Secondo l’Ocse il 46,7% dei giovani tra 15 e 24 anni ha un lavoro temporaneo
In Italia, il 46,7% dei giovani tra i 15 e i 24 anni che lavorano ha un impiego temporaneo. Lo riporta l’Ocse nel suo Employment Outlook, basato su dati di fine 2010. La percentuale dei giovani precari in Italia, sempre secondo i dati Ocse, è in costante aumento dall’inizio della crisi: 42,3% nel 2007, 43,3% nel 2008 e 44,4% nel 2009. Il balzo avanti è ancora più rilevante rispetto al dato del 1994, quando la percentuale di under 25 italiani con un impiego temporaneo era del 16,7%. Secondo l’Ocse, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile è al 27,9%, ben superiore alla media ponderata dell’area Ocse (16,7%). La quota è in aumento di oltre 9 punti percentuali rispetto all’inizio della crisi, nel 2007, quando la disoccupazione giovanile era il 20,3%. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia, riporta ancora lo studio Ocse, è più alto tra le donne, 29,4%, che tra gli uomini, 26,8%. Entrambi i dati sono superiori alla media dei 34 Paesi membri dell’organizzazione, rispettivamente 15,7% e 17,6%. Nell’area Ocse a luglio 2011 c’erano ancora 44,5 milioni di senza lavoro, 13,4 milioni in più rispetto al periodo pre-crisi, e il tasso di disoccupazione è rimasto superiore all’8%, e non lontano dal picco dell’8,8% toccato nell’ottobre 2008. Lo riferisce l’Employment Outlook dell’organizzazione parigina. La situazione, precisa il rapporto Ocse, è però molto disomogenea. Alcuni Paesi – tra cui Austria, Svizzera, Norvegia, Giappone e Corea – sono riusciti a mantenere la disoccupazione tra il 3,5 e il 5,5%, mentre altri – tra cui i quattro Paesi periferici della zona euro, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna – fanno ancora segnare un tasso a due cifre. Proprio a quest’ultima spetta il poco ambito primato della percentuale più alta di senza lavoro, con il 21,2%. Continua a crescere nell’area Ocse il tasso di disoccupazione di lungo termine. Nei 34 Paesi membri, a fine 2010, il 48,5% dei disoccupati era senza lavoro da almeno 6 mesi, contro il 41% dell’anno precedente, e il 32,4% da almeno 12 mesi, contro il 24,2% del 2009. Per quanto riguarda l’Italia, i disoccupati senza lavoro da 6 mesi o più sono il 64,5% (in aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2009) e quelli senza lavoro da un anno o più il 48,5% (+4 punti percentuali rispetto al 2009). “Fasi prolungate di disoccupazione – sottolinea l’Ocse nel rapporto – sono particolarmente penalizzanti, perché aumentano il rischio di una marginalizzazione permanente dal mercato del lavoro, come risultato del deprezzamento delle abilità e della perdità di autostima e motivazione”.
“Bisogna fare di più per migliorare in modo durevole la situazione del mercato del lavoro per i giovani”. È l’imperativo lanciato dall’Ocse. “Nel primo trimestre del 2011 – scrive l’organizzazione parigina – il tasso di disoccupazione per i giovani (15-24 anni) era del 17,3% nell’area Ocse, comparato al 7% per gli adulti (oltre i 25 anni)”. Passando al salario, quello medio in Italia, nel 2010, è stato di 36.773 dollari (a tasso di cambio corrente), contro una media dell’Ue a 21 di 41.100 dollari e dell’Eurozona a 15 di 44.904 dollari. Lo riferisce l’Ocse nel suo Employment Outlook. Il salario medio italiano è superiore a quelli di Spagna (35.031), Grecia (29.058) e Portogallo (22.003), ma inferiore a Francia (46.365 dollari), Germania (43.352) e Gran Bretagna (47.645). La palma del salario medio più elevato per il 2010 va alla Svizzera, con 80.153 dollari. Un giovane su 8 tra i 15 e 24 anni nell’area Ocse, il 12,6%, non vanno a scuola né lavorano (i cosiddetti ‘Neet’). Lo ha affermato il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, durante la presentazione dell’Employment Outlook. Gurria ha poi sottolineato che la cifra, oltre ad essere elevata, “sta aumentando, stiamo andando nella direzione sbagliata”. La questione deve quindi passare “in testa all’agenda politica”, perché “bisogna recuperare questi giovani”, dato che “i Neet corrono un rischio superiore di marginalizzazione durevole nel mondo del lavoro e di povertà”. “Affrontare l’ampio costo umano della disoccupazione, soprattuto per quelli che non riescono ad entrare con una posizione stabile nel mondo del lavoro, dev’essere una priorità”, ha aggiunto, sottolineando in particolare l’importanza di “raggiungere una migliore corrispondenza tra le competenze che i giovani acquisiscono a scuola e quelle necessarie nel mondo del lavoro”.
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