Il superlatitante si trovava a Casapesenna, suo paese d’origine, nel casertanoSconterà la sua pena nel carcere di Novara
“Avete vinto voi, ha vinto lo Stato”. Ad ammetterlo, anche se con una certa ironia, è stato lo stesso Michele Zagaria rivolgendosi ai magistrati della Dda dopo essere stato arrestato, mercoledì 7 dicembre, nel bunker dove si nascondeva a Casapesenna. Alle operazioni che hanno portato alla cattura del capo del clan dei casalesi hanno partecipato centinaia di agenti della squadra mobile di Napoli, di Caserta e gli uomini dello Sco, il Servizio centrale operativo, che al termine dell’operazione, come avviene in genere in casi simili, si sono lasciati andare a gesti di vittoria e grande soddisfazione.
Super latitante da oltre 15 anni, Zagaria (53 anni) si nascondeva nel suo paese natale, 5 metri sotto terra di una villetta in un bunker tecnologico ricavato sotto il pavimento del bagno. Il boss, soprannominato “capastorta”, deve scontare diverse condanne all’ergastolo, tra cui quella del maxiprocesso Spartacus. Alle fasi finali dell’arresto ha preso parte anche l’ex capo della Squadra mobile di Napoli Vittorio Pisani, trasferito dopo il coinvolgimento in una presunta storia di riciclaggio di denaro sporco. Pisani aveva guidato le indagini che avevano portato all’arresto dell’altro boss della camorra casalese Antonio Iovine. Apprezzamento per il risultato ottenuto dalla Forze dell’ordine è stato espresso da tutte le più alte cariche dello Stato, mentre il capo della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Federico Cafiero De Raho ha parlato di «un risultato eccellente, che arriva dopo oltre 15 anni di ricerche». Insomma «un’indagine enorme», ha sottolineato De Raho, che ha assicurato alla legge «il capo imprenditoriale del clan, che gestiva tutta una serie di attività imprenditoriali sul territorio italiano». Secondo il numero uno della Dda di Napoli, Zagaria sarebbe rimasto nel suo territorio perché «la rete di protezione avuta qui, restando a casa sua, non avrebbe potuto averla altrove. Tanti anni di dominio camorrista in un territorio così vasto non si cancellano con questo arresto e, anche se questo è un ottimo risultato, c’è ancora molto da fare». Nel commentare la notizia dell’arresto del boss dei casalesi, il ministro della Giustizia Paola Severino ha affermato che si tratta di «un segnale importante in questo momento difficile per il Paese» e «rappresenta un’altra tappa fondamentale nella lotta contro la criminalità organizzata». Una criminalità che «nel casalese aveva assunto contorni di ferocia e gravità inauditi» ma questa operazione «è il segnale che lo Stato funziona e che è capace di reagire». Secondo il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso si tratta della «liberazione da un incubo e da un mito» perché è stato catturato «il simbolo dell’invincibilità dei Casalesi». Molti anche i commenti e i plausi arrivati da esponenti di tutte le forze politiche, mentre l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni ha sostenuto che si tratta della «vittoria del modello Caserta, che noi abbiamo costruito in questi anni e che oggi ci consegna il risultato più importante, dopo gli arresti di Setola e Iovine». Dopo essersi congratulato con il capo della Polizia Antonio Manganelli, Maroni ha ribadito infatti che questa operazione «è un grande successo, arrivato grazie al modello messo in piedi da noi». Naturalmente tra il fiume di dichiarazioni che è seguito alla cattura del boss non poteva mancare quella di Roberto Saviano, autore di quella “Gomorra” che ha acceso i riflettori sul clan dei Casalesi: «Preso Zagaria, come un topo sotto terra. Ottimo lavoro, ragazzi!».