Una Milano concreta e creativa sfida la crisi
Milano ha concluso la sua Fashion Week, orgogliosa di aver offerto, in sette giorni densi di sfilate e presentazioni, una moda piena di buon gusto, idee, creatività, cultura artigianale e grande capacità industriale, elementi che, messi insieme, rendono l’Italia – nessuno può negarlo – il Paese numero uno della moda. Si potrebbe dire una stagione ‘magica’, se non fosse che tutto il resto non funziona, che la preoccupazione delle aziende è grande e quella dei compratori enorme. Diceva un negoziante: “Settembre è stato avvilente, si è venduto solo agli stranieri ricchi”. Diceva un rappresentante: “I buyer hanno paura, non capiscono cosa succederà di qui a un mese”. Diceva un imprenditore: “Ci chiedono i pezzi top anche carissimi e quelli quasi low cost. Tutta la produzione media è nell’incertezza totale”. In questo clima parlare di tendenze è giusto, ma con l’avvertenza che tutti i grandi marchi hanno dovuto tenere conto in modo intelligente dei problemi del mercato. Il combinato disposto di creatività e concretezza ha dato comunque un bel risultato e questo lo hanno riconosciuto anche gli stranieri. Innanzitutto ognuno è tornato a ciò che sa fare meglio, perché in un simile momento di incertezza il mercato chiede ai brand un’identità forte. Detto in soldoni, oggi le clienti per vestirsi tutti i giorni saccheggiano Zara o H&M e se entrano nelle boutique è per acquistare capi iconici, quelli che rappresentano l’essenza del marchio: le stampe da Pucci, l’allegria da Moschino, la pelle e l’animalier da Cavalli, la giacca perfetta da Armani, la camicia da Ferré e via dicendo. Per tornare a vendere, le aziende hanno detto basta anche alla moda per silfidi irreali: le donne hanno le taglie che hanno e gli abiti sono finalmente adatti a svilupparsi anche oltre la 42. Evviva dunque l’abito foulard, comodo e sensuale per chiunque, drappeggiato come fosse l’insieme di tanti carres di seta stampata oppure tagliato a t-shirt a blocchi di colore. Lunghi e scivolati, corti e stretti, midi e svasati, gli abiti sono i veri protagonisti di queste collezioni, un po’ perché da sempre sono i preferiti delle donne, che non devono perdere troppo tempo a vestirsi e abbinare tra loro capi diversi, un po’ perché scatenano l’impulso al facile acquisto. Quale donna si sente in colpa per aver comprato un solo capo, per di più così femminile e donante? Eh sì, perché l’abito scelto con cura sta bene a tutte. Se poi è corredato di sottogonna di tulle carne o abbinato ai calzoni corti può essere indossato con orgoglio anche da chi non ha più ginocchia perfette, e slanciato da zeppe e plateau, che saranno di tendenza anche la prossima estate, si porta da mattina a sera. Con i fiorellini per le più giovani, animalier per le panterone, a fantasie geometriche per le minimal, ricamato per le nostalgiche, con pizzi per le romantiche e con paillettes per le vanesie, ma sempre colorato e spesso nei toni del verde, simbolo di soldi e speranza. La stagione del trionfo dell’abito segna l’ascesa della gonna, vede stabili shorts e bermuda e drasticamente in calo le quotazioni dei pantaloni: sulle passerelle se ne sono visti meno del solito ma in ogni caso sono a vita alta, perfino altissima, basta ombelico all’aria. E basta anche provocazioni da passerella e baracconate immettibili, che non è il momento di scherzare. Il gioco si è fatto duro, la moda è diventata concreta.