In attesa dell’incontro-dibattito con Roberto Pazzi e Gerardo Passannante, conosciamo meglio i due scrittori…
Cosa leggeva da bambino?
Pazzi
Da bambino leggevo di tutto, rubando i libri dalla biblioteca dei miei. Mio padre era un buon lettore. Si preoccupava per la mia predilezioni per “i mattoni “, come li chiamava lui, libri cioè molto lunghi, più per adulti che per bambini. Ma mi affascinavano le storie complicate che mi facessero perdere il senso del presente. Soprattutto mi catturava la Storia delle grandi individualità, la biografia di Annibale, Alessandro, Cesare… Credo di aver letto a metà I promessi sposi a dieci anni, saltando le parti noiose che erano proprio quelle storiche. Forse nel romanzo preferivo la parte fantastica, già allora… meno mi accendeva la fantasia quella storica. Mi piaceva anche la Bibbia spiegata per i bambini, il senso del grandioso che emanava quel libro non lo avrei dimenticato mai più. Mi affascinava la storia della Russia antica, forse mediata da qualche racconto di Čechov. Per fortuna non c’era la tv, e potevo la sera faticare a spegnere la luce leggendo… Pochi fumetti, forse l’unico Topolino e il Corriere dei piccoli.
Passannante
Da bambino ho letto soprattutto… fumetti. Nella mio ambiente contadino non c’era altro libro che quello di preghiere in latino di mia nonna, che lo recitava senza capirci un’acca, e qualche favola letta a scuola. Ma avevo una zia che poteva prolungare un “cuntu” per più serate accanto al fuoco, in maniera quasi mitica. Invece, ancora prima di imparare a leggere, mandavo facilmente a memoria le poesie, assimilando inconsapevolmente ritmi e metri che ancora uso. I miei primi libri veri, letti al ginnasio, furono La vita nuova, Il Canzoniere, il Werther, l’Ortis, I Canti, che inaugurarono una maratona di lettura (e scrittura) che mi ha portato, per molti anni, a leggere anche due libri al giorno (a scapito del rendimento scolastico).
Cosa la affascina di più della storia?
Pazzi
Della Storia mi affascina la perfezione, e cioè l’essere sigillata dalla morte, compiuta, irredimibile. Da questo limite nasce la mia tentazione di concedere per via di fantasia alle vittime della Storia – come i miei Romanov, il mio Cesarione, il mio Tiberio – una prova di appello, una diversa interpretazione dei fatti che liberi la loro maschera, riporti la pelle del loro viso a contatto dell’aria… Adoro la Storia coi se, quella che non piaceva a Manzoni.
Passannante
A lungo la Storia non è stata tra le mie discipline preferite, rispetto alle Letterature e alla Filosofia, a meno che non la intendessi come riflessione su di essa, come un tentativo cioè di cercarvi, se non proprio delle leggi, delle costanti. Ma non l’ho mai seriamente considerata magistra vitae, anche se la sua conoscenza mi ha aiutato a comprendere meglio il cammino della civiltà e delle sue conquiste fondamentali.
Quali sono i confini tra storia e fantasia nel vostro modo di creare?
Pazzi
Non vedo confini fra Storia e fantasia nel mio modo di creare. O per lo meno mi sforzo di ridurli al minino. Cerco di far parlare Abele, che non può raccontare come sono andate le cose davvero con Caino, l’unico che può invece parlare e quindi spesso mentire…
Passannante
Sono arrivato a scrivere di Storia piuttosto tardi, intendendola però non come scenario di cartapesta entro cui calare avventure esotiche, ma come griglia entro cui liberare la fantasia. E se ne rispetto i fatti e le date, è per meglio scardinarne dall’interno il significato. Sotto il mio apparente rigore storiografico, si agitano intenti dissacranti e persino blasfemi, che mi portano a mescolare in maniera inestricabile realtà e finzione per ottenere una narrazione verosimile, in cui non si sa più cosa sia vero e cosa inventato. Con questo perseguo un mio pallino di scrittore scomodo: quello di spingere il lettore a dubitare delle certezze acquisite, e a criticare il santificato.
La soddisfazione e i piaceri di essere scrittore oggi
Pazzi
Molto relativa questa soddisfazione. Riconducibile ad un’esigua schiera di lettori imperdonabili, che non cedono davanti alla peste del best seller, e che non si lasciano incantare dalla grandezza dell’effetto, sostituita all’effetto della grandezza, per dirla con Musil.
Passannante
Non lo definirei piacere, visto che scrivere non è un abbandono estatico, ma una fatica, anche se una fatica che nessuno mi ha imposto, e di cui non mi posso lamentare. Se però continuo a scrivere, è perché sono mosso, tra l’altro, dall’esigenza di testimoniare il mio essere stato, e dire no alla morte nell’unico modo che mi è consentito: l’esperienza estetica. Quella stessa, del resto, che mi regala la modesta soddisfazione di una pagina riuscita.
Ci anticipa qualcosa in breve dell’incontro del 4 marzo?
Pazzi
Non credo di poter anticipare nulla, sarà l’empatia del momento a “dittare dentro”, in armonia con quel che dirà l’amico Passannante. E con l’aura del luogo dove sarò, con le energie del pubblico, la platea ha sempre un grande potere su chi sta recitando…
Passannante
Siccome la Bompiani ha ripubblicato il romanzo d’esordio di Roberto Pazzi, Cercando l’imperatore, e io ho pubblicato il secondo volume del Declino degli dèi, abbiamo pensato di fare un “paso doble” a Zurigo, per parlare delle affinità ma anche della diversità del nostro approccio al romanzo storico, e del nostro modo di scrivere in generale.