Roberto Vecchioni sarà protagonista della prossima conferenza organizzata dall’ASRI, l’associazione svizzera che da anni si occupa di rapporti economici e culturali con il nostro paese e che periodicamente ci propone appuntamenti interessanti e di non esiguo livello culturale. L’incontro di lunedì 25 aprile, dunque, in cui a tenere banco sarà un personaggio come Roberto Vecchioni, si preannuncia un’esperienza avvincente. Sicuramente il cantante milanese non ha bisogno di presentazioni: è un personaggio noto al pubblico per la sua carriera di artista e professore, di cantautore e scrittore, ruoli che ha sempre svolto con molta passione riuscendo a trasmettere agli altri tutto il suo sapere fatto di sentimenti, di cultura e di emozioni, proprie e dell’uomo in generale. In occasione del suo arrivo a Zurigo ci ha anticipato qualcosa sui concetti di “parola e musica” ma ci ha svelato anche qualcosa di sé, dei suoi momenti creativi e ci ha annunciato l’uscita di un nuovo libro.
Roberto Vecchioni, lei è professore universitario, autore di brani musicali, scrive libri e saggi ed è anche cantante: possiamo affermare che “parola” e “musica” sono componenti fondamentali per la sua vita?
Sono fondamentali per tutti gli uomini, una forma di comunicazione che gli uomini devono scoprire dentro di sé, nella vita, perché sono un segno evidente dell’armonia che c’è nel mondo. Noi dobbiamo capire, comprendere ed afferrare questa armonia per essere felici e per stare meglio: le parole e la musica, per l’uomo e per lo spirito, sono le due componenti che possono portare quest’armonia.
Quando ha deciso di fare il professore-cantautore?
È stata una scelta obbligata, piuttosto istintiva. Non è che sono andato a cercarmi queste professioni. Avvertivo l’impulso di dover parlare degli uomini e delle loro azioni. Non potrei fare mai una scelta tra le due professioni perché sono assolutamente complementari, una vale l’altra. Ci sono dei momenti nella vita in cui mi piace studiare, prepararmi e tenere un bel corso all’università e poi ci sono momenti in cui mi viene una bella idea per un album complesso: mi commuovo molto mentre lo realizzo e quando vado a cantare mi emoziono ancora di più.
Nell’incontro del 25 maggio a Zurigo ci spiegherà come forme d’espressione quali parole e musica siano sempre appartenute all’uomo sin dall’inizio dei tempi: in che modo?
Il percorso dell’uomo sin dall’inizio è legato al bisogno di capire perché sta al mondo e cosa ci sta a fare. La traccia fondamentale iniziale è la ricerca di un’entità superiore. Poi, molto lentamente, la ricerca si capovolge cioè l’uomo cerca dentro di sé il suo significato personale e lo trova fondamentalmente nel lavoro, nella fatica e nell’amore. Le canzoni e la musica hanno uno sviluppo molto preciso, dalla ricerca dell’assoluto alla ricerca del relativo che, in mezzo alla gente, vuol dire amare una persona. In realtà ci vorrebbero 10 ore! Inoltre mi accompagnerò con la chitarra e farò ascoltare alcune cose che non sono molto note ma che sono importanti per me.
Allora la nascita della musica e delle parole possono essere collocate in epoche antiche ma, secondo lei, nasce prima l’esigenza della parola o della musica?
Lo spiegheremo bene durante la conferenza. All’inizio, e mi riferisco alla preistoria, al neolitico, vi è la comunicazione musicale dove suono e parola sono un’unica cosa fino all’arrivo dell’indoeuropeo che è il dialetto da cui partono le maggiori lingue e fino a quando non si razionalizza la lingua. L’espressione è un fatto melodico e musicale che significa qualcosa. Poi nella musica entra la razionalità: secondo una bella leggenda di un popolo africano, che racconterò durante la conferenza, l’uomo accoppierà la fantasia della comunicazione, che può esserci nella musica, alla praticità e alla razionalità che può esserci nel linguaggio. Però non c’è parola precisa all’inizio. Esiste solamente una comunicazione a segnali fatta di grugniti, lamenti, versi che significano sempre delle emozioni dell’animo.
Lei tiene dei corsi universitari “Forme di poesia nella musica”. Nel panorama della musica italiana attuale si può parlare di “Forme di poesia moderne” e, secondo lei, a chi spetterebbe l’appellativo di “cantante poeta”?
Sì, direi di sì e sono d’accordo con la Fernanda Pivano perché gran parte della canzone italiana costituisce una vertebra della poesia italiana odierna. Parlo di autori come De André e Guccini che scelgono le parole in senso poetico. Però non bisogna confondersi perché esiste tutta una comunicazione musicale, che io non chiamo commerciale ma “leggera” che, differentemente dalla poesia, vuole portare emozioni immediate e non ha bisogno di ragionamenti secondari. Per l’appellativo di cantante poeta, ce ne sarebbero tanti: il primo di questo secolo è F. De André, cantante poeta in tutti i sensi.
A quali canzoni si sente maggiormente legato?
Alle mie sono legatissimo perché sono parte di un percorso di vita nel quale ho cercato di comunicare le gioie, le incertezze e le paure della vita non solo mie ma anche di tanta gente che conosco e dell’uomo in generale. Poi anche a quelle di tanti cantautori degli anni ’70, che hanno fatto un grande sforzo per dare una nobiltà alle canzoni, e a quelle di altri degli anni ’80, che hanno semplificato le forme di poesia e l’hanno resa più attuale arrivando ai giovani in maniera immediata, come Vasco Rossi e Ligabue.
Per quanto riguarda il metodo di composizione: lei realizza prima la musica o il testo?
È impossibile da stabilire. Quando scrivo una canzone io lo so già cosa sto scrivendo: se sto scrivendo una musica ho già le parole per quella musica e le tematiche che affronterò. Non mi va di scrivere una musica senza sapere di cosa parlo. In realtà quella musica ha già un’immagine di donna, di vita, una di quelle storie un po’ contorte che scrivo io che è già dentro la musica.
Tra un mese verrà pubblicato il suo ultimo libro: di cosa parla?
È un romanzo dal titolo “Scacco a Dio”. È la storia di Dio che entra in crisi perché non si trova più con gli uomini e allora viene psicanalizzato da un suo ministro, un Angelo che gli racconta la storia di tutti gli uomini che si sono ribellati a Lui. E diventa un romanzo di 10 racconti di uomini famosi che si sono ribellati a lui come O. Wilde, Federico II, Catullo, Marlow, Kennedy e tutti i grandi che a loro modo hanno voluto concepire un destino diverso da quello che gli aveva predestinato Dio.
Guardiamo l’attualità. Lei ha partecipato, insieme ad altri cantanti, ad un progetto bellissimo ovvero il concerto del 28 aprile per aiutare le popolazioni dell’Abruzzo colpite dalla tragedia del terremoto. Questo per dire che, oltre alle parole, la musica è fatta di azioni meritevoli come questa?
Si, la musica non è mai fine a se stessa. Nel momento in cui ho creduto che la musica servisse a migliorare il mondo o anche a fare della politica sana mi sono dato come un pazzo a queste cose. Questo è un periodo di crisi per la politica ma dal punto di vista sociale ed umanitario le cose non cambiano mai e la musica deve vivere per l’umanitario e il sociale.
Eveline Bentivegna