L’idea di poter concludere contratti collettivi di lavoro fu ancorata nel Codice delle obbligazioni nel 1911
Commemorati giovedì, 24 novembre a Berna i 100 anni del CCL in Svizzera. Un secolo fa i datori di lavoro convennero di concedere più diritti ai lavoratori sui salari e l’orario di lavoro. Oggi si punta maggiormente a una migliore conciliazione fra lavoro e famiglia.Presente a Berna il ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann che ha elogiato il CCL: “Esso è fondato sulla fiducia e la funzionalità tra i partenariati sociali e contribuisce alla pace sociale”. Un aspetto positivo per la piazza economica svizzera. All’inzio l’Unione Sindacale Svizzera contava 45.000 lavoratori sottoposti a un CCL che venivano prevalentemente dall’industria orologiera, metallurgica e dal settore del legno. Fino agli anni ’50 il numero salì a 775.000 includendo i settori edili, tessili, chimici e alimentari. Nei contratti entrarono norme che regolavano la protezione sul lavoro e le vacanze e negli anni contenevano direttive sulla previdenza professionale, sulla postformazione e l’indennità giornaliera per malattia. Negli anni ‘90 scende il numero di lavoratori sottoposti a un CCL da un 1,4 milioni nel 1991 a 1,2 milioni nel 1996. Andreas Rieger, copresidente di Unia, rammenta che: “Tale evoluzione è attribuita da un lato alla contrazione del numero degli effettivi nell’industria e nelle arti e mestieri, dall’altro alla politica di una parte dei datori di lavoro”. L’abbandono dello statuto del funzionario da parte della Confederazione e di molti cantoni ha reso necessari i CCL anche per il settore pubblico. Le intese hanno così registrato una ripresa all’inizio del 2000 se si menzionano ad esempio i CCL per Posta, FFS e Swisscom.
G. S.