In un villaggio in provincia di Latina l’aspettativa di vita è di circa 95 annisia per le donne che per gli uomini
Campodimele. Se qualcuno provasse a chiedere dove si trova, nella maggior parte dei casi riceverebbe la medesima risposta: un’alzata di spalle e una smorfia di sorpresa per dire che non ha mai sentito parlare di questo villaggio. In effetti, non è mai stato noto, anche perché piccolo, appena 690 abitanti. Forse non lo conoscono neppure tanti degli abitanti dei paesi non troppo lontani, di sicuro non ha mai fatto storia. Il villaggio, immerso nel verde, sorge su una collina tondeggiante dei monti Aurunci, circondato a poca distanza dalle montagne. Fa parte della provincia di Latina ed è a due ore di macchina da Roma (80 km) e da Napoli.La storia di questo villaggio è comune a tanti paesini del Centro Sud: povertà e duro lavoro nei campi, al punto che – e anche questa è storia comune – dopo la seconda guerra mondiale la maggioranza della popolazione ha abbandonato Campodimele alla volta del Canada (solo a Toronto ci sono più di duemila campodimelani) e anche dell’Inghilterra, in modo particolare di Londra, tanto che, come detto, la popolazione si è ridotta a poche centinaia di persone. Dicevamo che Campodimele è un villaggio quasi sconosciuto. In realtà lo era, fino agli anni Novanta, quando sulle sue colline cominciarono ad apparire gruppi di studiosi che facevano strane domande. La notorietà, anche in campo internazionale, è arrivata solo alcuni mesi fa, in seguito alla pubblicazione di un libro intitolato “Un anno nel villaggio dell’eternità”, scritto da un’inviata del quotidiano inglese Telegraph, Tracey Lawson, che ha vissuto per un anno intero a Campodimele, innamorandosene. All’inizio il soggiorno doveva essere breve, un semplice reportage, poi la giovane donna ci è rimasta un anno intero, appunto. Di Campodimele non si parla solo in questo libro, se ne è parlato sul Telegraph e continua a parlarsene su molti altri giornali, persino in televisione. In ogni caso, se ne occupano nutrizionisti e geriatri nazionali. Già, perché a Campodimele di particolare hanno che “la lista d’attesa” è lunga, molto lunga. Non è un villaggio dove i becchini si sono arricchiti, anzi, fanno la fame, per la gioia dei campodimelani. Gli abitanti di questo villaggio, lo avete capito, sono longevi, almeno una ventina sfiorano i cent’anni e qualcuno li supera pure. Avere 80-85 anni a Campodimele significa essere giovanotti, mentre altrove si è “più di là che di qua”. Il 40% della popolazione ha più di settant’anni e l’aspettativa di vita è intorno ai novantacinque anni. Qui non c’è differenza tra donne e uomini, è solo gara a chi supera l’altro. L’attuale decano ha 99 anni, secondo il sindaco (lui se ne toglie qualcuno per civetteria), quello precedente è passato dall’altra parte a 104 anni. L’abbiamo detto: gli ultranovantenni sono una ventina, circondati da una foltissima schiera di ultraottantenni, tutti – o quasi – lucidi e sani. È chiaro, ora, perché sono tanti gli studiosi disposti ad affrontare un viaggio a volte anche molto lungo pur di rendersi conto di persona della situazione e cercare di capire che cos’ha Campodimele di così magico. Hanno interrogato uomini e donne, strane domande, abbiamo detto, in realtà molto semplici, tipo: cosa mangi, cosa fai durante il giorno, come vivi. Ognuno, insomma, va a Campodimele per carpire il segreto della lunga vita, e molti, va da sé, se ne vanno storcendo il muso. Uno dei segreti, infatti, è il lavoro, quello duro nei campi, a dire il vero abbastanza avari di frutti; il secondo è la frugalità, poche cose e senza eccessi, un’astrusità in un mondo dove normalmente si muore di colesterolo alto e di obesità. A Campodimele i chili di troppo non esistono, la dieta è quotidiana. Livia Maria, una donnina di 85 anni che ne dimostra al massimo 60, ai tanti che le hanno posto domande ha sempre risposto con tre parole: “grano, fagioli e aulive (olive)”. Ecco perché uno studioso dell’Università La Sapienza di Roma, negli anni Novanta, dopo approfonditi studi, sentenziò: “Portate i campodimelani fuori da qui e accorcerete loro la vita”. Non basta nemmeno venire andare ad abitare a campodimele se poi si continua con i soliti stili di vita; lo fanno gli emigrati, anche tra loro moltissimi ultraottantenni e anche novantenni – e questo farebbe pensare a un fatto ereditario e genetico – ma è un’altra cosa. Loro, i campodimelani di Toronto, appena in pensione tornano nel loro paesino, ma partiti segaligni tornano a fare i segaligni. Poi, se vogliamo dirla tutta, c’è da aggiungere un’altra serie di cose. I campodimelani sono pochi ma di difetto hanno fatto virtù: vanno d’accordo, non soffrono la solitudine, si aiutano, hanno buona aria e sono senza stress. E ora si capisce non solo perché a Campodimele si vive a lungo, ma anche perché molti, andandosene, non se la sentono di vivere in un paesino sperduto o, come loro, nella frugalità.