L’intesa è stata raggiunta grazie all’intervento del ministro Passera 640 i dipendenti che andranno in mobilità verso la pensione
È stata raggiunta l’intesa tra governo, Fiat e sindacati sullo stabilimento di Termini Imerese. La notizia è stata diffusa dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il neo ministro Corrado Passera è riuscito dopo ore di intense trattative, a trovare una soluzione condivisa per il futuro dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. A rendere note le condizioni dell’accordo i sindacati che hanno sospeso il presidio davanti alla fabbrica e, nonostante le lamentele della Fiom per una «mediazione al ribasso» del governo, hanno dato in maniera compatta il via libera al piano che prevede incentivi per 640 dipendenti che andranno in mobilità verso la pensione. L’accordo prevede un incentivo complessivo alla mobilità medio di 22.850 euro più l’indennità per il mancato preavviso e il premio fedeltà. Sono previsti 4.445 euro il primo anno, 5.921 per gli anni successivi più 650 per la firma della conciliazione. Hanno firmato l’accordo tutti i sindacati, anche la Fiom. «Abbiamo raggiunto l’intesa con Fiat e le parti sociali per quanto riguarda la dimensione economica, per l’incentivo che l’azienda erogherà ai lavoratori», ha spiegato l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, al termine dell’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico. «Questa intesa diventerà parte di un accordo complessivo che sarà raggiunto prossimamente» per la riqualificazione di Termini Imerese. Arcuri ha sottolineato come ci sia stata «collaborazione da parte di tutti» e ha affermato che l’incentivo alla mobilità riguarderà circa 640 lavoratori, «mentre tutti gli altri verranno assunti da Dr». Riguardo all’importo delle risorse messe a disposizione da Fiat l’ad di Invitalia (l’advisor del ministero) ha evidenziato: «La dimensione economica dell’incentivo è stata quella sufficiente a raggiungere l’accordo». Inoltre Arcuri ha sottolineato come siano state «escluse altre forme di aiuto da parte della Regione Siciliana». Secondo Bruno Vitali, segretario nazionale della Fim (metalmeccanici Cisl ndr), «si tratta del 70% della richiesta, ovvero di quello che tradizionalmente Fiat ha dato ai lavoratori». L’azienda metterà sul piatto complessivamente circa 21,5 milioni. Tutti gli atri lavoratori, 760 circa, saranno assunti da Dr Motor. Alla fine della giornata di incontri Passera ha spiegato in una nota che l’intesa raggiunta «consentirà la conclusione del negoziato con Dr Motor e, successivamente, la stipula dell’accordo tra Fiat, Ministero del Lavoro e Ministero dello Sviluppo Economico per l’accesso alla cassa integrazione straordinaria». Il neoministro incassa a sorpresa anche gli applausi della Cgil che, a differenza delle “sue” tute blu guidate da Maurizio Landini, si mostra soddisfatta. «Un’intesa apprezzabile e positiva – commenta il segretario confederale Vincenzo Scudiere – perché risolve il problema degli incentivi accompagnando alla pensione 600 persone. È stato positivo il lavoro svolto dal ministro Passera e dallo stesso ministero per costruire una soluzione basata sul rispetto degli interessi in campo». «Ora – prosegue – c’è bisogno che l’acquirente confermi tutte le disponibilità annunciate per avviare la produzione e rilanciare lo stabilimento di Termini Imerese». Sulla stessa lunghezza d’onda il suo omologo della Cisl Luigi Sbarra: «Esprimiamo apprezzamento e condivisione per il positivo lavoro di mediazione del neoministro Passera e della sua struttura finalizzato ad un componimento delle diverse posizioni delle parti che, unitamente al senso di responsabilità del sindacato, ha consentito di chiudere un accordo decisivo per l’avvio delle nuove attività industriali e produttive nel sito siciliano». Era il 19 aprile 1970 quando a Termini Imerese, dallo stabilimento della Fiat, anzi della Sicilfiat, usciva la prima vettura prodotta: era naturalmente una Cinquecento. L’inizio, scrissero allora i giornali, di una scommessa che dava un senso concreto al sogno di industrializzazione in una terra legata all’economia agricola. La costruzione dello stabilimento era cominciata nel 1968 sulla spinta delle lotte operaie e sindacali. Ma decisiva era stata, nell’arrivo della casa torinese, l’amicizia dell’avvocato Giovanni Agnelli con Mimì La Cavera, ex presidente della Confindustria siciliana che, a partire dal 1958, si era posto come un ponte tra il mondo dell’imprenditoria e i partiti di sinistra. L’apertura della fabbrica venne salutata con entusiasmo, perché veniva vista come un passo del processo di modernizzazione della Sicilia e una grande occasione per fermare l’emigrazione verso il Nord. Non a caso la maggior parte dei 350 dipendenti era stata reclutata tra i contadini e gli artigiani del comprensorio di Termini e dei paesi delle Madonie. Da quella prima Cinquecento la fabbrica fece molta strada. Negli stabilimenti di Termini Imerese si sono prodotti i modelli più popolari della casa torinese come la 126, la Panda, la Punto, fino alla Lancia Ypsilon. Il nome di Sicilfiat era stato scelto perché la Regione Sicilia deteneva il 40 per cento del capitale: rappresentava per Agnelli una garanzia. Ma l’intervento pubblico cessò quasi subito: già il primo novembre 1970 lo stabilimento era tutto della Fiat. La fabbrica è presto diventata un modello produttivo, come riconosceva fino a qualche tempo fa anche Marchionne, tanto che i dipendenti erano già 1.500 quando, nel 1979, è entrata in produzione la Panda. Si lavorava su tre turni e nella seconda metà degli anni ’80 Termini occupava 3.200 operai, oltre i 1.200 nelle aziende dell’indotto. La crisi però è cominciata nel 1993 quando, con la produzione della Tipo, è arrivata anche la cassa integrazione. Il numero dei lavoratori scese. Nel 2002 furono licenziati 223 dipendenti. Si prospettò la chiusura. Le lotte operaie, che ebbero grande sostegno, salvarono la fabbrica. Ma il declino era ormai cominciato. I dipendenti scesero a 1.536, quelli dell’indotto a circa 800. L’annuncio della chiusura sarebbe arrivato di nuovo nel 2010. E stavolta definitivamente.