Avanti tutta, in ordine sparso, ma con un obiettivo: ridurre del 20%, entro il 2010, i corsi di laurea.
Gli atenei italiani (in attesa della riforma che il ministro Gelmini intende presentare dopo il 6 giugno “per toglierla dalle dinamiche della campagna elettorale”) proseguono la cura dimagrante asciugando l’offerta didattica. L’azione di riduzione già avviata dal centrosinistra è stata portata avanti dal ministro Gelmini nella convinzione che negli ultimi anni c’è stata una proliferazione dei corsi di laurea non sempre motivata da reali esigenze del mercato del lavoro.
All’inizio dell’anno accademico 2007-2008 i corsi di primo livello (laurea triennale) e di secondo livello (laurea specialistica) erano a quota 5.879.
“Non penalizzeremo le materie – ha assicurato più volte il ministro – ma guarderemo il numero degli iscritti cercando di eliminare la frammentazione”. E in questo solco si sono già mossi molti atenei.
Ecco una panoramica regione per regione. A cominciare dal Trentino: due i corsi tagliati, Scienze storiche a Lettere e Fisica e Tecnologie biomediche a Scienze. È stato disattivato anche il corso biennale di specializzazione a Giurisprudenza, sostituito da un corso unico quinquennale. In Lombardia nessun stravolgimento nei principali atenei salvo che alla Cattolica: i corsi soppressi sono 11, da Viticoltura ed enologia a Teorie e tecniche della comunicazione multimediale. A Pavia l’euroateneo ha ridotto i corsi di circa il 10%.
Passiamo al Piemonte: se l’università di Torino ha deciso di far scendere dagli attuali 191 a 177 i corsi (a subire i tagli maggiori sono Scienze, che passa da 37 a 27 corsi e Agraria, da 13 a 8), resta sostanzialmente invariata l’offerta del Politecnico.
Per quanto riguarda la Liguria, la razionalizzazione si è fatta sentire con corsi già tagliati del 10%, docenti con più anzianità pensionati, le 11 facoltà regionali in via di accorpamento in 5 scuole, i dipartimenti dimezzati e i poli decentrati riorganizzati. Il Friuli ha risposto all’appello spazzando via 14 corsi a Trieste e programmandone tra il 10 e il 13% in meno a Udine. In Toscana previsti interventi consistenti: 34 corsi in meno a Siena, 24 a Pisa e 13 a Firenze (dove si prevede una riduzione del numero dei corsi del 30% nel 2009-2010). E adesso Roma: alla Sapienza sono 46 i corsi eliminati per il prossimo anno accademico e rappresentano il 12,3% rispetto ai 373 esistenti.
A Tor Vergata, a lettere, saranno invece accorpati circa otto corsi e uno o due saranno quelli tagliati a Roma Tre.
Anche parlando della Puglia il ventaglio dell’offerta si è ristretto. A Bari i corsi sono passati da 159 del 2006-2007 a 131 del 2009-2010, a Lecce ne sono stati accorpati una decina mentre a Foggia ne sono stati soppressi due. A Palermo le indicazioni di viale Trastevere si sono tradotte in un taglio ai corsi di laurea del 21,20% prevedendo un tetto minimo di iscritti per avviare le lezioni. Complessivamente i corsi di laurea erano 184 nel 2007-2008 e oggi si riducono a 145.
Rimanendo in Sicilia, l’ateneo di Messina ha deciso di sacrificare la facoltà di scienze statistiche: la facoltà aveva in tutto solo 33 iscritti per tutti i corsi di laurea. In parecchie università più che tagliati, i corsi sono stati compattati. Così è accaduto alla Politecnica delle Marche con il risultato di una decina di corsi in meno nelle cinque facoltà. A Camerino sono stati invece soppressi 12 corsi e uno a Macerata. L’università di Bologna eliminerà due corsi nel prossimo anno accademico: il primo è quello per operatore giuridico informatico che aveva solo 36 immatricolati, il secondo quello in archivistica (13 iscritti). Nell’ateneo Federico II di Napoli è stato soppresso un corso nella facoltà di Scienze Politiche e quattro sono in via di trasformazione mentre l’università del Sannio rinuncia a scienze ambientali. Ma non tutte le università hanno messo mano alla propria didattica: nelle università calabresi tutto resta più o meno com’è (alla Mediterranea di Reggio si conteranno 25 corsi invece di 27 con una razionalizzazione che ha riguardato due specialistiche della sede decentrata in Lamezia Terme). Bocce ferme anche negli atenei veneti (soltanto a Padova scompare la laurea magistrale in musicologia), a Bolzano (che già risponde ai requisiti minimi richiesti dal ministero) e nell’università della Valle d’Aosta dove sono previsti minimi cambiamenti soltanto per l’accesso. Tutto fermo, per ora, anche in Sardegna.