Il governo Monti vara la manovra economica “salva Italia” di 30 miliardi Pesante ma necessaria per dare al nostro Paese un posto di prestigio in Europa. La manovra è stata accolta favorevolmente dai mercati
Il giudizio migliore sulla manovra economica varata domenica sera 4 dicembre non poteva che darlo l’immagine di Elsa Fornero, ministro del Welfare, che, prima di pronunciare la parola “sacrifici” si è commossa fino alle lacrime. Il quotidiano Libero ha titolato “il governo chiagne e fotte”, ma questo giudizio è stato ripreso in sostanza dalla Camusso (Cgil) quando ha detto che con la manovra il governo “fa cassa sui poveri del Paese”. Tutti, comunque, sono dell’avviso che è una manovra “necessaria” per dare una svolta ad un andazzo che dura da quarant’anni: si tratta solo di capire – ma lo si vedrà solo nei prossimi mesi – se i sacrifici varranno davvero a creare la svolta o se resteranno fini a loro stessi. C’è un altro giudizio, forse più vicino alla realtà, ed è quello di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, quando la mattina dopo la manovra ha scritto: “Inutile girarci intorno: ci aspettavamo di più”. Ecco, tra le tre parole d’ordine del premier Mario Monti (sacrifici, equità e crescita), che parla di “decreto salva Italia”, e gli altri giudizi meno lusinghieri, soprattutto di Sergio Ferrero (Rifondazione comunista), ma anche di altri esponenti di “maggioranza” che sostiene il governo, da quelli del Pd a quelli del Pdl, c’è materia per fare delle distinzioni. La Lega, ovviamente, l’unico partito all’opposizione, spara a zero sulla manovra che, a giudizio dei leghisti, “colpisce il Nord”.Dunque, vediamo la delusione e le critiche di Sergio Rizzo e che sono prevedibilmente anche quelle dei due economisti Alesina e Giavazzi che sul Corriere della Sera del giorno prima avevano criticato la manovra perché conterrebbe più tasse che tagli e che non tocca l’amministrazione pubblica nel cui comportamento (ovviamente in negativo in termini di sprechi e di inefficienze) risiede il vero nucleo del “debito pubblico” del Paese. Rizzo giudica positivamente la sforbiciata alle province, che, sulla base di quanto già previsto dal precedente governo, vengono “svuotate”, nel senso che scompaiono le “Giunte” e vengono mantenuti solo dieci eletti, dai Comuni e dai territori. L’eliminazione non può essere effettuata senza una legge costituzionale che ha tempi lunghi e non si sa se si fa in tempo. Dunque, bene con le province, ma niente tagli ai partiti, niente tagli a Camera e Senato, poche sforbiciate ad enti e una piccola cura di dimagrimento alle Authority e ad alcuni altri Enti. Per il resto, non c’è la grande svolta. Aggiungiamo noi con Alesina e Giavazzi: se non si sfoltisce il numero degli impiegati pubblici e soprattutto se non si combatte la loro scarsa produttività, i sacrifici saranno pressoché inutili, perché i cittadini dovranno pagare cari i servizi che o non hanno o non sono adeguati. I tagli di 5 miliardi nel 2012, di 9 nel 2013 e di 4 nel 2014 agli Enti locali si tradurranno in aumenti delle addizionali regionali e comunali ai danni dei cittadini già tartassati. E veniamo ai singoli provvedimenti, “pesanti” certamente, ma che sono necessari per evitare l’attacco all’Italia e alla sua economia, sempre che ci si riesca, e riacquistare, come ha detto Monti, il nostro posto di prestigio all’interno dell’Europa. Pensioni. Dal primo gennaio 2012 si va in pensione tutti con il sistema contributivo pro rata, che significa che si otterrà quanto si è effettivamente versato. Nel 2018 sia gli uomini che le donne andranno in pensione a 66 anni, con una fascia flessibile: per le donne svantaggi per chi esce a 63 anni e vantaggi per chi resta oltre i 66 anni. Agli uomini non è dato uscire prima dei 66 anni, ma chi resta oltre avrà dei vantaggi. Nel frattempo, a partire dal 2012 per le pensioni di anzianità, gli uomini dovranno aver svolto 42 anni di contribuzione e le donne 41. Avendo eliminato tutte le finestre e avendo innalzato il numero degli anni di lavoro, è chiaro che saranno in pochi a poterlo fare. Inoltre, solo chi prende una pensione di 468 euro riceverà il rincaro al 100 per 100; chi prende tra 468 e 936 avrà un rincaro del 50% solo per la parte oltre i 468 euro. A partire da una pensione di 936 euro in su l’adeguamento all’inflazione è cancellato totalmente nel 2012 e nel 2013. Nascerà il SuperInps, formato dall’accorpamento nell’Inps dell’Inpdap (lavoratori pubblici) e dell’Enpals (lavoratori dello spettacolo).Fisco. Aumento dell’Iva del 2% (sia per l’aliquota del 10 che del 21%) a partire dal settembre del 2012 se le entrate non saranno adeguate secondo le previsioni della manovra. Prelievo una tantum dell’1,5% sui capitali rientrati grazie allo scudo. La prima misura sarebbe gli economisti, la seconda deludente secondo il Pd e molti altri. Beni di lusso. Tasse per auto superiori a 170 chilowatt, barche superiori a 10 metri, elicotteri e aerei privati in base al peso. Aumentano le accise sulla benzina per finanziare la crescita. Liberalizzazioni. I farmaci di fascia C potranno essere venduti anche nei supermercati. Le liberalizzazioni riguarderanno i trasporti e gli orari degli esercizi commerciali, ma per ora niente liberalizzazioni sulle professioni. Evasione fiscale. Lotta agli evasori con l’abbassamento del limite di tracciabilità dei pagamenti oltre i mille euro. Casa. Dal 2012 arriverà l’Imu, che comprenderà la vecchia ici sulla casa e la tassa sui rifiuti. La tassa sulla prima casa sarà dello 0,4%, quella sulla seconda e terza dello 0,75, ma per tutte le case saranno rivalutati gli estimi catastali di circa il 60% rispetto ad ora. Crescita. Verrà rafforzato il fondo di garanzia per le imprese e la deducibilità dell’Irap sarà integrale. Verrà reintrodotto l’Istituto per il commercio estero e le agevolazioni fiscali per gli utili reinvestiti che rafforzano il capitale d’impresa. Inoltre, verranno sbloccati i fondi per le infrastrutture. Come si vede, manca la riforma del lavoro che, ha detto Monti, arriverà in un secondo momento. [email protected]