Dopo diciotto anni a Potenza si apre il processo per l’accertamento della verità sulla morte di Elisa Claps. Danilo Restivo assente perché in prigione in Inghilterra
È partito il processo a Potenza contro Danilo Restivo, accusato di aver ucciso Elisa Claps il 12 novembre del 1993, il cui corpo mummificato è stato ritrovato soltanto nel marzo del 2010, diciassette anni dopo l’omicidio, nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità. Al processo assente l’imputato, già condannato e in carcere in Inghilterra per l’omicidio di Heather Barnett, trovata assassinata nel bagno di casa dai suoi figli il 12 novembre del 2002. In un primo momento non furono trovate le prove contro Danilo Restivo, ma poi le successive indagini della polizia hanno potuto accertare le sue dirette responsabilità. Probabilmente, Danilo Restivo è anche l’assassino di una studentessa orientale, del cui omicidio è stata accusata e condannata un’altra persona, ma di questo si stanno occupando le nuove indagini ordinate dalla magistratura inglese. Dicevamo che al processo di Potenza l’imputato è assente e non ci sarà nemmeno il dibattimento, in quanto gli avvocati di Restivo hanno chiesto il rito abbreviato, che vuol dire che i giudici giudicheranno in base agli elementi già acquisiti. Non ci vorrà molto a immaginare l’esito del processo: l’unico imputato sarà sicuramente condannato. Le prove a suo carico sono schiaccianti, rischia trent’anni di carcere, a meno che il giudice non lo riconoscerà malato, come in effetti l’uomo sembra essere. Danilo Restivo insultava tutte le ragazze di cui s’invaghiva e che lo rifiutavano, era solito tagliare ciocche di capelli alle donne a loro insaputa, insomma, aveva turbe psichiche. Ma lucido o malato, l’Inghilterra lo ha condannato e lì dovrà scontare la pena. Con l’inizio del processo a Potenza, sono riesplose le polemiche sulle indagini a suo tempo condotte, all’indomani della scomparsa di Elisa. L’ultimo ad averla vista fu appunto Danilo Restivo, ma il pm dell’epoca, Felicia Genovese, non ritenne utile sequestrare gli abiti di Restivo, né di far perquisire la sua abitazione. Allora come ora l’ex pm giustifica i suoiatti dicendo che un testimone dichiarò di aver visto Elisa alle ore 13 e 40 davanti casa sua, che poi era il palazzo dove abitava la famiglia Claps, e che dunque Restivo non era stato l’ultimo ad averla vista viva. Inoltre, che allora “non era possibile acquisire la documentazione del traffico (telefonico) già effettuato nei giorni precedenti da tale utenza perché ciò non era tecnicamente possibile: il distretto telefonico di Potenza a quel tempo era servito da centrale analogica (o elettromeccanica) e non numerica (elettronica)”. Resta il fatto che il rapporto dei carabinieri a meno di due giorni dalla scomparsa di Elisa puntava tutta l’attenzione su Danilo Restivo, peraltro già in passato indagato per minacce col temperino nei confronti di un suo coetaneo. In particolare, i carabinieri non credevano al fatto che Restivo si fosse ferito alla mano cadendo in un cantiere, né che il giovanotto che dichiarò di averla vista alle 13 e 40 dicesse la verità. I carabinieri ritenevano che la ferita di Restivo fosse stata provocata dal tentativo di Elisa di opporsi alla violenza. Le indagini, come detto, portarono in un vicolo cieco. Molti pensano o a incompetenza degli inquirenti o, addirittura, a più di un tentativo di depistaggio, e da parte di più persone. La famiglia Restivo, infatti, molto in vista a Potenza, poteva contare sulla “benevolenza” di vari personaggi amici e che contavano. Amica di famiglia era anche Felicia Genovese, la pm che non fece eseguire la perquisizione richiesta dai carabinieri. Ci fu chi mise in circolazione la voce secondo cui Elisa fosse fuggita di casa perché incinta, ma queste ed altre voci furono smentite con dovizia di particolari da Gildo, il fratello, oggi trentasettenne, come Danilo Restivo. Altre complicità o comunque atteggiamenti di omertà furono messi in atto da altri attori dell’epoca. Innanzitutto il sacerdote (ora deceduto) che non volle rivelare quel che sapeva appellandosi al segreto confessionale. In secondo luogo, la ditta che eseguì lavori di ristrutturazione proprio vicino al sottotetto: impossibile che qualcuno non abbia visto il cadavere della ragazza. Piuttosto, gli operai hanno girato la testa dall’altra parte per non avere “noie”. Infine, una regia occulta curata da un agente dell’allora Sisde, Nicola Cervone, che diciotto anni fa chiese al fratello di Elisa notizie su sua sorella. Possibile che della povera ragazza s’interessavano i servizi segreti? Nicola Cervone ora è in prigione per attività illecita di spionaggio. È invece possibile che l’uomo se ne interessasse per depistare gli inquirenti e confondere le acque. Con l’apertura del processo la verità sull’omicidio verrà a galla. Quello che difficilmente potrà essere oggetto di ulteriori indagini sono le responsabilità di chi contribuì a depistare, ma forse non è detta l’ultima parola.