Intanto proseguono le indaginni sui delitti di Yara Gambirasio e Sara Scazzi
L’otto novembre a Potenza è iniziato il processo contro Danilo Restivo accusato dell’omicidio di Elisa Claps, e alcuni giorni dopo, esattamente il dieci dello stesso mese, cioè due giorni dopo, è giunta la sentenza che lo ha condannato a 30 anni di carcere perché ritenuto colpevole, prove scientifiche alla mano. La rapidità del processo si spiega con il rito abbreviato. Gli avvocati difensori si sono detti “sorpresi” per l’esito della sentenza e aspettano di leggere le motivazioni per decidere se fare appello o meno. L’impressione è che nessuno può affermare di essere “sorpreso”, per la buona ragione che le prove sono talmente schiaccianti che non c’è nessun dubbio sulla sua colpevolezza. Una cosa è certa, Danilo Restivo in carcere a Potenza non ci andrà mai perché si trova già in carcere, in Inghilterra, dove dovrà scontare l’ergastolo per l’omicidio di Heather Barnett. I 30 anni di prigione in un carcere italiano sono dunque puramente figurativi. Ciò che il tribunale non ha detto e non potrà dire – perché il processo è finito – sono le “altre” verità, quelle che riguardano i vari depistaggi o le incompetenze messi in atto in tutti questi anni, a meno che non si apra un’inchiesta giudiziaria a parte. Messa la parola fine su un delitto avvenuto 18 anni fa, il 12 novembre del 1993, aggiorniamo sugli sviluppi di altri due delitti avvenuti l’anno scorso: quello di Yara Gambirasio, sequestrata e uccisa la sera del 26 novembre, e quello di Sarah Scazzi, avvenuto il 26 agosto. La novità che riguarda la ricerca dell’assassino o degli assassini di Yara è che oltre che lavorare su circa 300 Dna che hanno punti in comune con le tracce ritrovate sul corpo della ragazza, gli inquirenti stanno esaminando una trentina di furgoni bianchi, su uno dei quali potrebbe essere stata trasportata (e anche uccisa) la piccola ginnasta di Brembate di Sopra. Se dovesse essere accertato che la ragazza è stata in uno dei trenta furgoni esaminati, vorrà dire che i cani hanno fiutato giusto quando si sono fermati nel cantiere di Mapello e che la ragazza è stata uccisa da qualcuno che lei conosceva e che per questo aveva o accettato un passaggio o di fermarsi con lui/lei. La novità, dunque, è rilevante, perché se su uno dei furgoni è stata condotta e trasportata Yara, allora vuol dire che non soltanto i cani potranno avvertirlo o gli esperti rilevarlo, ma anche che l’assassino o gli assassini saranno subito scoperti in quanto in relazione con il furgone. Per la prima volta, dunque, gli inquirenti si trovano ad avere a che fare con degli elementi più concreti. È una questione di tempo, ormai, ma la verità si staglia all’orizzonte. E veniamo al delitto di Avetrana. Il 21 novembre il Gup, il giudice per le udienze preliminari che si sono tenute nei giorni scorsi, dovrà stabilire chi tra gli imputati per il delitto o per l’occultamento del cadavere dovrà essere rinviato a giudizio. Le ultime novità sono che Valentina, la figlia di Cosima e Michele Misseri che vive a Roma, fino al 29 settembre, secondo gli inquirenti, non sapeva nulla sulle responsabilità del delitto; dopo il 29 settembre, però, ritengono che abbia saputo come si sono svolti i fatti e chi abbia ucciso Sarah. Solo che lei non è perseguibile in quanto la legge non prevede il reato di favoreggiamento quando si tratta di familiari stretti. Tuttavia, gli inquirenti dispongono di un’intercettazione tra lei e il padre in carcere, secondo cui quando Michele dice “Che parlasse” riferendosi a Sabrina, sarebbe da intendere che sia stata lei a commettere l’omicidio. Questo dettaglio confermerebbe che Michele Misseri non avrebbe commesso il delitto e che avrebbe solo partecipato all’occultamento del cadavere. L’altra novità riguarda i segni trovati sui polsi di Sarah. Si tratta di segni compatibili con una corda o con una cintura. Il dubbio rimanda a due ipotesi: la ragazza è stata legata prima di essere uccisa o è stata legata ormai cadavere per essere calata nel pozzo? Infine, è stata pubblicata la notizia di un presunto depistaggio commesso dalla psicologa del carcere, la quale avrebbe dichiarato che in una trentina d’incontri con Michele, questi le avrebbe confessato che ad uccidere la ragazza sia stato lui stesso. Gli inquirenti hanno accertato che in realtà gli incontri tra Michele e la psicologa del carcere sono stati solo tre, il 3, il 7 e il 13 ottobre. Tra i tanti possibili rinvii a giudizio, seppure per reati diversi, potrebbe figurare anche quello della psicologa del carcere di Taranto. Il 27 novembre scade il periodo della carcerazione preventiva per Sabrina, l’autrice dell’assassinio secondo i magistrati. I suoi avvocati ne hanno chiesto la scarcerazione subito o, in alternativa, gli arresti domiciliari, che la ragazza non vorrebbe trascorrere a casa sua in quanto non vorrebbe più avere a che fare con il padre che, benché l’abbia poi scagionata, l’ha comunque accusata in una delle sue tante versioni contraddittorie. [email protected]