Situazione confusa, in Egitto, dove il primo ministro, Essam Sharaf, e il suo governo, hanno presentato le dimissioni, rimettendo il proprio mandato a disposizione del Consiglio Supremo delle Forze Armate che, però, non ha ancora preso una decisione chiara, sta valutando se accettarle o meno e ha invitato le forze politiche a un ”dialogo urgente” per esaminare la crisi. Nella sola giornata di lunedì scorso i morti sono stati oltre 40, con centinaia di feriti, soprattutto tra i manifestanti ma anche tra le forze dell’ordine. Ormai sui giornali è comparsa la parola “strage” e in realtà di questo si tratta. Il braccio di ferro tra la Giunta militare al potere in Egitto e i manifestanti che hanno di nuovo e da alcuni giorni riempito Piazza Tahrir al posto di cedere il passo alla calma e alla ragionevolezza, si abbandona alla violenza. Qual è il motivo del contendere? Come si ricorderà, dopo la caduta di Mubarak l’11 febbraio scorso, il potere passò alle forze armate che, oltre ad avere quello militare, assunsero anche il potere politico, nominando un governo con il compito di gestire la transizione. Furono promesse nuove elezioni democratiche per eleggere un’Assemblea costituente che avrebbe dovuto preparare una nuova Costituzione, dopo di che ci sarebbero state elezioni politiche con un nuovo presidente. Ebbene, le elezioni per l’Assemblea Costituente avranno luogo il 28 novembre, fra quattro giorni, ma – ed ecco la novità e il motivo del contrasto – dureranno circa sei mesi. Infatti, secondo il calendario fissato, la Camera Bassa verrà eletta a tappe (il 28 novembre in 9 province, il 14 dicembre in altre 9, il 3 gennaio nelle ultime tre province), la Camera Alta in sei tappe, di cui l’ultima l’11 marzo. In più, una volta elette le Camere che hanno il compito di scrivere la Costituzione, le forze armate continueranno comunque ad esercitare il potere attraverso il Consiglio militare, in carica dall’11 febbraio, fino alle elezioni presidenziali che avverrebbero tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013. I manifestanti, in maggioranza laici, vogliono invece che il Consiglio militare si dimetta e si formi un governo di civili composto da tutte le forze più rappresentative. Insomma, da una parte le forze armate che in Egitto hanno sempre costituito l’ossatura del potere politico e che non sono disposte a rinunciare al loro potere, né ora e né dopo, dall’altra i manifestanti, i quali vogliono davvero la democrazia e che invece ormai hanno capito che le forze armate vi si oppongono. Bothaina Kamel, l’unica donna candidata laica alle presidenziali che dapprima è stata arrestata e poi è stata liberata, ha dichiarato che i militari al potere sono “peggio di Mubarak”; l’altro candidato, El Baradei, musulmano moderato, ha parlato di “repressione eccessiva”, ma non vuole inimicarsi le forze armate, come non vogliono inimicarsele i Fratelli Musulmani, il partito islamista che sicuramente avrà la maggioranza. Insomma, in Egitto il bagno di sangue continua, con il rischio che con una guerra civile tutto l’Egitto esploda. [email protected]