Il decreto contiene più tasse che tagli, ma segna un punto a favore di Monti perché la riforma delle pensioni dà un segnale all’Europa e ai mercati. Taxisti e farmacisti bloccano le liberalizzazioni
Approvato con una maggioranza di poco più di 400 voti, contrari vari deputati della maggioranza allargata – una trentina di deputati Pdl, alcuni del Pd e vari astenuti degli schieramenti maggiori – e con il voto contrario dichiarato di Lega e Idv, il decreto cosiddetto salva-Italia non subirà modifiche al Senato e per essere approvato definitivamente entro Natale, ci sarà una nuova fiducia. Dunque, il testo è quello della Camera che già conosciamo e che, col passare delle settimane, si conferma come “fatto di necessità” ma sempre più difficile da ingoiare da parte dei cittadini. Il decreto, infatti, porta a casa una riforma, quella delle pensioni, che per quanto criticabile è un provvedimento cosiddetto “strutturale”, cioè che inciderà sulla spesa e sul comportamento dei lavoratori. Bisogna dire che Monti, in realtà, ha velocizzato una riforma che era già stata delineata da Berlusconi ma che l’ex premier aveva spalmato lungo vari anni. Sarebbe entrata a regime solo, secondo l’ultima versione, nel 2026. Dunque, bravo Monti per aver fatto approvare una riforma, che tuttavia è chiara nella definizione: metodo contributivo per tutti dal 2012 e nel 2018 uscita a 66 anni per tutti, uomini e donne, ma queste ultime con possibilità di incentivi dopo i 66 anni e disincentivi a 63, questi ultimi negati agli uomini, a cui sono dati solo gli incentivi qualora restino a lavorare dai 67 ai 70. Nel frattempo si può andare prima in pensione, a condizione che le donne abbiano maturato 41 anni e gli uomini 42. La riforma, però, non è esente da dubbi, che possono essere racchiusi in due domande. La prima: come mai sono scomparsi i lavori usuranti? Per un muratore non è facile stare su un’impalcatura fino a 66 anni, come non lo è per tutta una serie di altri lavori. La seconda: è davvero giusto il principio dell’aspettativa della vita? Il problema esiste, evidentemente, perché si vive di più, però ci sono quelli che vivono più a lungo, ma ci sono anche quelli che muoiono prima, e costoro, in genere, muoiono prima perché malati. Dunque, nel futuro, la riforma sarà soggetta a verifiche, anche perché con l’aumento dello stipendio in base all’anzianità di servizio e non alla produttività c’è il rischio che le industrie mandino via i più anziani perché costano di più.
Ma, dicevamo, la riforma era necessaria ed è un segnale che va in controtendenza a quello dei decenni precedenti, quando nel pubblico impiego la pensione veniva data dopo 15 anni di servizio, magari a 35 anni o giù di lì, cosa che ha portato alla situazione attuale. Per il resto, il decreto salva-Italia è fatto più di tasse che di tagli ed ha fallito clamorosamente sulle liberalizzazioni. Le tasse gravano sulle pensioni (anche medie come possono essere quelle di 1.500 euro), sul costo della benzina, sugli aumenti tra lo 0,9 e l’1,29% delle addizionali regionali, sulla casa, sull’Iva (a partire da settembre 2012), sui titoli, interessi e risparmi bancari. Insomma, il 2012 sarà un anno durissimo tra tasse vecchie e nuove ed aumenti di elettricità, acqua e gas. Secondo gli esperti nazionali ed internazionali, l’Italia è in recessione e nel 2012 perderà l’1,6% del Pil, che si tradurrà in 800 mila posti di lavoro in meno. Giorgio Napolitano ha detto: “L’Italia deve far fronte a grossi rischi per la propria finanza e quindi chiede sacrifici agli italiani di tutti i ceti sociali, anche ai ceti meno abbienti”. Con la copertura di Napolitano Monti gode di un favore eccezionale, ma quando le bollette arriveranno, la sua popolarità e anche la sua tranquilla navigazione verranno meno. Dunque deve sbrigarsi a fare le riforme, perché dopo sarà più difficile, in quanto i partiti che lo sorreggono guarderanno agli elettori, mentre per ora le elezioni sono lontane. I taxisti ed i farmacisti hanno bloccato Monti, ma lo hanno bloccato anche i professionisti ed i magistrati che hanno doppi e tripli incarichi. Le liberalizzazioni, anche per un governo che gode di larghissima maggioranza, sono un tema ostico, per l’opposizione di lobby agguerrite. Ma il vero banco di prova per il governo Monti sarà la riforma della pubblica amministrazione e quella del mercato del lavoro: o riuscirà a cambiare le regole che imbrigliano il mercato del lavoro superproteggendo alcuni e lasciando allo sbaraglio altri, i giovani, oppure del governo Monti resteranno solo le tasse.D’altra parte, non sono argomenti semplici. Giustamente il ministro Fornero, prima di sedersi al tavolo delle trattative con le parti sociali, vuole avere la conoscenza esatta della situazione. Monti stesso ha dichiarato che le liberalizzazioni e le altre riforme ci saranno. Alcune settimane fa parlò di due o tre tempi. Sul Corriere Angelo Panebianco osservò che in Italia i due tempi sono pericolosi perché si rischia di non arrivare in… tempo. La fine di gennaio sarà il prossimo vero appuntamento. Intanto, ci sono malumori sia nel Pdl che nel Pd, perché obiettivamente si tratta di provvedimenti che penalizzano gli elettorati dell’uno come dell’altro schieramento. Monti, per fare le riforme, può e deve giocare su questi due tavoli e utilizzarli alternativamente per avere maggioranze alternate, cosa che lui stesso ha dichiarato di aver capito.