promossa dal senatore Idv Stefano Pedica, che chiedeva la rimozione della statua.
Al Comune sono comunque corsi subito ai ripari, con l’istituzione di una commissione, presieduta dal sovrintendente comunale Umberto Broccoli e formata da esperti di varia estrazione culturale e politica. I risultati della commissione sono trapelati prima che i lavori fossero dichiarati chiusi. L’opera non verrà rimossa, almeno per ora, ma sarà rimpiazzata dalla stessa statua rimodellata dall’autore con “ritocchi vari a testa, corpo e fisiognomica”, cioè in pratica è tutta da rifare. Se la decisione è saggia, lo si potrà dire solo quando l’artista avrà rifatto la statua, con la speranza che questa volta la bellezza dei bozzetti rispecchi l’opera ultimata, altrimenti non è certo che si possa giurare sulla sua incolumità fisica. In ogni caso, al momento della seconda inaugurazione, se ci sarà, non è escluso che la gente vi partecipi con una scorta di uova e pomodori. Ammesso anche che l’artista, per precauzione, non si dia malato.