La richiesta alla Corte di Giustizia di Strasburgo
C’è l’Europa che arranca nel trovare l’unità politica e c’è chi vorrebbe aumentare il numero dei piccoli Stati indipendenti e autonomi. Finora i più noti sono Città del Vaticano, San Marino (in Italia), il Principato di Monaco (in Francia), Andorra (tra Spagna e Francia), Lichtenstein (Svizzera). Presto, però, il numero potrebbe estendersi, almeno stando alla cosiddetta autodeterminazione di alcuni piccoli centri. Negli anni Cinquanta Seborga, piccolo Comune vicino a Bordighera, si autoproclamò Principato. La proclamazione è sempre rimasta platonica, perché il Principato non è mai stato riconosciuto, e la moneta che conia (il “Luigino”) è diventata solo un gadget per i turisti. Ora è la volta di Testico a reclamare l’indipendenza. Non a parole, non con i cartelli in pubblica piazza, ma con la domanda in carta bollata indirizzata alla Corte di Giustizia di Strasburgo.
Testico, infatti, circa 200 anime in provincia di Savona, chiede di essere riconosciuto come Signoria e, a dire la verità, vanta blasoni, pare, storicamente inoppugnabili. A dimostrazione che la richiesta poggia sul solido, sono anni che il suo più acceso sostenitore, Augusto Guglieri, ex esattore delle tasse, ora in pensione, cerca di trovare le prove. Se la domanda alla Corte di Giustizia di Strasburgo è stata inoltrata, vuol dire che le ha trovate, malgrado la ricerca sia stata difficile. Quando è stata proclamata l’Unità d’Italia, nel 1861, Testico sarebbe dovuto diventare automaticamente Signoria, invece, è rimasto un semplice Comune a causa, appunto, delle carte che non si trovavano più e che Augusto Guglieri ha ritrovato. Tutto cominciò all’epoca di… Carlo Magno – parliamo dell’Ottocento dopo Cristo – quando Testico, come molti altri territori e città più o meno grandi apparteneva al Sacro Romano Impero. Intorno all’Anno Mille, quando i feudi venivano dati in gestione ai nobili nominati dall’Imperatore (tra cui c’erano anche i vescovi che, non avendo famiglia e figli, alla loro morte riconsegnavano il feudo all’Imperatore), Testico andò al vescovo-conte di Albenga. Nel 1298, quando nuovo vescovo-conte divenne un francescano, questi, in ossequio allo spirito di povertà inaugurato da San Francesco, decise di vendere tutto. Il 30 gennaio di quello stesso anno, con l’autorizzazione del Papa, i territori del feudo (e Testico con essi) furono acquistati dai Doria. Come si vede, la ricostruzione della vita di questo paesino affonda le radici nel cuore della storia. Nel 1576 i feudi vengono venduti dai Doria ai Savoia, ma nell’atto di vendita – ed ecco che si fa luce la legittimità della richiesta dei Testicesi – i Doria specificano che Testico doveva rimanere fuori dalla compravendita. Al Congresso di Vienna viene confermata la vendita dai Doria ai Savoia, ma per errore non viene distinta la posizione di Testico. Che si trattasse di un errore è dimostrato dal fatto che Testico fu sempre di proprietà dei Doria, fino ad oltre l’unità d’Italia, tanto è vero che l’ultimo erede dei Doria, un certo Tommaso, partecipò alla prima guerra mondiale in qualità di alleato dell’Italia. Siccome il poveretto morì in battaglia e non aveva eredi che potessero far valere le ragioni dei loro possedimenti, gli italiani – la loro furbizia non è certo storia dei nostri giorni – considerarono tacitamente Testico come parte del territorio nazionale. Ma a Testico non hanno dimenticato la storia e Augusto Guglieri ha consacrato la sua vita a ricostruirla con le pezze d’appoggio della storia. A 68 anni chiede al Signore di lasciarlo vivere a lungo, almeno fino a quando Testico non diverrà uno Stato indipendente sul modello del Lichtenstein, una bella Signoria nel cuore della Liguria.
Augusto non fa una battaglia solitaria, evidentemente, ha dietro di sé tutta la popolazione, e tutti vogliono entrare in Europa come Stato sovrano, ma con la soddisfazione di coniare i loro euro. Da quando, poi, si è sparsa la voce che la Corte di Giustizia, prove alla mano, possa dare ragione ai sudditi della nuova Signoria, l’entusiasmo è alle stelle, anche perché sono in tanti, da fuori, che telefonano al sindaco chiedendo di acquistare ruderi e terreni. Altrove, per uscire dalla crisi, boccheggiano; a Testico, con tutte le richieste di compravendita che ci sono, la crisi è un’illustre sconosciuta, e non sono né tecnici, né professori prestati alla politica. Mario Monti impari dai Testicesi. [email protected]