Premiate la presidente Ellen Johnson Sirleaf e l’avvocato Leymah Gbowee, entrambe liberiane, e la giornalista yemenita Tawakul Karman
Il premio Nobel 2011 per la pace è stato assegnato alla presidente liberiana Ellen Johnson Sirleaf, alla sua compatriota Leymah Gbowee e alla yemenita attivista per i diritti civili Tawakkul Karman. Il premio rappresenta, secondo le intenzioni del comitato per il Nobel, un riconoscimento del rafforzamento del ruolo delle donne, in particolare nei paesi in via di sviluppo. La Sirleaf è la prima presidente donna di uno stato africano, la Gbowee è un’attivista pacifista, la Karman si occupa di diritti delle donne e democrazia nello Yemen, paese negli ultimi mesi in preda a gravi conflitti sociali e politici. Hanno portato avanti battaglie tra loro diverse ma accomunate dallo stesso fine: la piena partecipazione delle donne alla vita politica e civile e alla costruzione della pace. La giuria norvegese ha dato un segnale forte a favore della responsabilizzazione delle donne, specie nei Paesi in via di sviluppo. Le tre donne sono state premiate dalla Commissione norvegese per “la loro battaglia non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti delle donne alla piena partecipazione all’impegno per la costruzione della pace”, come ha dichiarato il presidente del Comitato Nobel, Thorbjoern Jagland.“Non possiamo raggiungere la democrazia e la pace duratura nel mondo se le donne non otterranno le stesse opportunità degli uomini di influenzare gli sviluppi a tutti i livelli della società. Nel mese di ottobre 2000, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato la risoluzione 1325. La risoluzione per la prima volta ha fatto della violenza contro le donne nei conflitti armati una questione di sicurezza internazionale. Ha sottolineato la necessità per le donne di partecipare in condizioni di parità con gli uomini nei processi di pace e nel lavoro per la pace in generale”, si legge nella motivazione del premio.Ma vediamo di conoscere meglio le tre “signore della pace”: Ellen Johnson Sirleaf, 72 anni e prima donna a guidare uno Stato africano, è il “simbolo della nuova Africa”. Giunta al potere dopo che 14 anni di guerra civile avevano devastato il paese, causando 250.000 vittime, “la signora di ferro” sta affrontando l’impegno delle elezioni per un secondo mandato. Sin dal suo insediamento, nel 2006, ha contribuito a garantire la pace in Liberia, a promuovere lo sviluppo economico e sociale, a rafforzare la posizione delle donne. Economista, Master of Public Administration ad Harvard nel 1971, la Sirleaf va in esilio a Nairobi, in Kenya, nel 1980, dopo il rovesciamento dell’allora presidente William Tolbert. Torna in patria solo nel 1985, per partecipare alle elezioni del Senato della Liberia, ma quando accusa pubblicamente il regime militare viene condannata a dieci anni di prigione. Rilasciata dopo poco si trasferisce a Washington e torna in Liberia solo nel 1997, nel ruolo di economista, lavorando per la Banca Mondiale e per la Citibank in Africa. Corre per la prima volta alle presidenziali contro Charles Taylor nel 1997, ma raggiunge solo il 10% dei voti, contro il 75% di Taylor, che poi l’accusa di tradimento. Dopo la sua vittoria alle elezioni del 2005, Johnson-Sirleaf pronuncia uno storico discorso alle camere riunite del Congresso degli Stati Uniti, chiedendo il supporto americano per aiutare il suo paese a “divenire un faro splendente, un esempio per l’Africa e per il mondo di cosa può ottenere l’amore per la libertà”. Leymah Gbowee, pacifista e avvocato, ha mobilitato e organizzato le donne africane attraverso linee di divisione etniche e religiose per porre fine alla lunga guerra in Liberia e per garantire la partecipazione delle donne alle elezioni. Da allora ha lavorato per aumentare l’influenza delle donne in Africa occidentale durante e dopo la guerra. Da poco ha pubblicato la sua autobiografia, “Mighty Be Our Powers: How Sisterhood, Prayer, and Sex Changed a Nation at War” (“La forza dei nostri poteri: come le comunità di donne, la preghiera e il sesso hanno cambiato una nazione in guerra”). Tra le iniziative più note dell’attivista, di etnia Kpellè, nota anche come “la guerriera della pace”, va ricordato “lo sciopero del sesso”, un’iniziativa che costrinse il regime di Charles Taylor ad ammetterla al tavolo delle trattative per la pace. Nel trio premiato dalla Commissione di Oslo non manca una rappresentante della primavera araba: si tratta della yemenita Tawakkul Karman, 32 anni, madre di tre figli e ‘volto’ della protesta yemenita contro il regime di Ali Abdullah Saleh. Nelle circostanze più difficili, sia prima che durante la primavera araba, Tawakkul – ha spiegato la Commissione – ha svolto un ruolo primario nella lotta per i diritti delle donne e nella battaglia per la pace e la democrazia in Yemen, diventando leader della protesta femminile contro il regime. La Karman è inoltre la prima donna araba ad essere premiata. Giornalista e fondatrice dell’associazione “Giornaliste senza catene”, militante nel partito islamico e conservatore Al Islah, primo gruppo di opposizione, nel gennaio di quest’anno è stata arrestata dalle autorità yemenite, costrette poi a rilasciarla sotto la pressione delle manifestazioni in suo sostegno, che hanno portato in strada migliaia di persone. La speranza posta in questo riconoscimento è che possa aiutare a porre fine alla repressione delle donne che rappresenta ancora una triste realtà in molti paesi, e a realizzare il grande potenziale delle donne nella lotta per la democrazia e la pace. Le liberiane Sirleaf e Gbowee e la yemenita Karman, rappresentano l’ultimo gruppo di un drappello di 15 donne cui è andato il prestigioso riconoscimento. Ecco l’elenco: 2011: Ellen Johnson Sirleaf et Leymah Gbowee (Liberia), e Tawakkol Karman (Yemen) 2004: Wangari Maathaï (Kenya) 2003: Shirin Ebadi (Iran) 1997: Jody Williams (Usa) 1992: Rigoberta Menchu Tum (Guatemala) 1991: Aung San Suu Kyi (Birmania) 1982: Alva Myrdal (Svezia) 1979: Madre Teresa (Indoa) 1976: Mairead Corrigan et Betty Williams (Gran Bretagna) 1946: Emily Greene Balch (Usa) 1931: Jane Addams (Usa) 1905: Bertha von Suttner (Austria).