Spesso non basta lavorare e ricevere un salario per vivere dignitosamente
Nella Confederazione vi sono già migliaia di working poor. Uno studio del cantone di Berna ha analizzato il fenomeno e delineato possibili soluzioni
La settimana scorsa si è tenuto il primo vertice sociale del cantone di Berna per analizzare e discutere i dati scaturiti da un importante rapporto realizzato dal dipartimento bernese della salute pubblica e della previdenza sociale sul fenomeno dei working poor in Svizzera.
I working poor, ossia le persone che pur svolgendo un’attività lucrativa a tempo pieno, non riescono a vivere dignitosamente, sono in costante aumento anche nella Confederazione: secondo i dati resi noti quest’anno dall’Ufficio federale di statistica, ve ne sono, infatti, già 150 mila (il 4,4% della popolazione attiva) e molti altri rischiano di diventarlo nei prossimi mesi. Molti di questi individui lavorano in ambito alberghiero o nella ristorazione, settori caratterizzati da salari estremamente bassi. Lo studio effettuato a Berna, basato su rilevamenti statistici e numerosi colloqui personali, ha analizzato il fenomeno e delineato possibili soluzioni.
I partecipanti all’incontro hanno sottolineato come sia difficile poter valutare questo fenomeno in uno dei paesi più ricchi del mondo.
In Svizzera, infatti, la povertà oltre ad essere un fenomeno meno visibile che in altri paesi del mondo, è spesso sminuito o taciuto, ma è comunque presente.
Pertanto, è importante non solo parlarne apertamente riconoscendo il problema, ma anche inserirlo tra le priorità dell’agenda politica, proponendo provvedimenti concreti inseriti in una strategia politica globale.
Inoltre, sarebbe necessario un approccio comune e coordinato tra Confederazione, Cantoni, comuni, servizi sociali e organizzazioni d’aiuto.
Dal suddetto studio, per il cantone di Berna, emerge un quadro abbastanza preoccupante: il 7% delle economie domestiche del cantone vive in una situazione di indigenza e un ulteriore 5% rischia di ritrovarsi presto nella stessa condizione.
Tra le categorie più colpite dalla povertà, figurano i lavoratori stranieri giovani, in particolar modo quelli provenienti da un paese esterno all’Unione europea.
L’offerta di consulenze gratuite in materia di gestione di budget personale, il miglioramente dell’educazione scolastica e della formazione continua, sono solo alcune delle misure che potrebbero aiutare i giovani working poor.
Favorire l’integrazione e investire maggiormente nel sociale, per esempio negli asili nido è altrettanto importante, garantendo allo stesso tempo un controllo adeguato sul mercato del lavoro, per evitare l’impiego di personale in nero e il dumping salariale.
Molti osservatori fanno anche osservare che sarebbe necessaria una politica che costituisca un vero incentivo a migliorare la propria condizione.
Per molti cittadini, infatti, è estremamente difficile uscire dalla condizione di povertà, poichè quando riescono, con grandi sforzi, ad aumentare leggermente il proprio reddito, questo miglioramento viene subito vanificato dalla pressione fiscale e dalla perdita di sussidi.
Pertanto, essi non sono incentivati a migliorare la loro condizione, non certo per pigrizia o scarsa volontà, ma semplicemente perchè l’alternativa sarebbe peggiore.
Bruno Palamara